Serie tv, dopo Il Camorrista, Giuseppe Tornatore non ne ha più fatte.
Anche perché per far vedere al pubblico la prima – girata contemporaneamente al suo film omonimo del 1985, per volere del visionario produttore Goffredo Lombardo – ci sono voluti quasi 40 anni. E almeno due querele. A ripercorrere il mistero della clamorosa serie scomparsa, vista alla Festa del Cinema di Roma e presto distribuita in quattro episodi da circa 55 minuti l’uno, è lo stesso Tornatore.
“Girammo il film e la serie insieme. Erano proprio due sceneggiature diverse, ma con gli stessi attori. Un’esperienza anomala per quei tempi, ma ero preso dalla passione. Se Goffredo mi avesse chiesto anche di girare 100 puntate le avrei fatte”. Tornatore, va ricordato, a quel tempo aveva 30 anni, e per farsi produrre il primo film – ricordano ancora in Titanus – tampinava letteralmente Lombardo davanti al portone della casa di produzione romana, pur di ottenere una possibilità.
Il cinema è morto (e la serie è sparita)
Lombardo, che già allora vedeva nella serialità un’alternativa economicamente valida al cinema (“Il cinema morirà”, pare gli disse), accettò. “Il film uscì ed ebbe un’ottima accoglienza di critica, ci fu anche una proiezione a Montecitorio con un gruppo di parlamentari. Ma dopo l’uscita arrivò la prima querela, da Enzo Tortora: gli avevano detto che il film conteneva un’allusione alla sua storia (condannato ingiustamente nel 1985 per associazione camorristica, l’innocenza del popolare conduttore fu riconosciuta solo nel 1986, ndr) ma non era vero. E infatti dopo pochi giorni la ritirò”.
Poi, però, di querela ne arrivò una più pesante: quella di Raffaele Cutolo, il mafioso la cui biografia aveva ispirato il romanzo di Giuseppe Marrazzo alla base del film, e della serie, interpretato da Ben Gazzarra. In sala da alcune settimane, e ormai in fase calante al box office, Il Camorrista venne ritirato: Lombardo, che aveva intuito il potenziale esplosivo dell’opera (sua l’idea del “disclaimer” all’inizio) “ci rimase male. Dopo nove anni di udienze il tribunale ci ha assolti, ma le querele furono la pietra tombale della serie, che a quel punto sparì. La serie e il film, dal punto di vista giuridico, sono opere diverse: mandandola in onda si rischiava un’altra querela. Poi le puntate andarono smarrite. O almeno così mi dissero. Ufficialmente”.
Lo stesso Cutolo si espresse pubblicamente sul film di Tornatore: “Mi dispiace solo che questo film l’abbia dovuto girare un siciliano”, disse ai giornalisti, dal carcere. Lombardo diede allora un ultimo consiglio al regista: “Stai attento”. Cutolo è morto nel 2021, dopo 50 anni di carcere.
La polemica, di nuovo
Anche adesso che la serie è stata “ritrovata” negli archivi proprio dal figlio di Lombardo, Guido, ed è pronta per tornare (Mediaset è, con Titanus, tra i produttori: per la distribuzione sarebbe interessata anche “una piattaforma”), il suo contenuto non smette di dividere: tra i detrattori c’è lo stesso Claudio Salvia, figlio di Giuseppe, il vicedirettore del carcere di Poggioreale ucciso nel 1981 dagli uomini di Cutolo, che l’ha definita “un insulto. Stimo il regista Tornatore – ha detto una settimana fa al quotidiano La Repubblica – ma perché riportare alla luce un carnefice e non raccontare il coraggio di tanti uomini dello Stato?”.
Conciliante Tornatore: “Condivido il sentimento che emerge dalle sue dichiarazioni, mi sento in linea col suo dolore e sono solidale con le vittime della criminalità. Ma il film e la serie nascono come atto di denuncia: parlare di mafia sul grande schermo contribuisce alla lotta, accrescendo la consapevolezza del fenomeno. Tutto si può dire tranne che Il Camorrista sia un insulto alle vittime della camorra. Non lo riconosco e non lo accetto”.
Fatto sta che da allora, Tornatore, di serie tv non ne ha più fatte. “Ci sono andato vicino un paio di volte, poi non se ne è fatto nulla. Non ho pregiudizi, non sono ossessionato dalle serie ma le vedo: la prima di True Detective, La regina degli scacchi, Shtisel. Ma non riesco a stare dietro a tutto”.
Le IA, un’idea “scabrosa”
Al momento Tornatore è al lavoro su un nuovo film, di cui non vuole parlare (“Troppo presto”). Ma non sembra particolarmente turbato dalle inquietudini che attraversano il cinema italiano, con lo spettro dei tagli ai fondi ventilati dal ministro Gennaro Sangiuliano: “Sono d’accordo con Marco Bellocchio quando dice che il cinema ha bisogno di risorse, perché viviamo un’epoca di grande energia e creatività. Ma ogni volta che nel paese c’è stato un cambio di governo, ci sono state ripercussioni su tutto. Ci può dispiacere, certo. Mi può colpire che si decapiti per esempio la dirigenza di un ente, prima che scada il suo mandato. È una caduta di stile. Ma io mi fido della cultura, la cultura vince sempre”.
Oscar nel 1990 al miglior film straniero con Nuovo Cinema Paradiso, il regista guarda con interesse oltreoceano, ammettendo di seguire con attenzione l’evolversi degli scioperi hollywoodiani. “Il cinema americano è più svelto. Hanno intuito il problema e lo stanno affrontando. Il coinvolgimento delle intelligenze artificiali nella creatività? Lo trovo scabroso. Si tratta di un mezzo straordinario, certamente. Ma anche la dinamite, che è stata inventata per scavare le gallerie, serve a far saltare in aria la gente”.
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