“L’assenza di silenzio in un pezzo musicale è come l’assenza di bianco e di nero in un dipinto”. A dirlo è Brian Eno, protagonista della 67esima edizione del Festival internazionale di musica contemporanea dal 16 al 30 ottobre a Venezia nell’ambito della Biennale; luogo di sperimentazione, discussione, esibizione e paradosso dove ovviamente, oltre alla musica, anche il silenzio sarà protagonista.
Suoni, silenzi e spazi da esplorare grazie alle moltissime presenze italiane e internazionali che la direttrice Lucia Ronchetti ha raccolto con cura per questa edizione dedicata alla “micro-music”. Micro, perché si va a esplorare l’infinitamente piccolo del suono attraverso la sensibilità dell’artista digitale.
Brian Eno, Leone d’oro
Il Leone d’oro quest’anno andrà a Brian Eno, assoluto pioniere dell’uso del digitale in musica, uno dei primi ad usare i campionamenti e le workstation audio digitali per creare paesaggi sonori complessi. Eno, prima tastierista dei Roxy Music nel 1971 e poi solista di genio dal visionario dall’esordio “Here come the warm jets” alla musica ambient, passando per le mega produzioni internazionali (gli U2 di “The Joshua tree”, i Talking Heads di “Remain in light”), le colonne sonore e le installazioni, è l’uomo perfetto per questa Biennale.
Antesignano dell’AI musicale, ha creato programmi capaci di generare musica e testi col computer in tempi non sospetti, lanciando spunti provocatori e avveniristici, ha creato prima di ogni altro realtà virtuali: ambienti musicali da abitare, in cui creare o partecipare alla creazione di musica in modo interattivo utilizzando sensori e videocamere. Al teatro La Fenice Eno presenterà la prima assoluta di “Ships”, progetto in collaborazione con la Baltic Sea Philharmonic diretta da Kristjan Järvi, la partecipazione dell’attore Peter Serafinowicz, oltre che il suo storico chitarrista Leo Abrahams, e il software designer Peter Chilvers.
Per celebrare il genio di Brian Eno, anche una retrospettiva a lui dedicata attraverso una video installazione realizzata dal regista e fotografo Gary Hustwit e l’artista digitale Brendan Dawes “Nothing can ever be the same”.
Il Leone d’argento Miller Puckette
Il Leone d’argento andrà al matematico, programmatore e performer statunitense Miller Puckette, che oltre quindici anni fa ha creato software per manipolare e gestire suoni e musica (Max/Msp e Pure Data), che sono stati poi usati da innumerevoli musicisti con indole sperimentatrice.
Ma saranno moltissime le opere da scoprire alla ricerca della “natura microscopica del suono”. Ci sarà il silenzio e il canto immaginato da Francesca Verunelli, compositrice italiana e Leone d’argento nel 2010, nella prima del suo affresco sonoro “Songs&Voices”, ci sarà il concerto inaugurale del compositore americano di musica elettronica Morton Subotnick, il quasi novantenne detto anche “l’antesignano della techno” che in “As I live and breathe” elabora in tempo reale il suo respiro e i suoi gesti vocali.
E, per dirla ancora alla Brian Eno, visto che “la musica è una combinazione di suoni le cui risonanze emotive dipendono interamente dalle storie personali e condivise del pubblico”, qui alla Biennale sarà l’ascoltatore in primo piano, coinvolto nella creazione delle opere d’arte stesse. Sarà il caso di “Glia”, la prima italiana dell’opera della pioniera americana dell’avanguardia elettronica Maryanne Amacher (1938 – 2009), allieva di Stockhausen, autrice di varie opere assieme a John Cage, parte del collettivo di artisti di musica elettronica Viva.
L’opera, per sette strumenti ed elettronica, prende il nome dalle cellule cerebrali che lavorano nella neurotrasmissione tra sinapsi: gli artisti sono seduti su una struttura piramidale al centro dello spazio e gli altoparlanti sono attorno, in maniera da immaginare gli ascoltatori come una sorta di interfaccia “gliale” tra gli elementi elettronici e acustici dell’opera.
Non solo Eno: retro-futurismo e musica elettronica
Per i nostalgici o gli amanti del retro-futurismo ci sarà poi Robert Henke e la sua installazione “CBM 8032 AV”: un lavoro votato all’estetica obsoleta e ai suoni arcaici dei primi computer anni Ottanta. E ancora, nella sezione “Sound Installations/Sound Exhibitions” potremo ammirare il lavoro di artisti alle prese con il paesaggio veneziano come Andrea Liberovici e Paolo Zavagna con “Sound Of Venice Number Two”, Anthea Caddy e Marcin Pietruszewski con un’installazione sonora per altoparlanti parabolici dal titolo “Love numbers”, e finanche una “sonificazione” della decomposizione delle alghe nella laguna di Venezia realizzata dal giovane Alberto Anhaus. E poi i live di musica elettronica della sezione “Club micro-music” negli spazi del Teatro alle Tese con molti artisti, sound designer, dj e producer capitanati dal collettivo inglese degli Autechre ma anche da Lamin Fofana, Jerome Ellis, Jace Clayton AKA Dj Rupture, Steve Goodman AKA Kode9, Loraine James, Aya x MFO, Emme, S280F, Soft Break, Yen Tech, Snufkin, Nicolas Becker e Robert Aiki Aubrey Lowe. Ma anche le “notti di Battiti” in collaborazione con Radio3 e Pino Saulo.
E poi la celebrazione dell’organo con la pacifica invasione delle chiese di San Trovaso e San Salvador, la Basilica di San Pietro in Castello e la Sala dei concerti del Conservatorio Benedetto Marcello da parte di cinque organisti: Wolfgang Mitterer, Kali Malone, Andrea Marcon, Luca Scandali e, inusuale ma interessante presenza, il grande sassofonista sperimentale John Zorn.
Biennale Musica 2023
Infine le opere dei dieci artisti, compositori, performer e programmatori di tutto il mondo coinvolti nel progetto “Biennale College Musica 2023” (Alberto Anhaus, Jaehoon Choi, Louis Braddock Clarke, Lydia Krifka Dobes, Fabio Machiavelli, Estelle Schorpp, Severin Dornier, Leonie Strecke, Alexis Weaver e David Shongo), la sezione dedicata ai “Digital Sound Horizons”, e lo spazio di
confronto e discussione con una serie di tavole rotonde e incontri con i protagonisti stessi del festival: Brian Eno, Miller Puckette, Brigitta Muntendorf, Robert Henke, Guy Ben-Ary, Nathan Thompson, Morton Subotnick, Steve Goodman, Nicolas Becker e Robert Aiki Aubrey Lowe.
Perché il presente del digitale è qui, a Venezia, oggi, ma il futuro ancora non è scritto.
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