Dopo sei ore di Masterchef 13, oltre a poter fare le prime pagelle abbiamo capito diverse cose. Che si piange sempre di più, a Masterchef. Meglio, visto che gli aspiranti chef spesso assaggiano poco e cucinano non di rado insipido. Che il livello di disturbi mentali è altissimo. Che se Masterchef 12 è stato il terreno meraviglioso di tanti cuochi di talento che sono diventati, in gran parte, anche amici, questa tredicesima edizione è un miracolo se finirà solo con eliminazioni in gara e non fisiche. E sono pure, in gran parte, scarsi (e la metà non sanno proprio quello che fanno).
Insomma, pessima come masterclass, ma ha le sue chance come fight club
Per fortuna i giudici sono sempre più bravi e affiatati. Sembrano il moderno Trio Lopez-Marchesini-Solenghi. Anna Marchesini ovviamente è Cannavacciuolo. Altro che X Factor.
Antonio 10
Tecnincamente capace, creativo, determinato, lucido, capace di bilanciare il gusto, di impiattare più che dignitosamente, idee chiare al limite dell’irritante. Tra i migliori capitani di brigata di un’esterna della storia di Masterchef, servirebbe pure al suo Palermo.
Abbiamo un favorito, anche se a Masterchef bisogna essere maratoneti più che centometristi. Ma in una masterclass che sembra meno talentuosa degli scorsi anni, lui brilla.
Antonino Cannavacciuolo 9
Salva Kassandra semplicemente facendole assaggiare un pizzico di scamorza con la nduja, con un’eleganza tenera che perde quando prova a far giocare la golden pin ad Alice. Ma anche lì, per quanto possa far finta di essere cattivo, sta cercando di salvarla.
Lui è sempre più il Bud Spencer della tv, mena in modo scenografico ma poi ha un cuore d’oro. In più è il vero mattatore di queste prime puntate: conduce, cuce, diverte, si prende sulle spalle le parti più difficili, tira a sé la camera da presa e l’attenzione dei montatori. Locatelli come sempre lo capisce e gli fa da spalla con raffinata misura, Barbieri fa il jolly ma deve ancora un po’ carburare.
Filippo 8,5
Il voto è per lui e per Tommy. La delicatezza con cui ha dedicato il suo primo piatto al fratellino che non c’è più è preziosa quanto la sua cucina, che al di là di un’essenzialità eccessiva (si preoccupa del gusto e di far tutto bene, non del bello), sembra solidissima e deliziosa.
E l’impressione è che quando metterà quel po’ di creatività in più che ora trattiene, come quella bellezza d’animo che traspare dai suoi occhi, volerà al pari dei favoriti. Ora scusatemi ma mi è entrato un panino nel salame nell’occhio.
Eleonora e Nicolò 8
Lei ci fa, più che ci è. Mossette, una postura improbabile, mugugnetti quasi da Tourette, ti affatichi solo a guardarla. Pensi ogni volta che sbaglierà il piatto poi lo porta ai tre giudici e ti chiedi come ha fatto, lei, a tirar fuori quei gioielli. Nelle sfumature ne cogli l’intelligenza e la misura, così come quella fragilità che ha somatizzato tutta e che ha poi usato come scudo nei confronti della vita. Ma sa cucinare, altroché.
Nicolò is the new Carmine, ma infinitamente più paracool. Nicolò, che si è portato i compagni d’avventura e coinquilini alle selezioni (due con cui deve aver fatto di tutto ma che quando l’hanno preso frignavano tenerissimi come fratelli), è bello, ha occhi che sono fari, ha rimorchiato mentre gli altri si scioglievano dalla tensione, ha un umorismo irresistibile anche quando è involontario: “sto facendo il maiale, chef” dice quando gli chiedono se ha adocchiato una concorrente per una relazione sentimentale. La finale è sua, uno così non te lo perdi.
Alberto, Andrea, Debora 7.5
Non sono personaggi, sono persone normali. Non hanno turbe psichiche evidenti (per ora), non sono paraculi/e, non odiano i compagni di viaggio né cercano il favore del pubblico ma solo quello dei giudici.
Sono già cuochi maturi, con qualche piccolo difetto che tengono a bada. Un eccessivo minimalismo Alberto, un understatement eccessivo Andrea (che poi però quando spiega i piatti va via), un’apparente ma non veritiera distrazione Debora, che ha intuizioni originali e sa cosa vuole. Fra parecchie settimane saranno ancora in balconata e dovranno trovare la loro personalità televisiva e culinaria.
Per ora, tra i tre, puntiamo su Alberto, che sembra uno che ha sbagliato un piatto, l’ultima volta, nel 1998.
Settimino e Anna 7
I nonni della masterclass. Lui gaudente, divertito e divertente, meno naif di quanto vorrebbe far credere. Sta lì a far battute, accetta di buon grado di essere preso bonariamente in giro, poi ti fa sempre un piatto buono. Da sette e mezzo (legittimo e reale), ma tanto basta. E alla lunga, in una masterclass in cui il livello di patologia psichica è altissimo, in cui lo squilibrio mentale è l’ingrediente più presente, la sua saggezza sorridente e essenziale potrebbe servire per salvare delle vite. O lo farà comunque il suo modo esilarante di storpiare le parole che non conosce.
Anna sa cucinare, e pure molto bene. Sta lì con la diffidenza di chi ha sfamato tanti e sempre con soddisfazione, come chi nell’ultimo terzo della propria vita decide di imparare una nuova lingua. E lei parole come impiattamento, per esempio, proprio non sa cosa vogliano dire.
Però, onestamente, io andrei a mangiare da lei cinque giorni su sette (i festivi da Antonio). Anche se lei ama Giorgio Locatelli. Romantica e irresistibile quando brucia le polpette per parlare e tubare con il suo giudice preferito, quello che definisce “il George Clooney della cucina”.
Niccolò, Beatrice e Marcus 6
Ragazzi, siete bravi e dolcissimi. Ma per diana, svegliatevi. Niccolò farebbe sembrare euforica Anatolia de i Bulgari (il mitico sketch di Aldo, Giovanni e Giacomo), quando intitola un suo piatto “La vita non ha senso”, vorresti proporlo per il remake italiano della famiglia Addams. Sbaglia un piatto che sembra migliore e più gustoso di più della metà di quelli riusciti. Se va avanti in questo talent è una buona notizia perché oltre a diventare un cuoco, guarisce anche da quell’insicurezza quasi tossica.
Ma nel suo dolore di vivere è uno dei concorrenti più veri e umani e meno personaggi visti a Masterchef. E lo capisci quando al pressure test fa ridere di cuore, con una battuta intelligente, ironica, dissacrante e dolcissima, tutti quelli che con lui sono a un passo dal baratro come lui.”Non riesco a togliermi dalla testa una cosa: ma le mentine in che pasta ripiena vanno?”. I ravioli cremaschi, pare.
“No chef, sono povero” è la battuta del secolo quando scopre di aver fatto un piatto stellato senza conoscerlo.
Beatrice, giovanissima, si guarda intorno per ora e cerca di giocare in difesa senza fare catenaccio. Per ora funziona, ma la “ragazza è brava, solo che si deve applicare (ancora) di più”. In ogni caso, è la risposta migliore ai deliri di Lavinia Mennuni.
Marcus è già irresistibile per quel “casalingo” sotto il suo nome, per quell’aria disincantata e arguta, per la capacità di tenersi le critiche e vivere la tensione con intelligenza molto poco italiana (e infatti è svedese). Conosce gli ingredienti, sa come non finire tra i peggiori, ma deve trovare il guizzo, quello sì molto italiano, per fare un salto di qualità. In una masterclass balcanizzata una brava persona non può, non deve essere eliminata. Ne va della sopravvivenza di tutti.
Sara e Alice 5
Sara è di quelle che inizialmente si salvano. Bravina, ma ne sbaglia troppe, fortunatamente come sempre ci sono quelli che le bucce di banana se le lanciano da soli (o sole) sotto i pied come Chu e Fiorenza. O è un diesel o ha già il serbatoio vuoto, per ora non ci punteresti granché, ma è vero che non le giova il look da segretaria cantata da Antonello Venditti.
Alice aveva sfruttato l’euforia degli avversari per prendersi una golden pin nella primissima puntata, meritata ma anche frutto del non essere a fuoco di tutti gli altri. E alla fine, come gli arbitri che sbagliano per compensazione, fa due errori. Il primo è non sfruttarla (la golden puoi giocartela prima degli assaggi per salire in balconata evitando che Locatelli, Cannavacciuolo e Barbieri giudichino il piatto) quando sbaglia il piatto; il secondo, dopo essersi salvata, è non aver avuto il coraggio di affrontare la sfida dei perdenti pur essendo nelle sue corde.
Kassandra 4
C’è una regola, nel mondo come nei talent: se sei antipatico, devi avere il fisico. L’arroganza, il giocare di strategia dall’inizio (lei ha esultato in faccia a una a cui avevano lasciato il grembiule grigio durante le selezioni, così aveva una possibilità in più di entrare), il farsi nemici va bene solo se hai un talento smisurato.
Lei invece va in tilt alla prima prova vera che rischia di farla eliminare – nonostante sia stata graziata da Eleonora che le dà il compito per lei più facile, o almeno è questo che dice prima di cucinare -, poi nella brigata rossa in cui Antonio, con cui non si prendono, la sceglie, si nasconde, fa le faccine. A naso, ora, sembra un bluff. Però dalla sua ha che è bellissima e questo la farà sopravvivere a lungo.
Fiorenza e Chu 3
Tesori miei, intendiamoci, a mio parere ci sono cuoche e cuochi peggiori di voi tra quelli rimasti. Neanche pochi. Ma se avete guardato le precedenti edizioni di Masterchef o anche la folle decisione di Alice di non giocarsi la golden pin sapendo di aver lasciato crude le cicerchie (che notoriamente non si cuociono mai, finché a un certo punto non scompaiono), non potete non ricordare che basta una stupidaggine per essere eliminati.
E voi ne avete fatte due enormi, di quelle che fanno morire di crepacuore chiunque ami non dico cucinare, ma mangiare.
Chu lascia una testa d’aglio in un piatto, Fiorenza si incazza così tanto da perdere la testa (“e basta Fioré è passato mezzo cd” questa è per i fan dei Latte e i suoi derivati) in un brillante caso di autosabotaggio autolesionista e presentare un piatto con delle patate che neanche nelle peggiori mense scolastiche del nostro paese.
Valeria 2
A me fa anche simpatia, campionessa di surf e con quella follia tipica degli agonisti che troppo spesso scelgono la strada più difficile perché quando sei ad altissimi livelli nello sport, il primo avversario da battere sei tu. Il tuo primo nemico sei tu.
Il punto è che Masterchef è un Risiko in cui tu non puoi mai, mai, mai rischiare senza senso. E lei lo fa al pressure test, così come quando stende la pasta su una piastra in esterna.
Diciamo che in queste puntate si è sentita tutta la sua anima di lupa solitaria, perché un gabbiano domestico non ti rinfaccia decisioni demenziali e probabilmente non è molto esigente in cucina (in effetti basta vedere i cassonetti romani in cui pasteggiano).
Poi se perdi una medaglia in uno sport individuale, piangi solo tu. Qui piange Fiorenza, che non sa gestire la rabbia, ma francamente buona parte della sua eliminazione è colpa di Valeria.
Michela 1
Vedi il giudizio su Kassandra, ma elevato alla potenza. La sua antipatia si misura sulla scala Mercalli, ha una considerazione di sé così alta che si dimentica di cuocere bene quello che ha davanti. Così urticanti, a Masterchef, ne abbiamo viste poche: Lorenzo, che è stato un capitano leggerino e fuori fuoco, ne esce come un gigante solo perché lei è riuscito a farlo passare per vittima.
Tocca stare attenti a essere così stronze (usiamo la parola che ha usato lei con il suo compagno di squadra) se gli altri concorrenti hanno coltelli molto affilati a portata di mano. Ah, per inciso, a ora ci ha fatto vedere giusto dei mappazzini. Neanche la dignità del mappazzone, signò.
Dice una cosa giusta a un certo punto: “certa gente a volte dovrebbe abbassare la testa e chiedersi ‘sono in grado di fare certe cose oppure no?’ e magari farsi da parte”. O meglio, sarebbe giusta se la dicesse allo specchio.
Ah, “questa” se l’avesse detto un uomo a un’altra concorrente, lo avrebbero impiccato col grembiule nero sotto la balconata.
Alla fine dell’analisi della sconfitta nell’esterna è così insopportabile che vorresti uscire a cena con Kassandra.
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