Ci si aspettava, come è accaduto a tanti prima di loro, un ipersfruttamente dell’immagine e della musica dei Bengala Fire dopo X Factor 2021. E invece loro hanno fatto ciò che amano di più: musica, tour, performance dal vivo. Hanno lavorato sodo sul repertorio in inglese e hanno iniziato a scrivere in italiano. Se ci avete già seguito sapete che presto uscirà un loro album (autunno-fine anno) e dovrebbe chiamarsi Magnolia. Oppure, secondo il frontman Mattia, potrebbe andar bene anche Finzioni (ai lettori di The Hollywood Reporter Roma l’ardua sentenza). Quest’anno sono finiti alla Mostra del Cinema di Venezia per presentare il video del loro prossimo brano, Serenissima Malcontenta, un vero e proprio cortometraggio che potremmo chiamare Pirati del Canal Grande – come il titolo dell’incontro avvenuto nello stand della Regione Veneto del Festival di Venezia – diretto da Damiano Miotto. Un’opera ambiziosa e affascinate che è valsa anche un miniconcerto al Lido. L’antipasto di una stagione che prevederà, oltre all’album, un tour importante.
Bengala Fire: Il meglio deve ancora venire
Incontriamo Mattia Mariuzzo, detto Mario, Andrea Orsella, detto Orso, Davide Bortoletto, detto Borto e Alexander Puntel, detto Lex al Lido di Venezia, a La Villa, sul lungomare Marconi. Sono emozionati e in ritardo, presenteranno di lì a poco, qualche centinaio di metri più in là, all’Excelsior, il loro primo singolo (prodotto da Rodrigo D’Erasmo e Daniele Tortora) del loro primo album.
Da X Factor a Venezia. Voi fate solo le cose in grande.
Abbiamo lavorato tanto, scrivendo in italiano ma senza perdere la nostra verve britannica e rock’n’roll. Questo è il primo tassello di un disco che arriverà a fine anno e Venezia e The Hollywood Reporter Roma ci sembrano i posti migliori in cui annunciarlo per la prima volta.
Gli altri fanno i videoclip. Voi a Venezia vi siete presentati con un cortometraggio.
Lex (Alexander Puntel, il batterista) ha scritto la sceneggiatura, ci ha lavorato davvero tanto. Questo racconto parla di Venezia e della sua periferia. Dovevamo fare una cosa speciale per il primo singolo del nostro nuovo album. Che peraltro potrebbe avere un titolo molto cinematografico. Magnolia. Oppure Finzioni, che è un po’ presuntuoso, ma se riusciamo a spiegarla secondo me funziona. È il titolo del mio libro preferito, scritto da Borges, un’antologia di racconti in cui verità, storie, fantasia non sai mai dove iniziano e finiscono. Anche nel nostro album non si capisce dove inizia la realtà e dove comincia l’irrealtà. Serenissima Malcontenta per esempio parla della periferia veneziana, ha anche un coté sociale, una visione realistica ma poi il racconto parte per la tangente e va altrove. Fuori da tutto.
Perché avete scelto proprio un posto come Malcontenta?
Venezia, un tempo Serenissima Repubblica di Venezia, racchiude nel suo Comune molte frazioni di terraferma, talvolta radicalmente opposte allo splendore del centro storico: una di queste è Malcontenta, appunto. Ci è sembrato il titolo giusto per questo brano, un gioco di parole emblematico. Volevamo raccogliere i pensieri di un personaggio immaginario che vive e lavora nel dedalo industriale. La sua è una condizione di forte disagio, tanto che comincia a nutrire un vivo risentimento per il centro storico così opposto al mondo di grigio cemento al quale è abituato. Il suo malessere lo spinge a meditare persino un attentato in Piazza San Marco: si immagina di far parte di una strampalata ciurma di pirati, che navigano il Canal Grande su grandi navi, “piene di tritolo e di carri armati”. Il racconto termina sulle note di uno scanzonato coretto, con il personaggio che, suo malgrado, riemerge dalla sua fantasia.
Serenissima Malcontenta è un gioco di parole, di nomi propri, ma anche un ossimoro. Voi amate molto la contraddizione fertile: cantavate in inglese, ora in italiano, in voi c’è il brit pop ma anche il rock duro e puro. E via così.
Hai ragione, possiamo spiegarlo solo dicendo che in noi c’è della follia ma anche tanto cervello. Non che siamo intelligenti, anzi, ma pensiamo tanto a quello che facciamo. Viviamo sia il flusso di coscienza musicale, l’ispirazione che ci brucia ma poi ragioniamo anche molto sul nostro lavoro. Credo che questo si senta nella nostra musica, penso che la contraddizione fertile nasca sin dai nostri primi anni, sia parte della nostra natura dalle prime suonate insieme.
Ci saranno collaborazioni illustri nell’album?
Abbiamo voluto evitare featuring, che pure sono bellissimi perché collaborare con gli altri è bello, ma spesso vengono fatti per visibilità e tolgono spazio al lavoro del gruppo. C’è Rodrigo D’Erasmo, che però fa parte della famiglia, quindi non possiamo considerarlo un feat. Questo è il nostro primo album dopo X Factor, dopo tanti cambiamenti e sentivamo il bisogno di vivercela tra noi, di far sentire la nostra musica, di evitare scorciatoie.
Fra pochi giorni ricomincia X Factor. Andrete a presentarlo lì?
Magari, ci piacerebbe molto. Sarebbe un bel corto circuito tornarci con i nostri nuovi pezzi.
Manuel Agnelli, Sua Maestà, lo sentite ancora?
Manuel è il papà che ogni tanto chiami e gli chiedi consiglio. È un po’ come un dio pagano a cui vai a chiedere l’oracolo se saprai meritartelo.
All’album seguirà un tour?
Certo che andremo in tour, noi non possiamo farne a meno, il nostro luogo d’elezione, la nostra casa è il palco. E sarà più rock’n’roll del primo, che era il nostro esordio con date nazionali e c’era qualche insicurezza e orpello di troppo. Questa volta picchieremo duro e ci divertiremo ancora di più. E sarà lungo, vogliamo più date possibili!
Si è capito che il cinema vi piace parecchio. Fareste delle colonne sonore?
Scherzi, certo che sì. È un sogno, non sai quante volte, in sala prove o mentre registriamo cominciamo a suonare andando oltre gli spartiti dei pezzi scritti, rispondendo l’uno all’altro, perdendoci in un flusso musicale e pensiamo quanto sarebbe bello dare delle immagini a quelle note, e viceversa. Ditelo a tutti i registi qui a Venezia che noi non vediamo l’ora di mettere “soundtrack” nella nostra biografia!
Chiudiamo con un appello, una chiamata alle armi. Convincete chi ci legge a guardare e ascoltare Serenissima Malcontenta
Pirati delle periferie tutte! Questa canzone è per voi!
Ci siamo tuffati nella contraddizione tra Venezia e la sua grigia periferia, per riemergerne con un canto di rivalsa e carezza per la seconda. Per tutte le eterne seconde, che meritano molto di più (e molto di più di una canzone).
La parola al regista Damiano Miotto
Damiano Miotto è un uomo di comunicazione, cultura a tutto tondo oltre che regista di videoclip (Club Dogo, Vasco Rossi, Franco Battiato) e cortometraggi selezionati in più festival internazionali. Ha voluto e sentito nelle parole dei Bengala Fire qualcosa di nuovo e vibrante e ha voluto costruire attorno a Serenissima Malcontenta e alla sceneggiatura di Lex non il videoclip abituale di accompagno al brano ma un vero e proprio cortometraggio, con una storia che guarda alla verità come al realismo magico. Un piccolo gioiello.
Damiano, chi sono questi pirati?
Abbiamo sempre immaginato che i pirati arrivassero dai Caraibi e si appostassero nelle sue isole. Esistono invece anche dei pirati urbani che si nascondono nella terraferma a ridosso della laguna, e colpiscono nella città: Venezia. I Bengala Fire con il loro nuovo singolo li impersonano, ma non arrivano in città per depredare, bensì per ricordare che Venezia non è solamente quel luogo straordinario che siamo abituati ad immaginare. Il bene ed il male non sono sempre e solo la rappresentazione di uno stereotipo, a volte uno prevarica l’altro, e, come in un brutto sogno, il risveglio è sempre amaro.
Come ti ha ispirato la musica nell’immaginare e girare le immagini? Il brano è quasi una sceneggiatura
La musica è ritmo e la canzone una storia. Il videoclip racconta la storia seguendo il suo ritmo. La sceneggiatura di Alexandet Puntel era talmente dettagliata e perfetta da permettere di concentrarmi sulla fotografia e l’immaginario del testo, giocando molto sui contrasti e nel non raccontato. L’intro e l’uscita del videoclip danno una seconda lettura perfettamente coerente con la storia.
Quanto hai girato e come? Cosa volevi esprimere?
Abbiamo girato per 4 giorni tra terraferma e Laguna. Volevo raccontare contestualmente il disagio e la bellezza mischiandoli insieme. La figura di Mario rappresenta un viaggio onirico dove l’essere ed il volere si combattono.
Come hai lavorato con i Bengala Fire?
Lavorare con artisti veri é sempre molto difficile perché ti devi confrontare con la loro di creatività. I Bengala Fire sono quattro personalità diverse che lavorano insieme da quando hanno 12 anni, ma la stima e la fiducia reciproca ci ha permesso di raggiungere il risultato prefissato: il linguaggio comune. Poi diciamolo, loro sono una band che suona meravigliosamente e Mario un mattatore senza tempo. Potrebbe essere un Frontman degli anni ’60 o ’70.
Che emozione è stata presentarlo al festival di Venezia?
La cornice del Festival é ovviamente travolgente ed entusiasmante. La mia soddisfazione più grande é stata vedere i loro occhi che brillavano. Avevo fatto il lavoro che si aspettavano
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