C’è una sequenza nel quinto episodio della terza stagione de La fantastica Signora Maisel, O il cabaret o il cavolo, che racchiude tutto il talento di Amy Sherman-Palladino. In scena ci sono la protagonista della serie, la stand up comedian Midge Maisel (Rachel Brosnahan) e il comico Lenny Bruce (Luke Kirby, protagonista del suo prossimo progetto, Étoile, una serie sul mondo della danza).
Poco più di due minuti di una bellezza, sensualità e raffinatezza tali da restare sbalorditi. I due si fissano e si stuzzicano seduti al tavolino di un night club degli anni Cinquanta. Sono illuminati dalla luce rossa del locale e avvolti dalle note di musiche sognanti. Nulla, neanche i posacenere o la scelta di piccoli bouquet di fiori sul tavolo, è lasciato al caso. Ogni dettaglio è orchestrato alla perfezione. Il ritmo di quella sequenza – letteralmente indimenticabile – è tutto nella scrittura e nella regia (oltre che nella performance di una coppia di attori fuoriclasse). E dietro a entrambe c’è lei: la fantastica Signora Palladino.
Quattro minuti, l’addio di Midge e Palladino
La quinta e ultima stagione del suo show si è appena conclusa con un episodio, Quattro minuti, reso disponibile su Prime Video. Un capitolo finale composto da nove puntate. Amaro a tratti, tenero in altri e spesso commovente. Un’uscita di scena di quelle impeccabili in cui sembra di sentire gli applausi a scena aperta (e qualche singhiozzo, inevitabile, dato dalle lacrime). E Amy Sherman-Palladino – insieme al cast e alla troupe di Mrs. Maisel – quegli applausi se li è meritati davvero tutti.
Attraverso Midge Maisel, casalinga ebrea dell’Upper West Side di fine anni Cinquanta scaricata dal marito per la segretaria, la sceneggiatrice e regista ha un’intuizione. Una di quelle vincenti. La sua Midge, dopo una sbronza colossale, si ritrova sul palco del Gaslight Cafè, locale del Greenwich Village. Dopo aver preso in mano un microfono, la sua vita (e anche un po’ quella di noi spettatori che l’abbiamo vista evolversi nel corso di cinque stagioni) cambia per sempre.
Alcool, arresti e stand up comedy
La casalinga tutta famiglia e figli scopre di saper far ridere e che stare sul palco illuminata da un occhio di bue le piace tanto quanto sentire le risate del pubblico che si sbellica alle sue battute. Riflessioni pungenti per lo più incentrate sui disastri della sua vita privata. In quella notte fatta di epifanie, alcool ed arresti Midge Maisel scopre la sua vocazione: diventare una stand up comedian.
Ad aiutarla nella sua impresa fatta di ingaggi nei peggiori locali di New York – necessari per farsi le ossa – ci pensa Susie Myerson (Alex Borstein), manager dal temperamento scontroso con la quale Midge forma un duo agli antipodi – per aspetto e attitudine – ma legato da una profonda amicizia capace di attraversare decadi e litigate feroci.
L’ambizione non è un peccato
“Dicono che l’ambizione renda una dona meno attraente”. Ecco, Midge Maisel è ambiziosa e non se ne vergogna. Sogna fama, serate sui palchi più prestigiosi del mondo, successo. E non aspetta che sia un uomo (intimorito che la sua bravura possa metterlo in ombra) a dirle quando può o non può parlare. Neanche se si chiama Gordon Ford e conduce uno degli show più popolari in tv. “Essere codardi fa tenerezza solo nel Mago di Oz”. E allora tanto vale rischiare di mandare tutto all’aria, impugnare un microfono ed essere ascoltate.
Bellissima, con un guardaroba da fare invidia a Liz Taylor e Audrey Hepburn messe insieme, intelligente, audace, sessualmente libera, indipendente. Per certi uomini Midge Maisel è la personificazione di ogni loro peggior incubo. Per le donne un modello a cui aspirare, tra l’adorazione e un pizzico di invidia (sì, per quel guardaroba). Senza dimenticare che il suo essere madre e volere ardentemente una carriera non fa di lei un mostro.
Le donne raccontate da Amy Sherman-Palladino
Negli ultimi anni – e a ragione – si è parlato molto di come la rappresentazione femminile nel cinema e nella serialità sia cambiata. Spesso si cita di Phoebe Waller-Bridge e la sua Fleabag come esempio di personaggio spartiacque che ha rivoluzionato il modo – molto più verosimile e sfaccettato – di raccontare le donne. Alla lista potremmo aggiungere un altro talento inglese, Michaela Coel e la sua I May Destroy You. Ma una parte di noi sa che tutto è iniziato molto prima, quando le piattaforme non esistevano, le serie tv non erano così numerose e la varietà di modelli narrativi era – a dir poco – dimezzata.
Se volessimo essere estremamente precisi potremmo citare addirittura la data corretta: 5 ottobre 2000. Quel giorno su The WB andò in onda il primo episodio di Gilmore Girls (Una mamma per amica, che da noi arrivò il 15 luglio del 2002), comedy drama ideato da Amy Sherman-Palladino. Al centro della storia una madre, Lorelai (Lauren Graham), e la figlia adolescente Rory (Alexis Bledel).
Una serie che – senza esagerazione – ad oltre vent’anni dalla sua prima messa in onda, continua ad influenzare generazioni di spettatrici. Anche qui il tocco della Palladino è inconfondibile. Anzi, sarebbe meglio dire il contrario. Ne La fantastica Signora Maisel è possibile rintracciare molti temi e caratteristiche tipiche dello stile della sceneggiatrice e regista che abbiamo imparato a conoscere e ad amare grazie a Una mamma per amica. Una su tutte? La parlantina fulminea delle sue protagoniste, ovviamente. Che poi è la stessa di Amy Sherman-Palladino. Una che pensa ad un ritmo ancor più veloce e sta una spanna avanti a tutti.
Lorelai, Rory e Midge: una questione di sogni
Entrambe le serie parlano di donne e dei loro sogni. Lorelai, ex ragazza madre che si è rimboccata le maniche tra una poppata e l’altra, vuole aprire un albergo tutto suo, Rory, ragazzina intelligente e posata desidera andare ad Harvard (anche se poi finirà sui banchi di Yale) e diventare giornalista, Midge vuole trasformarsi nella più grande stand up comedian in circolazione. Palladino ce ne racconta aspirazioni e cadute, impegno e fallimenti. In mezzo c’è la vita. Sempre caotica, in movimento. Come se fosse impostata ad una velocità aumentata.
È una strada in salita la loro. Come lo è stata, lo è e, c’è da scommetterci, lo sarà per tutte le noi passate, presenti e future. Ma Amy Sherman-Palladino ci ha mostrato che con l’impegno costante e il sudore della fronte tutto quello che desideriamo può diventare realtà. Non è magia, non è fortuna, non è il nostro aspetto gradevole. Possiamo ottenere quello che vogliamo – e infrangere il soffitto di cristallo – grazie al nostro lavoro, alla nostra dedizione e alla nostra ambizione. Bisogna solo coltivarla e non averne paura. E se non vogliono ascoltare la nostra voce, quel microfono ce lo andremo a prendere da sole. Senza autorizzazione. E senza mai dimenticare la regola fondamentale: “Tits up”.
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