“Abbiamo saputo da poco degli ascolti. È sempre un piacere avere questo tipo di successo. Il pubblico ha gradito, sono molto contenta”. Dall’altra parte della cornetta Martina Stella, protagonista su Rai Uno de La lunga notte – La caduta del Duce, la serie diretta da Giacomo Campiotti in cui vengono raccontate le tre settimane precedenti la notte tra il 24 e il 25 luglio 1943, quando si svolse l’ultima riunione del gran consiglio del fascismo che sancì la fine del regime. L’attrice interpreta Claretta Petacci, amante di Benito Mussolini. Un ruolo inedito per il quale si è a lungo documentata.
“La cosa che mi ha incuriosito è il fatto che nessuno avesse davvero capito la sua complessità emotiva”, racconta a THR Roma Stella. “È stato interessante attraversare le ombre, anche psicologiche, di questo personaggio. E quindi la sua complessità”. L’attrice, attualmente su Prime Video con la commedia Bang Bank – L’occasione fa l’uomo morto, sarà protagonista, dal 25 febbraio, della sesta stagione di Illuminate in cui ripercorre il percorso professionale e umano di Nilla Pizzi. “Una donna che è andata sempre controcorrente per gli anni in cui è vissuta”.
È tra i protagonisti de La lunga notte con un ruolo per niente facile, sia da un punto di vista storico che interpretativo. Com’è andata?
È stato bellissimo tornare a lavorare con Giacomo Campiotti, che è un regista con cui avevo già lavorato in passato (nella serie L’amore e la guerra, ndr) e che mi ha affidato questo ruolo così complesso. Per me è stata anche una sfida. Il film è molto corale, c’è un cast pazzesco e il personaggio è quello di una donna che è entrata nell’immaginario collettivo. Però, documentandomi su di lei – credo di aver letto un po’ tutti i libri possibili su Claretta – viene sempre fuori l’immagine di una donna diversa. Ognuno racconta una Claretta differente. Chi la descrive come una ragazzina innamorata e devota che è pronta a tutto per amore e chi, invece, la racconta in modo più oscuro, addirittura definendola un’arrampicatrice sociale, una spia che ha preso parte a scelte politiche, essendo anche un po’ la consigliera del Duce.
Cos’ha trovato più interessante?
La cosa che mi ha incuriosito è il fatto che nessuno avesse davvero capito la sua complessità emotiva femminile, così particolare. Una donna che, fin da piccola, cresce nel mito del Duce, che si ritrova a essere la sua amante, che si propone a lui – e quindi anche molto moderna per l’epoca – vivendo un rapporto totalizzante, complesso, privo di confini, pericoloso. Anche perché molto sbilanciato con Mussolini che le dà delle conferme e poi subito le ritratta. È come se fosse sempre in bilico a livello emotivo, tra equilibrio e follia. Siamo andati a lavorare in quei confini lì, raccontando anche gli schemi familiari dei Petacci, con una madre molto dominante.
L’ha spaventata l’idea di interpretare un personaggio così legato a una pagina molto dolorosa e buia della nostra storia?
Sì. Ripeto, è stata una sfida. Però, allo stesso tempo, mi ha affascinato proprio per questo. È stato interessante attraversare le ombre, anche psicologiche, di questo personaggio. E quindi la sua complessità nell’oscurità. Sono stata aiutata tantissimo da Campiotti ma anche da un Duccio Camerini fantastico nei panni di Mussolini. Insieme abbiamo lavorato sulle ombre ma anche sull’emotività di questo rapporto tra loro due.
La serie racconta le ultime ore del fascismo. Viviamo in un periodo storico fatto di estremismi politici. Crede che racconti come questi siano necessari per il pubblico?
La serie racconta le tre settimane precedenti alla notte tra il 24 e il 25 luglio 1943 quando c’è stato il gran consiglio del fascismo con gerarchi fascisti da sempre fedelissimi a Mussolini come Dino Grandi, Giuseppe Bottai che porteranno alla caduta del Duce. Ovviamente conoscevo la storia. Però non sapevo nei particolari come si sono vissute quelle ore. Nel film si ha anche la possibilità di entrare nell’intimo di questi grandi personaggi storici. Credo sia importante vederlo anche per le nuove generazioni.
Racconta una parte della nostra storia ma ci sono personaggi di fantasia – dei ragazzi – che iniziano a ribellarsi al regime fascista, a voler rompere gli schemi, a non voler ricadere negli errori dei padri. Ho una figlia preadolescente e penso sia importante conoscere e ricordare queste storie perché ci danno la possibilità di conoscere una parte della nostro passato. Per quanto riguarda l’attualità, invece, si vedono immagini da scenari di guerra terribili nel mondo. È ancor più importante ricordare quello che è stato.
La lunga notte è stata definita da alcuni come il prodotto della “Rai meloniana”. Ha seguito la polemica?
Credo sia stata una polemica inutile. Chi ha visto la serie lo può capire. Come dicevo prima, credo sia importante raccontare queste storie, tenere viva la memoria.
Nel giorno della sua scomparsa ha condiviso su Instagram una foto con Sandra Milo e Vincenzo Salemme sul set di Prima di lunedì. Che ricordo conserva di lei?
Ho avuto l’onore di lavorare con una magnifica attrice e donna. Ma anche una mamma eccezionale. Di quel set ricordo tantissime risate. Ho condiviso una scena nelle storie del mio account. L’avevamo girata in tarda notte, Sandra continuava ad improvvisare. Non riuscivamo a portare a termine il ciak per le risate. Era veramente straordinaria la sua ironia, qualcosa di unico. Mi ha raccontato tantissimi aneddoti sulla sua carriera. Ma è sempre rimasta anche molto una mamma. Per lei i figli erano tutto.
Sandra Milo è riuscita a cavalcare lo stereotipo che le avevano cucito addosso della donna un po’ bambina. Non ne era schiacciata. Anche lei si è sentita etichettata nel corso della sua carriera?
Non mi posso paragonare in nessun modo a Sandra. Lei era unica, il suo percorso lavorativo e umano straordinari. Credo sia rimasta veramente sempre bambina. Ho avuto l’impressione di confrontarmi con un animo giovane. Penso che la sua ironia, curiosità e innocenza l’abbiano portata ad uscire da qualsiasi stereotipo, a far suo qualsiasi ruolo. Per quanto riguarda me, l’etichetta è un qualcosa un po’ di inevitabile. Però poi sta anche alle nostre scelte professionali e al nostro modo di gestire le cose riuscire ad uscirne.
Ha debuttato giovanissima con un film, L’ultimo bacio di Gabriele Muccino, diventato un cult. Ha sentito una responsabilità, dopo quell’esperienza, nel dover mantenere un certo livello professionale?
Mi è capitata una grandissima possibilità quando non avevo neanche 16 anni. Ero totalmente inesperta. Ho iniziato a studiare recitazione giovanissima, a otto anni. Ma ovviamente non avevo una preparazione tecnica all’altezza o un bagaglio di esperienze di vita. Ho vissuto il film come una grande opportunità, anche molto fortunata, e ho sempre cercato di migliorare come artista. Crescendo ho avuto la possibilità di lavorare con grandissimi autori al cinema, da Gabriele Salvatores e Pappi Corsicato, e in teatro con Pietro Garinei. Grazie a loro ho cercato di formarmi, crescere. La responsabilità l’ho sentita nel senso che ho sempre cercato di fare il meglio. Ero molto giovane e consapevole dei miei limiti, dettati anche dall’età. Però lo vivevo sia con spirito di sacrificio che con un po’ di leggerezza, senza sentirmi troppo pressata.
Farà parte della nuova stagione di Illuminate dove racconterà il percorso artistico e privato di Nilla Pizzi. Com’è stato calarsi in un ruolo così inedito e che tipo di donna ha scoperto?
Ho sempre seguito il programma che apprezzo per la grande qualità e il saper raccontare la vita di grandissime donne. Per quanto riguarda Nilla Pizzi, la conoscevo come artista ma non ero al corrente di tutti i passaggi della sua vita. Nel programma intervisto varie persone, dai parenti fino ad un suo grandissimo fan. Grazie anche alle loro voci ho avuto modo di scoprire tanti aspetti di Nilla che non conoscevo, come la sua modernità. Una donna che è andata sempre controcorrente per gli anni in cui è vissuta. Una grandissima lavoratrice che dalla provincia è riuscita a viaggiare in tutto il mondo e a cantare con Frank Sinatra.
Una donna che è andata contro gli schemi dedicando la sua vita alla musica e al lavoro, scegliendo di separarsi dal marito e di non avere figli in un momento storico in cui tutto questo era inusuale. Nonostante nell’immaginario si abbia sempre l’impressione di una donna solare, ho avuto modo di scavare anche nelle ombre. È una donna che, da un certo punto in poi, è diventata anche imprenditrice aprendo un locale a Buenos Aires. Ha fatto una vita straordinaria per l’epoca e ha costruito tutto da sola con un grandissimo coraggio.
Ha avuto modo di lavorare in produzioni internazionali come Nine e Ocean’s Twelve.
Ho fatto dei ruoli veramente piccolissimi, delle semi-apparizioni (ride, ndr). Però è stata un’esperienza interessante proprio per questo, perché mi sono ritrovata in situazioni anche un po’ surreali. Ero accanto ad attori che ho sempre ammirato, degli idoli. Soltanto l’idea di stare in scena con loro, dire mezza battuta, mi faceva tremare. Ma, allo stesso tempo, mi ha emozionato tantissimo passare del tempo insieme, su quei set così grandi e ricchi. Così diversi dai nostri. Mi ha lasciato un bellissimo ricordo. Ma non ho mai pensato di fare chissà che cosa all’estero.
Come mai?
Nonostante mi sia applicata tantissimo, ho sempre sentito molto forte il problema della lingua. Non è assolutamente semplice.
Cosa vorrebbe per il suo futuro professionale?
Quello che mi auguro – anche se ovviamente è sempre una concatenazione di circostanze che ti portano a realizzare i tuoi obiettivi – spero di continuare per questa strada. Adesso sono su Prime Video con una commedia, Bang Bank – L’occasione fa l’uomo morto. Un piccolo film che ha avuto un successo pazzesco – anche un po’ inaspettato – di pubblico e di critica. Allo stesso tempo sono sul Rai1 in un film con un grande regista e un cast meraviglioso e con un ruolo molto differente da quelli che ho interpretato in passato. Mi auguro di poter sempre diversificare in questo senso, di avere la possibilità di far vedere anche altri lati di me e del mio materiale emotivo, di poter raccontare storie dove ci sono donne in conflitto, vulnerabili. E, contemporaneamente, poter affrontare temi più leggeri, fare commedia.
Ci sono film o serie che ha visto recentemente che l’hanno colpita?
Non ho molto tempo perché ho due figli, di età completamente diverse, con orari e impegni totalmente diversi. Una ha 11 anni, l’altro 2. È un momento proprio complesso (ride, ndr). Ma tra le serie mi è piaciuta tantissimo Skam, fin dalla prima stagione. Ho trovato dei giovani attori e sceneggiature molto interessanti. Stessa cosa per Mare fuori. Prodotti italiani girati e interpretati bene. È sempre affascinante vedere come vengono raccontate le nuove generazioni e le storie a loro dedicate. Ovviamente seguo anche i grandi maestri, da Paolo Sorrentino a Gabriele Muccino. Ma quelle storie mi hanno davvero colpita.
Com’è il suo rapporto con la stampa? C’è qualcosa che vorrebbe cambiare del modo in cui viene raccontata?
Quando si fa un’intervista è sempre difficile. A volte la conversazione è lunghissima, magari si sta anche un’ora a parlare del personaggio a cui si tiene tantissimo e al quale abbiamo lavorato tanti mesi. E poi non viene neanche menzionato. Vengono fuori altre domande che magari hanno avuto un peso minore durante la chiacchierata. Però devo dire la verità: non mi sono mai lamentata e mai mi lamenterò del mio rapporto con la stampa. Sono sempre stata una ragazza con i piedi per terra e mi sono sempre resa conto che quell’attenzione è positiva. È ovvio che mi auguro di incontrare sempre giornalisti che riescono a capire e vorrei che venisse fuori sempre di più il mio lavoro. Anche se mi rendo conto che ancora oggi ci può essere curiosità per la mia vita privata, cerco sempre, con un pizzico di ironia, di portarli nella direzione che mi interessa. Non sempre ci riesco effettivamente, però non me la vivo male.
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