Il primo Non ci resta che il crimine uscì nel 2019. In quell’occasione Marco Giallini, Gianmarco Tognazzi e Alessandro Gassmann si ritrovarono catapultati nel 1982, l’anno della Coppa del Mondo di calcio in Spagna in cui vinse l’Italia. L’epoca d’oro della banda della Magliana, nel cui giro criminoso entrano i protagonisti Moreno, Sebastiano e Renatino e che nel 2021 li ritrova nel sequel Ritorno al crimine.
È invece del 2022 il finale della trilogia aperta da Bruno, C’era una volta il crimine, in cui il personaggio di Gassmann viene sostituito dal Claudio Ranieri di Giampaolo Morelli e che vede la storia ambientata pochi giorni prima dell’8 settembre 1943, con il gruppo intento a rubare la Gioconda.
Le avventure del trio non sono però finite con l’esperienza cinematografica, a cui si è andata ad aggiungere la versione seriale, disponibile dal 1 dicembre su Sky e NOW. Stavolta Giallini, Tognazzi e Morelli faranno avanti e indietro tra passato e presente, catapultati negli anni settanta per trovare la vera madre del personaggio di Renatino. I protagonisti si ritroveranno coinvolti nelle lotte studentesche e nelle azioni della destra eversiva del Golpe Borghese. A dirigere la serie tv, oltre a Massimiliano Bruno, anche Alessio Maria Federici (Terapia di coppia per amanti, Generazione 56k, (Im)perfetti criminali).
Immersi in un’attenta ricostruzione degli anni settanta, Gianmarco Tognazzi e Giampaolo Morelli riflettono su cosa avrebbero voluto vivere degli anni in cui sono nati e in quale altro periodo gli piacerebbe viaggiare con Non ci resta che il crimine. Di sovversivo, però, non sembrerebbe esserci nulla nella serie originale Sky, nonostante i temi politici che va a raffigurare: “È solo intrattenimento”.
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