La camera punta in alto. Si intravedono un balcone e uno scorcio di finestra. A un certo punto, quando una voce chiama l’azione, viene avanti Luca Marinelli nei panni di Benito Mussolini. Guarda in strada, e sorride. Poi, quasi all’improvviso, fissa la camera e comincia a parlare direttamente con il pubblico. “Ho sempre amato i cani”, dice. La stessa voce di prima chiama lo stop, e Luca Marinelli torna indietro, all’interno.
In questa scena, c’è probabilmente tutta l’essenza di M. Il figlio del secolo, la serie di otto episodi diretta da Joe Wright (Atonement, Darkest Hour) e prodotta da Sky Studios e da Lorenzo Mieli per The Apartment Pictures, parte di Fremantle Group, in collaborazione con Pathé e Small Forward. Ci sono due parole che vengono usate insistentemente per descrivere questo progetto, “il più ambizioso e grande su cui stiamo lavorando”, secondo Nils Hartmann, EVP Sky Studios Italy & Germany. E queste due parole sono: tono e ritmo.
Raccontare Mussolini
Raccontare Mussolini oggi, soprattutto alla luce delle ultime elezioni e degli ultimi avvenimenti italiani, durante i quali più volte si è tornato a parlare di fascismo, è una scelta coraggiosa. Ed è esattamente così che ne parla Lorenzo Mieli. “Volevamo creare qualcosa di pericoloso e di divisivo come il tema e il personaggio di cui stiamo parlando. Mussolini aveva questa capacità incredibile di seduzione. Era carismatico. E noi abbiamo deciso di concentrarci proprio su questo aspetto, e di non girarci intorno. La storia che raccontiamo è vera. Ma per noi era importante anche mettere le persone nella posizione di capire questo personaggio e il suo fascino. Ed è rischioso, lo sappiamo. Soprattutto se parliamo di Mussolini e di fascismo. In un certo senso, Mussolini è come un attore”.
M. Il figlio del secolo è basato sull’omonimo libro di Antonio Scurati (Bompiani) ed è ambientato all’inizio della carriera di Mussolini, tra il 1919 e il 1925. Dalla sua ascesa all’assassinio di Giacomo Matteotti. La sceneggiatura è stata scritta da Stefano Bises (Gomorra – La serie, The New Pope, ZeroZeroZero) e da Davide Serino (1992, 1993, Esterno Notte). La regia è stata affidata a Joe Wright (Atonement, Pride & Prejudice, Darkest Hour), mentre il protagonista, Mussolini, è interpretato da Luca Marinelli (Le otto montagne, Martin Eden, Trust).
La storia e il presente
“Abbiamo opzionato il libro più o meno tre anni fa”, racconta Mieli. “Quindi abbiamo avuto molto tempo per dare forma a questo progetto. Il libro è stato importante per noi, perché ci ha dato informazioni essenziali e una documentazione attenta di quegli anni. Ma è anche un romanzo che prova a spiegare quello che quest’uomo ha fatto, dalla creazione del populismo al fascismo vero e proprio. Qualcosa con cui continuiamo a fare i conti ancora oggi. Con Stefano Bises e Davide Serino siamo partiti da qui, e quello che hanno provato a fare, secondo me, è stato tenere insieme questa storia e il nostro presente. Solo una volta che lo script è stato terminato, abbiamo deciso di contattare Joe Wright”.
Quella di Wright è stata una scelta naturale, spiega Mieli, innanzitutto per il lavoro che aveva già fatto con Darkest Hour. “Volevamo fare qualcosa di audace e di coraggioso”, ripete. “Non volevamo mostrare Mussolini in un biopic classico. Volevamo creare una serie di cui, poi, poter discutere. In parte per il personaggio che raccontiamo, e in parte per la rilevanza ha questo tema oggi. Sono molto felice del supporto, fin dall’inizio, di Sky e Pathé”.
Carta bianca a Joe Wright
“Joe ha aggiunto qualcosa che, molto probabilmente, un regista italiano non avrebbe potuto aggiungere”, sottolinea Hartmann. “Sia dal punto di vista tecnico sia dal punto di vista stilistico”. A Wright è stata data carta bianca. La stessa scelta di girare a Cinecittà, con cui Fremantle ha siglato un accordo quinquennale, è stata presa per rispondere a una sua esigenza. Sono stati ricostruiti interi quartieri, stanze d’albergo e redazioni di giornali. Ovunque c’è un’attenzione per i dettagli unica, quasi maniacale. Il tutto sostenuta e condita dalla fotografia di Seamus McGarvey. I comodini sono pieni di libri. Impilati sulle scrivanie ci sono vecchie copie di giornale. I marmi sembrano veri, e il pavimento stesso della suite in cui visse Mussolini è identico a quello originale. C’è una consistenza precisa nella ricostruzione delle scenografie, come sottolinea più volte il production designer Mauro Vanzati.
Per Ardavan Safaee, presidente di Pathé, M. Il figlio del secolo rappresenta una svolta importante: “un primo passo nel mondo nelle serie tv” per una compagnia che, negli anni, si è sempre contraddistinta per il suo lavoro nel cinema. Mentre Joe Wright è impegnato con le riprese di alcuni dettagli, come l’arrivo e la ripartenza delle auto, Sophie Muller, regista della seconda unità, è in studio e sta utilizzando il LED wall di Cinecittà, il secondo più grande d’Europa. Sta girando una scena sul poeta Gabriele D’Annunzio (interpretato da Paolo Pierobon). E nel frattempo, sullo sfondo, scorrono temi floreali, estremamente particolari e ricchi. Il direttore della fotografia, Paolo Carnera, già visto all’opera in Gomorra, riposiziona più volte la camera per seguire le direttive di Muller.
Accuratezza e libertà creativa
Quindi, da una parte, abbiamo una ricostruzione storica fedele, e dall’altra una libertà creativa e visiva totale. “Non abbiamo seguito la strada tradizionale di un drama in costume”, spiega Bises. “Abbiamo lavorato a lungo sul tono. Che sì, è fondamentalmente drammatico, ma che contiene anche alcuni elementi della commedia. Abbiamo deciso di far parlare Mussolini direttamente alla camera, in alcune scene. Perché Mussolini usava due linguaggi. Uno pubblico. E l’altro, decisamente più istintivo, privato”.
Al momento della nostra set visit, le riprese hanno superato i 94 giorni di durata. “Questa”, ammette Wright, “è la cosa più lunga che abbia mai girato. Abbiamo finito solo una parte della marcia su Roma. E probabilmente no, non è stato il set più grande. Ce ne sono stati molti altri di set grandi. Mi ricordo che a un certo punto, quando abbiamo cominciato a parlare di questa serie, Stefano (Bises, ndr) ha detto che è stato in questo periodo storico che le masse sono diventate protagoniste. E io ho immediatamente pensato: be’, sono tantissime comparse”. E Cinecittà, ora, ne è piena. “Sento una responsabilità”, continua Wright. “Sono consapevole della portata di questo racconto. Soprattutto perché parliamo di personaggi che non sono stati analizzati molto. Quando fai un film su Churchill o su Jane Austen, sai che ci sono stati tanti altri film su di loro”.
M., dal fascismo al populismo
M. Il figlio del secolo rappresenta un’occasione. Per esplorare il significato del fascismo e del populismo, cose di cui, ripetono tutti, continuiamo a parlare ancora oggi. Ma pure per presentare al pubblico un altro Mussolini. “La mia prima reazione quando mi è stato proposto questo ruolo è stata quella di scappare via”, ammette Luca Marinelli. “La seconda è stata quella di affidarmi agli altri, di vivere e guardare quello che facevamo senza sbilanciarmi. Non porto da solo questo peso; ne condivido una parte. Per me è stato importante leggere la sceneggiatura, che è accurata e scritta magnificamente. Mi sono sentito al sicuro tra le mani di Joe. Ovviamente, prima di iniziare, me la sono fatta sotto. Non vogliamo minimamente celebrare Mussolini. Era un criminale. Vogliamo, però, raccontare la sua storia e la persona che era, seguendo la visione di Joe. Tutti gli aggettivi che vengono usati su Mussolini – diavolo, mostro, pazzo – creano una distanza tra noi e lui. Sembrano quasi giustificarlo. E invece dobbiamo capire che è stato lui a decidere di fare quello che ha fatto, che è stato lui a seguire questo percorso e che per tutto il tempo era consapevole. Padrone di sé stesso”.
Non c’è mai stata una discussione sul protagonista, racconta Mieli. “Abbiamo sempre voluto un protagonista italiano, e Luca è stato la nostra prima scelta”. Un regista come Joe Wright, al contrario, rappresenta una possibilità. “Per parlare non solo a un pubblico italiano, ma per intercettare anche quello internazionale”, spiega Hartmann.
Il talento di Luca Marinelli
Il fascismo, dice Wright, “non è un tema solo in Italia. È ovunque, ed è questa la cosa veramente spaventosa. È questo il problema”. M. Il figlio del secolo prova a catturare l’essenza complicata e bivalente di Mussolini. Lo fa mostrandolo durante il suo percorso come giornalista, e lo fa mettendolo in scena nelle situazioni più diverse: con i suoi sottoposti e con la sua cerchia più stretta.
Si ricollega tutto alle due parole che abbiamo citato all’inizio: tono e ritmo. Gli sceneggiatori si sono impegnati a trovare il primo, e il secondo è stato ricreato, quasi artificialmente, da Joe Wright. “Metto sempre della musica; mi piace ricreare l’atmosfera della scena che stiamo per girare”. Il rapporto tra lui e Marinelli è stato, in questo senso, fondamentale. “Insieme a Gary Oldman, per me Luca è l’attore più naturalmente dotato che abbia mai incontrato”, assicura. “Ha sempre fatto quello che gli ho chiesto, e a volte di più. Ogni giorno mi sento travolto da quello che fa, e resto incollato ai monitor”.
“Per me”, dice Marinelli, “Joe è un maestro, e da lui ho imparato tantissime cose. Come la devozione per questo mestiere. Vederlo è stato come vedere un artista all’opera”.
La musica di M. Il figlio del secolo dovrebbe essere firmata dai The Chemical Brothers, e anche questo elemento, la musica, è importante. M. non è un classico drama; non ripercorre una strada già battuta dal cinema o dalla televisione. È un viaggio. “Volevamo mostrare il lato grottesco di questa tragedia”, dice Serino, co-sceneggiatore con Bises. “Non volevamo porci in una posizione giudicante con questa seria. E probabilmente il tono sarà una sorpresa”.
M. Il figlio del secolo arriverà in esclusiva su Sky, nei territori europei in cui è presente, nel 2024. Fremantle, invece, si occuperà della vendita dei diritti internazionali.
Una versione condensata ed editata di questo stesso articolo è stata precedentemente pubblicata su https://www.hollywoodreporter.com/.
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