In un lontano 1969 un gruppo musicale americano, i Zager and Evans, cantavano una canzone dal ritmo spensierato da figli dei fiori e il testo cupo. Si intitolava In the year 2525 e si interrogava sul destino dell’uomo, immaginando i cambiamenti di millennio in millennio, “if man is still alive”, fino all’ultima strofa quando si arrivava al 9595: In the year 9595 / I’m kinda wonderin’ if man is gonna be alive / He’s taken everything this old Earth can give / And he ain’t put back nothing… (“Nell’anno 9595 / mi sto chiedendo se l’uomo sarà ancora vivo / Ha preso tutto quello che questa vecchia Terra può dare / E non sta restituendo proprio niente”).
La versione riadattata in italiano invece si intitolava Nel 2023 e l’hanno cantata Caterina Caselli e Dalidà. Era più simile a una canzone d’amore, ma anche lì ci si immaginava un futuro in cui per rivedere le rose “vive” e la pioggia che “cade ancora”, bisognerà voltarsi indietro perché ormai “le cose belle sono antiche”.
Ora, nel 2023, è uscita una serie televisiva che ricorda quella canzone (e infatti in una delle ultime puntate la troverete come colonna sonora). Oggi, che è la Giornata mondiale dell’ambiente, è una buona occasione per parlare del tema dello show: i cambiamenti climatici.
Un luogo del futuro
La serie è Extrapolations di Scott Z. Burns: sono otto puntate, in streaming su Apple TV+, in ognuna di queste si estrapola un momento, una storia, un luogo nel vicino futuro – prima nel 2037, poi nel 2046, nel 2059 fino al 2070. Fra gli attori incontriamo man mano Meryl Streep, David Schwimmer, Edward Norton, Marion Cotillard, Diane Lane. Alcuni personaggi li ritroviamo, altri li conosciamo che già sono morti ma di loro rimane la presenza digitale o una voce.
Come sarà il mondo e come saranno gli esseri umani nei prossimi decenni? Il mondo: caldo, inquinato, secco e allagato, irrespirabile, arido, spoglio, ancora più antropizzato e necessariamente digitalizzato per supplire ciò che si sarà perso. Gli umani invece, sembra dire Scott Z. Burns, sempre gli stessi.
If man is still alive…
Nel 2037, “if man is still alive”, ci sarà troppa plastica nel nostro sangue, nelle nostre placente, nei pochi neonati. Nessuno negherà il cambiamento climatico, ma chi sarà abbastanza anziano e benestante da poter scaricare sui propri figli le conseguenze peggiori, preferirà non mettere in discussione il proprio stile di vita. Ci sarà una sorta di Elon Musk convinto che il capitalismo, sebbene sia in parte causa del riscaldamento climatico, potrà esserne anche la cura. Si creeranno fantomatiche speranze per il futuro, facendo ricerca – per esempio – per riportare in vita specie già estinte, invece di adoprarsi per salvare quelle ancora vive. E si rinuncerà al presente. Insomma, niente di nuovo.
Come oggi, magari un rabbino ci ricorderà che “Bisogna prendere posizione. L’equidistanza aiuta l’oppressore, mai la vittima”, ma nonostante incendi e allagamenti, chi potrà fare davvero la differenza – se prenderà posizione – la prenderà dal lato sbagliato. A volte però un tricheco ucciderà con una zampata un capitalista pronto a sfruttare i ghiacci, e a noi spettatori verrà da sorridere molto al tricheco.
Giorni troppo caldi
Nel 2046 ci saranno giorni troppo caldi per uscire di casa, mentre nel 2059 in India e in Pakistan si potrà stare all’aperto solo di notte, perché il calore diurno sarà mortale.
Nel 2046, fra tutti i prevedibili passi avanti che avrà fatto la tecnologia (ologrammi al posto di Zoom e via dicendo), almeno un’invenzione bellissima ci sarà: sarà stato inventato un macchinario per tradurre il nostro linguaggio e quello di alcune specie animali più complesse, come le balene. E così una biologa potrà parlare con una megattera – l’ultima – e potranno raccontarsi i rispettivi mondi, starsi vicine, provare a proteggersi. È una delle scene più commoventi di tutta la serie: per proteggerla dall’avidità umana, la biologa cerca di spiegare alla balena cosa sia una menzogna, il “dire qualcosa che non c’è”. E aggiunge: “La nostra specie reagisce così alle difficoltà, mente”.
Miami sotto il livello del mare
Nel 2047 Miami comincerà a sparire sotto il livello del mare, e nemmeno i soldi dei miliardari potranno salvarla. Però come sempre alcuni se la caveranno meglio degli altri.
Nel 2059 qualcuno proverà a modificare la composizione chimica dell’atmosfera, pur di non cambiare stile di vita: nonostante tutto, non avremo imparato niente. Nel 2068 si useranno i crediti di carbonio come moneta di scambio, e qualche fortunato potrà cercare di digitalizzare la propria coscienza e metterla in pausa fino al giorno in cui la Terra si sarà ripresa e ci saranno di nuovo i tramonti, la pioggia e fiori di campo. Saranno così le liti di coppia, in una vigilia triste di capodanno: si alzerà la voce, sbatterà la porta e romperanno i piatti perché uno vuole digitalizzarsi e l’altro no. O almeno, questo verrà per i ricchi: gli altri non avranno piatti da rompere né potranno accedere a certe tecnologie.
Morti climatici
Nel 2070 si faranno processi per ecocidio, ma i potenti la spunteranno sempre, come è sempre stato. Ma magari saranno costretti a fare qualche concessione al pianeta e insieme alla rabbia si potrà avere un po’ di speranza (questo è forse l’unico appunto da fare ad Extrapolations: pensare che anche la migliore tecnologia possa servire a qualcosa senza cambiare sistema economico e di valori è un messaggio un po’ ambiguo, ma arriva dopo otto puntate che dicono il contrario quindi non è grave).
Aumenterà il calore, aumenteranno i morti e i migranti climatici. Sempre, i più ricchi se la caveranno molto meglio e tutti gli altri molto peggio. Ci saranno arie migliori e peggiori da respirare. Bombole per l’ossigeno o solo un fazzoletto da mettere davanti alla faccia. Per quanto la vita di tutti si faccia sempre più difficile, sembrerà sempre impossibile cambiare valori. Chi potrà cambiare le cose non vorrà farlo senza rinunciare ad arricchirsi di più, e così continuerà a peggiorarle.
Sempre ci saranno figli delusi dai loro genitori, con il poster di Extinction Rebellion sull’armadio, e come oggi ma con più amarezza chiederanno ai grandi: “Possibile che non ti accorgi nemmeno di quello che ti succede intorno?”. Sempre ci saranno i ribelli, quelli che con la resistenza o una canzone o un processo lotteranno contro quei valori che stanno inaridendo il mondo.
Fiori di campo
Anche il rapporto fra l’umano e la tecnologia sarà sempre lo stesso. Ce ne sarà sempre di più, se ne sarà dipendenti ma ce ne si lamenterà e in fondo si desidereranno davvero solo il contatto fisico – fra due corpi veri, presenti e vulnerabili – e dei fiori di campo.
In the year 2525, if man is still alive, l’umano sarà ancora un essere mostruoso capace di distruggere il pianeta in cui vive, di “prendere tutto ciò che questa vecchia terra può dare, e non restituire nulla in cambio”. E allo stesso tempo un essere bellissimo, delicato e resistente, arrabbiato, pieno di ideali, capace di trovare il bello anche quando sembra impossibile vederlo e di rischiare la propria vita per salvarne un’altra, dotato di un misterioso senso di giustizia, simile a quello di cui scriveva Simone Weil nella Persona e il Sacro ottant’anni fa o a quello di Antigone davanti a Creonte.
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