“Perché, perché nessuno pensa ai bambini?”, urla da decenni Helen Schwartzbaum, moglie del reverendo Lovejoy dei Simpson. Una domanda che ciclicamente riemerge dinanzi alla tv italiana, che dai tempi di Chi ha incastrato Peter Pan? con Paolo Bonolis e Luca Laurenti tramuta i minori in protagonisti assoluti del piccolo schermo.
Successivamente abbiamo visto Ti Lascio una Canzone e Io Canto, più recentemente The Voice Kids e il disastroso La TV dei 100 e uno con Piero Chiambretti, fino al ritorno su Italia1 di Back to School, arrivato alla sua seconda edizione dopo l’esordio del 2022.
Perso Nicola Savino, che ha abbandonato l’Isola Mediaset per sbarcare su Tv8, Back to School è inspiegabilmente finito tra le mani di Federica Panicucci, che tralasciando Capodanni, Natali in Vaticano e concerti vari non conduceva una prima serata dal 2009, ovvero dai tempi del dimenticato Cupido. E un motivo ci sarà.
Back to school, lo sfottò non basta
Back to School prende forma da un’idea semplice quanto sulla carta intrigante, ovvero riportare sui banchi della quinta elementare personaggi più o meno famosi, costringendoli a ripetere quel lontano esame al cospetto di una commissione ad hoc. Ad aiutarli nel loro percorso di apprendimento 12 bambini, ribattezzati per l’occasione “maestrini”.
Chiaro l’intento più o meno nascosto del programma: smascherare l’ignoranza di chi vive il mondo dello spettacolo, dare allo spettatore medio la possibilità di confrontarsi con chi ne sa meno di lui, sbagliando coniugazioni verbali, capitali dal mondo, moltiplicazioni, semplici conversazioni in inglese e divisioni, nozioni che rientrano nell’apprendimento base di qualunque italiano.
“Normalizzare” vip, personaggi famosi, rimarcandone perché no l’insipienza.
Peccato che alla lunga il giochino stanchi, con un’infinità di ripetenti ad ogni puntata, promossi, bocciati, rimandati e una durata monster che oscilla tra i 150 e i 180 minuti. È troppo scontato bullizzare Carmen Di Pietro, rimandata in italiano che ha costruito una carriera sui propri ostentati strafalcioni linguistici, così come viene facile perculare Raffaella Fico, Elena Morali e Solei Sorge, bellezze mozzafiato a cui evidentemente non si può chiedere tutto, tanto dall’essere finite dietro la lavagna.
L’unico colpo di coda del programma è arrivato dopo 5 puntate grazie ad Ivan Cattaneo, che si è rifiutato di fare l’esame di inglese e matematica come da regolamento, perché “tornare in quinta elementare è un atto di umiliazione, sono la pecora nera come lo sono sempre stato”.
Farcelo sapere dopo 3 ore di show, una cattiveria inaudita.
Una Milly Carlucci che non ce l’ha fatta
Affiancata dalla spalla comica Scintilla, Federica Panicucci prova con tutta sé stessa a mostrarsi per quello che evidentemente non è, ovvero una conduttrice brillante e ironica, dalla battuta pronta e la capacità innata di cavalcare il momento con sincera ilarità. Tutto questo, semplicemente, non le appartiene. Ha chiaramente altre capacità, statuina del presepe da quasi 15 anni felicemente orientata al mattino di Canale 5.
Federica Panicucci è un po’ una Milly Carlucci che non ce l’ha fatta, qui alla conduzione di un programma che nell’Anno Domini 2023 abusa di risate e applausi finti come effetti sonori, insopportabili e onnipresenti musichette da sit-com anni ‘90 e scenografie cartonate rubate ai peggiori parchi a tema dell’est Europa.
Che anche a Mediaset le ricche produzioni di un tempo siano un lontano ricordo è cosa nota, ma Back to School ha tutti i crismi di un prodotto low budget, low profile, low e basta, pur mantenendo una direzione lontana dal trash Mediaset visibile in altre trasmissioni.
In simile contesto tutto appare finto, insincero, artificioso, scritto e spesso mal recitato, tanto in studio quanto a Il Collegio della Guastalla di Monza, che ospita le ‘classi’ del programma, con 14 bambini tra i 7 e gli 11 anni costretti ad interpretare il ruolo dei maestrini provando ad esplicitare un’ingenuità e una spontaneità frequentemente disilluse.
La sentenza Auditel
Resistere 160 minuti a tutto ciò è impresa quasi impossibile, vista l’enorme quantità di alternative che la tv di oggi propone, con pochi intrepidi a sopportare le infinite puntate e l’Auditel non a caso impietoso. Già la prima stagione condotta da Nicola Savino, partita benissimo con 2 milioni di telespettatori e quasi il 10% di share, aveva dato segnali di cedimento, chiudendo con 1.3 milioni di telespettatori e il 7,50% di share, ma con la seconda stagione condotta da Federica Panicucci la bacchettata sulle nocche è diventata forte e chiara.
Debutto con appena un milione di telespettatori e il 7,50% di share, strappato con le unghie e con i denti grazie alla chiusura notturna, fondo del barile apparentemente raschiato al 5,50% di share con 800.000 telespettatori tra seconda e terza puntata e penultima puntata precipitata ai 743.000 telespettatori con il 5.3% di share. Record negativo nella storia del programma.
Dinanzi a simili numeri è difficile ipotizzare una terza stagione, anche perché Italia1 riesce a fare meglio e a costo ancor più ridotto con semplici film in replica, senza dover regalare gettoni di presenza a chicchessia, illudere Federica Panicucci che possa finalmente avere una carriera in prime time e soprattutto spremere poco più che bambini in un contesto televisivo che appare sempre più fuori luogo, abusato e ridondante.
Il miglior programma della settimana? Pechino Express, su Sky Uno.
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