A cosa servono le pagelle di Sanremo 2024 se poi 10 milioni e spicci di italiani si mettono davanti alla tv, se lo share è del 65% (e come dice argutamente la nostra Valeria Verbaro, probabilmente è una valutazione per difetto, perché la visione è quasi sempre collettiva). Gary Lineker, bomber inglese e commentatore geniale, sostiene che “il calcio è quello sport in cui 22 calciatori rincorrono un pallone per 90 minuti e alla fine vince la Germania”.
Ecco, il Festival di Sanremo è quel programma in cui succede di tutto, si toccano vette di grottesco e improbabilità spudorate, a un certo punto ti commuovi e alla fine Amadeus fa il record d’ascolti.
Giovanni Allevi 10
Nello spazio “retorica un tanto al chilo” lui smonta la tv del dolore e ci regala uno spazio di intelligenza, arguzia, cultura, pensiero, armonia della parola, musica dell’anima. Anche l’applauso meritato, lo destruttura.
L’immagine del festival è lui che si toglie il cappello e mostra la chioma ingrigita e non più “esplosiva”, ma ogni momento del suo intervento è speciale. Persino quando ci dice che la filosofia dello sticazzi – scusa Giovanni, sono un’anima semplice – ce l’aveva già spiegata Kant alla fine della Critica della Ragion Pratica.
Non è mai retorico, perché è poetico, non è mai melodrammatico perché ha la misura di un’anima limpida nel raccontarsi.
Non ci parla della malattia come vittima, né come eroe in base all’etica della guerra, del coraggio e del superstite come vincitore. No, ci dice cosa vuol dire quotidianamente, perché ti ribalta le priorità (e, ad esempio, il senso profondo di un numero), come annulla la tua preoccupazione per il giudizio altrui. E tante altre cose. Che vanno viste e riviste, perché il pezzo di Giovanni Allevi è meraviglia pura, da imparare a memoria, proiettare nelle piazze e nelle scuole. E soprattutto, ricordare.
Forza ragazzo, vogliamo allargare il tuo presente in ogni modo. Chi crede, preghi; chi non crede, pensi a lui.
Uno così non possiamo perderlo.
Giorgia 9,5
Ok, Amadeus due cose non di poco conto le ha azzeccate. Bella l’idea degli artisti che presentano i colleghi protagonisti della serata, funziona. Bellissima quella dei coconduttori che si prendono un pezzo di festival e palco e lo colonizzano con il loro talento.
Giorgia è bella di una bellezza raffinata e semplice, canta con la solita appassionata e scanzonata perfezione, ti dimentichi persino l’improbabile look da Charlot, perché quella voce fa sparire tutto e tutti.
Una sola controindicazione: serve un sostegno psicologico per i concorrenti, che da due giorni devono esibirsi prima e dopo Mengoni e Giorgia. Il paragone è infame, si può parlare di bullismo. Efferato.
P:S.: fa bene anche la suora nel dopofestival fiorelliano Viva Radio 2 Viva Sanremo.
John Travolta 9
Nove, come gli zeri che il suo assegno dovrebbe avere per lo scempio che ha dovuto subire. Passi ballare con Amadeus i successi di 40 e 30 anni prima (Grease, La febbre del sabato sera, Stayin’ Alive, Pulp Fiction e affini) al cinema. Passi che inizia l’ospitata con una frase profonda che cade nel vuoto e che poteva portarci chissà dove.
Ma a 69 anni – sì, tanti ne ha John, 8 più di Amadeus che sembra il padre – un mito come lui non merita di fare il ballo del qua qua davanti all’Ariston solo perché è stato profumatamente pagato. La sua faccia schifata ci ha fatto vergognare di quell’orrore che provi quando qualcun altro fa qualcosa di troppo insopportabilmente imbarazzante. La famosa fremdschämen, perché i tedeschi oltre a vincere sempre nel calcio (almeno fino a una decina d’anni fa) sanno come nessun altro raccontare la realtà e le emozioni con parole composte.
Lui ha una sola reazione: quando Fiorello gli passa il cappello con becco da papera lo guarda e dice “non mi sta”, gettandolo.
E poi balla. Perché John Travolta è un professionista. Ma non ci perdonerà mai. Mai.
P.S.: invitare un grande nome e decidere di non intervistarlo per fargli fare sketch che ci fanno vergognare, perché? Si vuole imitare Cattelan, che lo fa meglio e comunque due domande (solitamente molto intelligenti) le tira fuori? O gli americani, che ne fanno parecchie prima, dopo e durante il numero? Amadeus mio, ma come pretendi che uno come Jannik Sinner potesse solo pensare di venire? Cosa gli facevi fare, il cangurotto di Massimo Lopez in onore degli Australian Open appena vinti?
Leo Gassmann 8
Non escludo il ritorno, scrisse e cantò Franco Califano. Non escludo il ritorno, poco più di dieci anni fa, fece incidere sulla sua lapide il cantautore.
Aveva ragione, questo ragazzo che si porta addosso un cognome pesantissimo, di certo non poteva temere un film (di Alessandro Angelini) sul Califfo (su Rai1 in prima serata nella domenica post festival). E quel Tutto resto è noia cantata con ispirazione emulativa notevole ma anche con passione e personalità è davvero notevole.
Buon sangue non mente.
Geolier 7,5
Primo per le radio, ora è uno dei favoriti. Massacrato a Napoli per l’ortografia partenopea non consona, sottovalutato più a nord da quasi tutti (ma non dai bookmakers, che non ascoltano le canzoni ma conoscono i numeri), questo rapper neomelodico che ha un grado di novità nei testi e nelle barre esagerato
Una sorta di Eminem partenopeo (anche per alcune discussi concetti dei suoi pezzi oltre che per la sua capacità di provocare), ha un flow incredibile che in questo pezzo non è apprezzabile al suo meglio (nel Red Bull 64 bars gli abbiamo visto cantare a velocità sovrumane, senza perdere in qualità e potenza). Ventidue anni, quattro dischi di platino e un podio sicuro a Sanremo. Ma continuate a scherzarlo, eh.
Annalisa 7
Sale in autoreggenti e vestito nero. Illegale. Con una conchiglia tatuata, peraltro, che fa dimenticare in un attimo la farfalla di Belén. Tanto che ripensi alla molestia di Elodie nel suo live e non puoi non capirla.
Della canzone che dire? Quandoquandoquandoquando non riesco a smettere di ripeterlo, il resto è vuoto popneumatico, ma cantato, ballato, ammiccato benissimo. E poi, l’avete notato, vero? Quando alla fine dice “Sinceramente, tua” guardava me. Era evidente, no?
Giuliano Sangiorgi 6,5
Silvia Sartucci mi ha perdonato per il 5 di ieri. E io ho capito che in fondo nella storia di un artista ci sono solo epoche diverse. Un tempo Giuliano e i Negramaro erano la band che ci terremotava l’anima con la loro musica. Ora Sangiorgi è sempre il più bravo di tutti, ma come presentatore. Già me lo vedo a presentare i pacchi, l’Eredità o che so, pure The Voice Senior.
Mare fuori 6
No, non è l’annuncio della sesta stagione della serie evento della Rai. Queste ragazze e ragazzi non hanno bisogno di Sanremo, e si vede, quasi ci tengono a farcelo notare che loro non volevano partecipare al festival ma solo il potere di farlo fallire: stanno sul palco dell’Ariston con l’entusiasmo con cui Oshimen è rimasto quest’anno a Napoli. Eppure a Sanremo ci sta ‘o mar’ for’.
Il monologo a rate civile per far parlare tutto il cast è edificante e ben fatto, anche se Rosa Ricci ti imbruttisce pure qui e tu è un attimo che tieni paura e vuoi fuggire.
Alfa e Gazzelle 5
Il cinque è sempre un’insufficienza pavida. Ma devo ammettere che i loro pezzi si perdono come lacrime nella pioggia. Nel senso che te li dimentichi nel momento stesso in cui li senti.
Il primo perché è la brutta copia degli One Republic, il secondo perché sembra la caricatura di un pezzo dolente di un indie che in Italia è durato un paio di stagioni e non sa ancora di essere morto. Fossi nel secondo nella puntata dei duetti mi porterei Le Coliche.
Rosa Chemical 4
Lo confinano all’esterno, fa la sua performance che sembra una hit estiva dei The Kolors, ma fatta male (oddio non è che le loro vengano bene) e la fa decorosamente e poco più.
Sarà che tutti gli hanno rinfacciato il limone con Fedez e poi quest’anno a ogni pausa pubblicitaria c’è la Liguria che si autocelebra con pomiciate selvagge di ogni genere. Uno spot di rara bruttezza che rivaleggia con la sarda Elisabetta Canalis che celebrava la mia Liguria.
Rosario Fiorello 3
Una media tra il 6 per Viva Radio 2 Viva Sanremo e lo 0 per il crimine operato ai danni di John Travolta. Mito assoluto (John, ma qui parliamo di Fiorello), nell’ultimo anno di nuovo ai suoi livelli dopo qualche stagione di appannamento, è un fatto che Sanremo sia la sua Kryptonite, non ne azzecca una da queste parti. Non fa ridere neanche per sbaglio.
Appena arriva al Festival diventa immediatamente un boomer e da un momento all’altro ti aspetti che Amadeus tiri fuori un numero della tombola e lui urli “Ambo!”.
Notevole il duetto con Mahmood, ormai incrocio tra Michael Jackson e Sangiovanni che a sua volta cambia più look e lineamenti di un pentito di mafia.
Bob Sinclair 2
Un po’ Keanu Reeves un po’ Povia, si mette al mixer – spento, c’è da giurarci – e si muove con scompostezza anziana mentre mette un mix di suoi successi così scontato che ci fa sembrare imprevedibile Amadeus. Il dilemma è cornuto: meglio invitare Sinclair a fare qualcosa che poteva fare serenamente pure Alexa oppure Travolta per umiliarlo?
La verità è che avrei dato qualsiasi cosa per stare sulla Costa Smeralda a ballarlo male per tutta l’ora. Lo ammetto.
Renga e Nek 1
Uno di quei duetti (tipo Raf-Tozzi) che hanno il torto di farti sentire vecchio. Perché sono cresciuti con te e li guardi con simpatia un po’ pietistica, perché sai che sono bravi ma qui non si applicano, perché Renga per non dimenticare il suo pezzo canta col labiale pure la parte dell’altro, perché è tutto sbagliato e da rifare, ma chi glielo dice? Io no, direbbe Irama.
Il punto è che adesso ti fanno la tristezza dei vecchi playboy che a Rimini ancora rimorchiano, ma stancamente, un po’ imbiancati e ingrassati, uno che l’Angelo se l’è mangiato e l’altro che pare la controfigura di Sting.
Dargen D’Amico 0
Onda alta non è male. E parla di migranti nel modo giusto. Lo zero è per quel “non volevo essere politico”. E tu ti chiedi se è più avvilente la demagogia un tanto al chilo del suo sostegno a Gaza della sera prima senza accennare minimamente alla complessità di quella situazione o il suo ritrattare perché la consegna di questo Sanremo 2024 è non dire nulla di politico e qualora accada, bilanciare subito con una dichiarazione ottusa e contraria.
Come Fiorello che sfotte Amadeus con travolta definendolo “communist” e poi spiegando “hai cantato Bella Ciao!”. Che è un canto antifascista e partigiano. Non comunista. Poi che le tre cose spesso stiano insieme, non è certo da imputare a una canzone.
Ora siamo terrorizzati: non è che per riequilibrare la posizione di Big Mama che ha dedicato la sua bella esibizione alle persone queer domani fanno cantare Luca era gay a Pillon?
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