Festival di Sanremo 2024, le pagelle della terza serata ci dicono una cosa fondamentale: il giro di boa è compiuto, ora sarà tutto in discesa. Duetti e poi finale, il peggio è passato. Forse. Sì, oggi saremo più severi: perché toglierci Doc e costringerci a vedere Masterchef a notte fonda è una crudeltà che non meritavamo.
Il festival di Sanremo accessibile 10
Provate a guardare una serata di Sanremo su Raiplay, ma cliccate sulla diretta del festival di Sanremo accessibile. Un semplice splitscreen, 14 performer sordi e udenti e 4 interpreti LIS per restituire a tutti l’emozione, il flow della rassegna canora.
Fantastico, anche per chi non ne ha bisogno. Uno spettacolo nello spettacolo, da una parte gli artisti e dall’altra performer appassionati che fanno di tutto per dare la possibilità a ogni cittadino, quale che sia la sua condizione, di godere dello spettacolo. Ballano, interpretano, in certi momenti sembra di stare dentro uno spettacolo di Pina Bausch.
Mai stato più contento di pagare il canone. E ora non potrò più farne a meno.
Russell Crowe 9,5
Che Manuela Santacatterina ne capisse e tanto di cinema lo sapevo. Ma è brava pure nel recensire musica e concerti. Il Gladiatore – nessuna battuta sulla sua forma fisica, è comunque invecchiato meglio del sottoscritto – se la cava egregiamente all’Ariston, anche perché s’è scelto bene strumentisti e coriste e ha l’umiltà e la passione per fare il suo senza strafare e con personalità.
Certo, potevano fargli cantare, che so, Felicità con lui nella parte di Al Bano e Sabrina Ferilli in quella di Romina Power. Anzi, Romina U-Power. Chissà perché Fiorello non ci ha pensato (incredibile che le uniche buone in questo festival le faccia per prendere per i fondelli la sua scelta demenziale di ieri) e invece Amadeus fa un’intervista quasi decente, svelando al grande pubblico un pezzo della vita e della carriera di un grande artista (nessun ironia sul grande, riguardate la sua cinematografia e non ridete) di cui si parla poco.
P.S.: sto già comprando i biglietti per tutti i live italiani di Russell. Soprattutto dopo la battuta su Travolta. Volano stracci ad Hollywood tra (s)ex symbol.
P.S. II: è venuto gratis. La classe.
Gianni Morandi 9
Ora lo abbiamo capito, lui è il riservista di Sanremo. Quando la patria chiama, lui va all’Ariston a consolarla.
La proverbiale e parossistica cordialità lascia spazio, soprattutto all’inizio, a un imprevedibile faccia annoiata. D’altronde immaginate quest’uomo che lascia Anna per rivedere sempre lo stesso teatro, lo stesso conduttore, e cantare persino le stesse canzoni.
Più che un deja vu è un loop temporale.
Poi si ricorda di essere l’unica speranza di lisergica felicità degli italiani, e fa il suo. Come un soldato, il milite noto (rattarataratata) che è insensatamente felice, gentile, disponibile a ogni richiesta, per mondarci da ogni peccato. Mentre canta “stop coi Beatles, stop” (ma che vorrai mai dire, ho sempre sospettato che dicesse Stones e fosse come il -vi aggiunto da Ligabue in diverse sue canzoni, il tipico caso di metrica pigra) tu capisci che il paese è maturo.
Sergio Mattarella a Sanremo, Gianni Morandi presidente della Repubblica.
Stefano Massini 8,5
Con Paolo Jannacci a ricordare morti bianche, dignità, amore per i diritti. Ed è subito Corrado Formigli e Piazzapulita. Il buon Stefano è di quelli primi della classe, uno che ha vinto un Tony Award per intenderci. E all’inizio e pure un po’ alla fine senti un filo di antipatia per quell’intelligenza, brillantezza che lui non fa nulla per nascondere, sa di essere migliore di te, anzi di tutti, e te lo dimostra.
Però il monologo civile che fa con Jannacci jr. al piano è bello, profondo, della lunghezza giusta (dote che dai tempi di Favino e prima di lui di Ficarra e Picone non si vedeva all’Ariston). E ricordando qualcosa che molti preferiscono ignorare.
Ghali 8
Eccolo il mio granchio di quest’anno. Nella prima serata, abbagliato dal completo catarifrangente, non avevo apprezzato il pezzo di un esemplare unico di artista, che sa coniugare codici diversi – trap, it pop, e un paio d’altri generi – diventando perfettamente sanremese senza perdere la sua semplicità complessa, le sue armonie, la sua capacità di parlare a tutti.
Gran pezzo, che arriva un attimo dopo. Nel mio caso, due giorni dopo.
Edoardo Leo 8
Ma che figata è la trama de Il Clandestino (in Rai l’8 aprile)? E che figo è uno che poco più di due settimane dopo uscirà al cinema con un film sperimentale e coraggioso come Non sono quello che sono – The tragedy of Othello, già passato a Locarno e che propone uno Shakespeare così profondamente attuale e disturbante? E poi, non contento, ti fa un monologo leggero e profondo su qualcosa che dimentichiamo troppo spesso: ridere. Ci dimentichiamo di farlo, ci dimentichiamo quant’è importante.
Sabrina Ferilli 7,5
Non vediamo l’ora di vederla nel film di Virzì Un altro ferragosto, nel frattempo ci accontentiamo di Gloria, la fiction di Rai1, che lei presenta con la solita irresistibile grazia ciaciona, di chi fa milioni di spettatori quando fa una fiction in tv rimanendo una che potresti incontrare al mercato di Val Melaina chiacchierandoci amabilmente.
Ed è un complimento, oltre che un talento.
Eros Ramazzotti 7
La buona notizia è che a differenza del duetto con Ultimo dello scorso anno, questa volta si ricorda un suo testo. Anche lui fa il suo appello per Gaza, sfruttando il titolo del suo pezzo più famoso, Terra Promessa, e lo fa con un po’ di retorica e un’espressione facciale improbabile, ma contiamo sul fatto che non se ne penta come Dargen domani (qualcuno parlerà anche del 7 ottobre, chissà?).
Infine si prende gli applausi e quando fa la faccia seria un fulmine ti colpisce il cervello, con ls somiglianza che non t’aspetti: Eros è diventato il sosia dell’ormai fu boss Mattia Messina Denaro.
Il 7 però è per la battuta su John Travolta. Di impietosa ferocia, il sospetto è che lo juventino Eros si sia voluto vendicare con l’interista Amadeus del derby d’Italia recentemente perso. Oppure ha voluto sparare sulla papera, pardon sulla croce rossa, uno degli sport preferiti di questo paese.
Alessandra Amoroso 7
La canzone è carina. La dimenticheremo presto, ma è buona e lei la esegue con chirurgica precisione. Ma il voto è perché non sbaglia un outfit, senza abbandonare quel classicone color nero che le dona molto. Perfetto in pendant con il suo presentatore Dargen che indossa il completo bianco che ho sempre sognato.
Santi Francesi 6,5
Lo ammetto, ho finto di ignorarli. A X Factor mi ero innamorato, musicalmente e non solo, di loro. L’amore in bocca, inizialmente, mi aveva deluso e non me ne facevo una ragione. Ho provato a dar loro un voto basso. Non ci riuscivo.
Non sentivo quella personalità delicata e potente che è nella loro arte. Ma ho dato loro fiducia, l’ho ascoltata in questi giorni e cresce, piano, ma cresce. Come la voce forse inizialmente emozionata, martedì, di Alessandro. Ah, su quest’ultimo credo che sia giusto fare del sano sessismo e proporre di premiarlo come Mr. Sanremo. È troppo spudoratamente bello.
Maninni 6
Bel ragazzetto, di quelli da fiction Mediaset. Bella voce, di quelle da Sanremo Giovani anni ’90. Bel pezzo, se non si fossero impegnati nella scrittura e nella partitura armonica solo per qualche decina di secondi. Ma lui la porta a casa, è solido e si farà, anche se ha le spalle strette.
Piccola curiosità, nell’attacco della canzone sembra Daniele Groff. Chissà che fine ha fatto quel caro ragazzo.
Il Tre 5,5
Sembra algebra, ma è solo il voto più difficile, soprattutto se fratto BNKR 44. Chissà, un giorno li troveremo tutti in radio a 610 oppure al cinema a interpretare un film di 007. Perché poi lo dice pure Morandi, superospite di questa terza puntata, che uno su mille ce la fa.
Il Tre fa 5,5 perché è tutto un vorrei ma non posso, decoroso e poco più, con versi Fragili e un it rap che si perde nella precarietà di un amore finito male e di un cuore troppo delicato, come quella voce, come quella canzone che non ha neanche il coraggio di essere brutta.
Rose Villain 5
Il classico esempio di una cantante che è meglio della sua canzone. Sa il fatto suo, ha voce e presenza scenica, ma ha ben poco tra le mani, Click Boom è come un palloncino bucato. Si sgonfia subito.
Teresa Mannino 4,5
Lei è di quelle comiche che ti stanno naturalmente simpatiche, a pelle. Poi però ascolti le sue battute. E rimani benevolo, perché sì, è di quelle che proprio non riesci a volerle male. Vorresti ridere, ti impegni, abbassi anche un po’ la tua asticella, cerchi di farti bastare un’ironia pure più debole. Non essere esigente, pedante, pretendere l’eccellenza da un monologo soporifero. Niente. Meglio Mengoni come comico, decisamente.
A quel punto, capisci, proprio quando una semplice domanda si fa largo dentro di te: ma Teresa Mannino ha mai fatto ridere? Però le siamo grati per averci raccontato l’affascinante vita (e soprattutto morte) degli esemplari maschi delle formiche tagliafoglia.
BNKR 44 4
Era una tentazione irresistibile il 4 periodico. Soprattutto perché questo collettivo riesce in un miracolo al contrario: mentre gli altri pezzi migliorano un po’ riascoltandoli, il loro peggiora (anche perché stavolta stonano con dovizia). Governo punk ha un merito, il verso più brutto degli ultimi 21 anni: “in provincia la nebbia è la stessa del 2003”.
E l’entropia. Si muovono così tanto, così male, così improbabilmente, che sembrano moltiplicarsi come i Gremlins e a un certo punto ti sembra di vedere il loro e il nostro spirito guida: Gianfranzo. “Ciao, io sono Gianfranzo, sono il vuoto che c’è dentro di te, yeah, se accosti l’orecchio alla bocca senti solo il mare, e basta!”.
La Sad 3
Essere mediocri non è una colpa. Dire in un’intervista che ci si ispira ai Green Day – probabilmente solo per la tinta dei capelli – è diabolico. Il sospetto è che siano dei cosplayer venuti male o dei troll venuti bene e che ci stiano prendendo in giro. Perché altrimenti, diciamocelo, non sono solo scarsi, è che questo non sembra proprio il loro mestiere. Autodistruttivo non è un titolo, è una constatazione.
Ricchi e poveri 2
Due, sono rimasti in due, e fanno così tristezza. Sarà perché li amo, ho provato a salvarli. Ma fa così male vederli vestiti così, cantare così, buttare così una storia pop che ci ha divertito tanto negli anni più vacui della nostra musica. Erano gli Abba dei noantri, ora ti fanno rimpiangere i Jalisse.
Paola e Chiara 1
Ora possiamo dirlo, il Prima Festival è una delle cose più brutte partorite dalla rassegna canora più famosa d’Italia. Per intenderci, supera di gran lunga anche Gabriel Garko valletto e i quattro figli d’arte in conduzione.
Poi oggi Paola e Chiara le vedi senza i coconduttori, sul palco a cantare e ti chiedi se sia colpa del Fisco, di investimenti sbagliati o di FOMO di chi un tempo era l’anima della Fiesta e ora sarebbe solo materiale buono per il programma stracult Meteore.
Ti chiedi di chi sia la responsabilità di un ritorno sulle scene che, a giudicare dal linguaggio del loro corpo, voleva solo Paola.
Sono mesi, anni, che Chiara canta, parla, fa interviste con la faccia di John Travolta che danza sulle note del ballo del qua qua. Che vorresti liberarla e dirle, vai ragazza, recita. Scappa con tua figlia Clara Soccini (sì, Chiara in Mare fuori interpreta la madre di Crazy J, non è bellissimo?), rubate una barca e prendete il largo. Ci sta o’ mar’ for’ pure a Sanremo.
Cosa la costringe a rimanere con Paola? Chi? Paola, che diciamola, sembra la moretta dei Ricchi e Poveri più giovane, stessa verve frenetica, sguardo pallato e disponibilità totale a fare qualsiasi cosa per rimanere da
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