Come passa il tempo quando ti diverti. E chi scrive le pagelle di Amici 2023 era così impegnato nell’avventura del lancio dell’astronave The Hollywood Reporter Roma che non si è accorto che un’altra edizione era arrivata a conclusione. Sembra ieri che Isobel entrava nella scuola di Amici con una sfida, parlando come Heather Parisi che imita Ela Weber che imita Don Lurio e ora ce la ritroviamo con tre proposte di lavoro, in tre continenti diversi (tranne il suo, l’Oceania), e pure sovrapposte. Roba che neanche Beppe Fiorello. E allora almeno della finalissima le pagelle vanno fatte.
Isobel Feriye Kinnear 10
la sua parabola è stata la più affascinante ed emozionante – come spesso accade alle pupille di Alessandra Celentano, va detto -, è migliorata tantissimo nel corso dei mesi, in modo inversamente proporzionale ai suoi progressi nella lingua italiana. In finale tira fuori una grinta e una passionalità e una capacità di stare in scena che finora avevamo solo intuito. Quando impersona Evita, c’è mancato poco che scendessi in piazza per inneggiare a lei. In una crasi con l’altra mia passione di quest’anno ho urlato Don’t cry for me Angelina.
Poi parla e sembra un incrocio tra Sbirulino e il pupazzo Gnappo, ma va bene lo stesso. Balla Isobel, balla come sai. E basta.
Raimondo Todaro 9
è uno che per il talent ha fiuto. Ha capito con una strategia che mescola istinto e razionalità come si galleggia ad Amici, per poi, tipo squalo, addentare la preda (leggi: gli altri professori), senza che neanche se ne accorgano. Finto buono – sorride sempre, ma guardate i suoi occhi mentre parla, capisci pure quando non è d’accordo con il suo stesso alunno – non lo vorrei contro nemmeno in una partita di minigolf. Competente e agguerrito, come bisogna essere in una gara di questo tipo, sa come si vince e allo stesso tempo difende a spada tratta i suoi ragazzi, anche quando sembra sconveniente. Perché ad Amici vincere non è l’unica cosa che conta, ma quasi.
Angelina Mango 8
vince il premio della critica a mani basse – e voi direte che non le do il voto massimo perché avendo trionfato per distacco, mi ha fatto saltare il mio momento (turno) di gloria – e lo merita tutto. Ieri poi si diverte come una matta a cimentarsi nei generi più lontani da lei, nel mostrarsi cazzuta mentre tutti la definiscono fragile. Già perché in Italia sensibilità, raffinatezza e orgoglio vengono spesso scambiati per permalosa debolezza. Non andiamo sul 10 perché ad Amici come a X Factor, il fatto che concorrano ragazze e ragazzi che non si sono mai esibiti in pubblico con chi, come lei, ha già pubblicato tre singoli e si è trovata nel disco del padre in una cover di Get Back, è di sicuro un vulnus del regolamento. Non c’è equilibrio tra le esperienze dei diversi pretendenti al titolo e nel caso di Angelina, soprattutto sulla lunga distanza, si è sentito tanto il gap con gli altri.
Mattia Zenzola 7,5
era così stabilmente nel cuore del pubblico votante che se lo avessero messo anche nella rosa dei migliori in campo Dazn e Sky, sarebbe stato primo anche là. Un dominio che, a un certo punto, poco ha avuto a che fare con le prove sostenute e il confronto con gli altri. Il bello è che lui ha sempre dato l’impressione di saperlo, con umiltà ha valorizzato gli avversari e si è impegnato senza approfittarsene. Ha vinto già da diverse settimane e alla fine ha usato quest’ultimo mese per meritarselo. Riuscendoci. Ragazzo di una maturità che è il suo vero, grande talento: supera un infortunio, una delusione, il dover ricominciare da capo e persino Alessandra Celentano con un certo stile e senza mai perdersi d’animo. Sapendo chiedere aiuto e guardando al sogno senza indietreggiare. Per migliorare come ballerino c’è tempo, ma essere uomini della sua pasta conta di più, perché quello non si impara.
Maria De Filippi 7
edizione felice per l’equilibrio dei concorrenti in gara e anche perché ai professori praticamente tutti confermati si sono contrapposti giurati che nella loro bizzarra e a volte demenziale alchimia si sono rivelati scelte azzeccate. Presi da soli ti chiedi cosa ci facciano là, insieme riescono ad avere un senso. Maria, in un anno difficile, trova di nuovo una verve più vivace (la penultima edizione l’avevamo vista sottotono) e il momento con i ballerini in cui le abbiamo visto negli occhi un impercettibile lampo di commozione vale la puntata. Perché sarà anche la regina degli ascolti e dei talent e dei reality trash e dei troni televisivi, ma Amici per lei è un’altra cosa. E si vede. Fuoriclasse.
Alessandra Celentano 6.5
lo so, tutti invecchiamo. Tranne Lorella Cuccarini. E così la maestra di danza che finisce per consolare e consigliare il ballerino che critica sempre, quella tinta in pendant con il tailleur color verde prato sintetico in un giorno di pioggia, quell’intesa comica tra lei e Rudy Zerbi (quest’anno si sono fatti prendere la mano), il fatto che non voglio essere citato come suo aguzzino nella prossima stagione di Belve di Francesca Fagnani contribuiscono a questo buon voto. Quest’anno è sembrata un po’ più umana, nel modo soavemente irritante e bullo che solo lei riesce a far diventare stile, ma a volte ti colpiva con barlumi di empatia, che prima rifuggiva come una malattia contagiosa. E infatti un po’ sono preoccupato: Ale, tutto bene?
La giuria della critica 6
sempre uno strano oggetto, un po’ salotto delle vanità di chi scrive, un po’ (apparentemente) una concessione alla qualità che sappiamo cosa ci ha rotto se abbiamo seguito Boris. La serie, intendiamo. Il progetto però nato nei fuori onda tra un manipolo di colleghi è proporsi per una telecronaca alternativa ai serali di Amici, una sorta di Mai dire amici. Perché è bello far tappezzeria, come insegna Nanni Moretti, ma quel wall può essere più di chiacchiere e distintivo, di giudizi brillanti tirati fuori in pochi secondi solo per poter scoprire che i genitori di tuo figlio all’uscita dell’asilo finalmente si ricordano come ti chiami e il pescivendolo e il macellaio ti fanno lo sconto. Oddio, non che sia un effetto secondario spiacevole, sia chiaro.
Wax 5
ha carattere e garra, ha faccia tosta e capacità di portarsi il pubblico dalla propria parte. E la sua Fenomeno non è stata affatto male, Fabri Fibra non è uno facile con cui confrontarsi. Però capisce troppo presto di essere l’ultima ruota del carro dei finalisti e si rifugia nel suo personaggio, senza riuscire a sorprenderci. Ci prova anche, soprattutto quando risponde a una bella domanda di Davide Maggio (8, usa il suo posto nella giuria tecnica dei critici per fare domande e non sbrodolarsi in giudizi come il sottoscritto, così si fa il giornalista), ma non ce la fa. D’altronde, serviva un’impresa per ribaltare tutto.
Cristiano Malgioglio 4
non all’altezza del resto della stagione. Se non per le decorazioni sotto gli occhi, per il resto è nella forma di una mediocre puntata di Tale e quale. Sa come farti ridere anche quando il palinsesto infinito ti sta (s)finendo, ma da lui ci aspettiamo di più. Comunque, sempre meglio dell’Eurovision dell’anno scorso, per fare un esempio senza Carlo Conti che poi dicono che ce l’ho con lui.
La durata del programma 3
un giorno tutto questo dolore ci sarà utile. Quattro ore e spicci sarebbero troppe anche se andassimo a un concerto di Bruce Springsteen con il redivivo Kurt Cobain che ci promettono, alla fine, di fare una cover con Massimo Ranieri di Perdere l’amore. Figuriamoci per una puntata di Amici (ma vale per Sanremo e i David, l’illusone che l’evento possa cannibalizzare prima, seconda e parte della terza serata così da ammortizzare il rapporto costi-ricavi fa tanto anni ’90). Moltiplicare le performance dei ragazzi impone loro ritmi da miniera belga d’antan, se poi pure Rudy Zerbi mi fa scena muta è finita. O inviti gli Avengers, o francamente 250 minuti diventano un crimine di guerra.
La coppa 2
le dimensioni contano. Sia chiaro, i trofei di festival, concorsi, saghe, gare, campionati e competizioni internazionali spesso e volentieri sono di rara bruttezza. Si narra che Gian Maria Volonté li smarrisse di proposito in stazioni ed aeroporti e grandi registi, da Giuliano Montaldo a i Fratelli Taviani, abbiano trovato per i loro riconoscimenti utilizzi poco nobili, dal fermaporta al soprammobile da bagno. Però quell’enorme coppa con il logo di Amici, sovradimensionata per l’ego di chiunque (ma anche per qualsiasi scaffalatura standard), è un pugno in un occhio. E a rischio infortunio. La prossima volta pensiamo a una medaglia, a una statuetta, a qualcosa che puoi mostrare con discrezione.
Giuseppe Giofré 1
Lo cerco continuamente su Wikipedia perché ne apprezzo il curriculum. Poi inizia il serale ed è come se la mia memoria venisse resettata, come se il mio televisore venisse preso dalla sindrome Dazn durante le partite di serie A, guardi lo schermo e ti chiedi se si sia bloccato in un buffering perenne. E invece è lui che non si muove, sembra essere lì come figurante piantato sulla sedia, spesso non risponde neanche se provocato, evocato oppure semplicemente chiamato in causa. Direte, ma che differenza c’è con Michele Bravi? Che intanto quest’ultimo ci fa simpatia perché sembra essere uscito dalla versione live action di Transilvania e poi la sua velleitarietà come giurato la espone con ironia, diventando una spalla del mattatore Malgioglio e finendo per risultare almeno funzionale. Bene, bravi ma non tris.
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