Come in un film della Marvel, gli ultimi titani del rock’n’roll hanno deciso di unire le proprie forze. E’ l’alleanza “inevitabile” (per parafrasare Thanos in Avengers: Endgame), attesa da plurimi decenni, un’alleanza degli immortali, sul modello di Iron Man con Captain America, o Superman con Batman. E’ Variety a rivelare l’improvvisa e tanto attesa materializzazione del Sacro Graal del rock: i Beatles (superstiti, ma tant’è) entrano a far parte dei Rolling Stones, sia pure per un solo disco. Per la precisione: Paul McCartney e Ringo Starr hanno suonato in alcuni brani dell’ultimo album di Jagger & compari, ciascuno il proprio strumento (ossia basso e batteria, per chi non lo sapesse).
Trattandosi dei più grandi dei grandi – ossia di coloro che stabilirono il canone della musica che ha dato i connotati al Novecento scatenando la maggiore rivoluzione dei suoni, dei costumi, delle immagini e dei pensieri della nostra epoca – è un po’ come se Michelangelo e Leonardo si fossero uniti a dipingere l’ultimo affresco. Oppure è il sogno dell’eternità, una variante del multiverso del rock, dove i Beatles e i Rolling Stones – che lo stereotipo voleva rivali, ma si tratta, appunto, di uno stereotipo – individuano l’ennesimo wonder (che vuol dire miracolo, ma sta anche a significare stupefazione, stupore) che proietta una storia, una mitologia, verso l’infinito. Sì, è un modo per declinare il sogno in tutti i modi immaginabili.
Il supergruppo dell’eternità
D’altronde, la notizia non è totalmente inattesa, per quanto straordinaria. Dopo la morte del batterista degli Stones, Charlie Watts, era diventato un mantra dei social media un tweet che suonava più o meno così: agli Stones ora mancano un batterista e un bassista (Bill Wyman mollò la band tanti anni fa), ai Beatles mancano un chitarrista ed un frontman (George Harrison lasciò il mondo nel 2001, John Lennon fu ammazzato nel 1980 da cinque sudici colpi di pistola nell’androne di casa sua, il Dakota, a New York).
Et voilà: eccolo, finalmente, il supergruppo dell’eternità, foss’anche solo per una manciata di pezzi. Una epifania che, se confermata, arriva a sessant’anni dal primo incontro tra i Beatles e gli Stones, in un album che secondo l’anticipazione di Variety è affidato alle sapienti mani del produttore Andrew Watt. I nuovi brani, così la testata americana, sono stati registrati a Los Angeles, non è ancora chiaro se i contributi di Paul e Ringo appartengano agli stessi pezzi. Ma tant’è: basta la suggestione, il miracolo che foss’anche solo per un attimo si fa realtà, l’ultima proiezione di un sogno lungo sei decadi.
Rivalità presunte e vecchi merletti
In barba alla presunta rivalità, i Beatles e i Rolling Stones hanno collaborato varie volte, in varie modalità: nel lontano 1963, il primo singolo degli Stones era I Wanna Be Your Man, firmato Lennon/McCartney, nel fatidico 1967 (“l’anno santo del rock”), Paul e John contribuirono ai cori di We Love You, mentre il compianto Brian Jones suonò il sassofono in You Know My Name, pezzo ultra-bizzarro e geniale, che fu pubblicato solo nel 1970 come “b-side” del singolo Let It Be.
Quello stesso anno, siamo nel pieno della “Summer of Love” – quando sull’onda più alta della tempesta perfetta del rock il mondo assistette all’apparizione quasi contemporanea di Jimi Hendrix, dei Doors, dei Pink Floyd e di Simon and Garfunkel, per dire – i Beatles e gli Stones si “salutavano” a distanza nelle reciproche copertine di Sgt. Pepper’s e Their Satanic Majesties Request. Nel 1968, John Lennon insieme a Yoko Ono partecipò con due canzoni al “Rock’n’roll Circus” dei Rolling Stones, in una sorta di supergruppo che vedeva insieme a loro Eric Clapton alla chitarra, Mitch Mitchell (della Jimi Hendrix Experience) alla batteria e Keith Richards al basso.
Sempre al capitolo “rivalità”, sono quasi commoventi le pagine dello stesso Richards dedicate nella sua folgorante autobiografie alle vacanze passate insieme a McCartney, mentre i più sgamati ricordano la battuta di Jagger che nei primi anni sessanta, pieno di terrore, definì i Beatles “un mostro a quattro teste”. Nel 2021 ha conquistato i titoli una battuta di Paul sui Rolling Stones chiamati allegramente “una blues cover band”, al che il vecchio Mick rispose dal palco “Paul è oggi nel pubblico, forse si unirà a noi a suonare una blues cover”: piccoli sarcasmi tipici dei vecchietti.
Il tempo è dalla loro parte
Vecchi, appunto, vecchissimi: ma indomiti, quasi un fenomeno da sottoporre alla scienza. Paul e Ringo ormai ottuagenari, Mick e Keith alla soglia. Gli Stones ancora in tour, McCartney forse anche, idem Ringo, l’ultimo album di Paul è del 2020, quello degli Stones una raccolta di blues data 2016. Ma, probabilmente, non moriranno mai, neanche quando le loro spoglie lasceranno la terra. In un’intervista del 2021, Richards sibilava tra il divertito ed il sulfureo che “non avete ancora sentito le ultime di Charlie Watts”, facendo intendere che il batterista aveva suonato in diversi brani degli Stones che il mondo ancora non ha sentito.
Un po’ come l’ologramma della principessa Leia negli ultimi Star Wars, o la non-morte di Ant-Man nel “Blip” degli Avengers, per intendersi. O forse, la verità è molto più semplice: avevano ragione gli Stones quando cantavano Time Is On My Side, il tempo è dalla mia parte. Quella di una mitologia, impossibile da abbattere.
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