La notte del 7 gennaio 2024, a Los Angeles, precisamente al Beverly Hills Hotel a Beverly Hills, California, Lily Gladstone vinceva il Golden Globes per la migliore attrice drammatica per Killers of the Flowers Moon di Martin Scorsese. È la prima interprete nativo americana a cui viene consegnato il riconoscimento, segnando un punto di svolta nella storia di una minoranza e di un mondo – in questo caso dell’industria cinematografica e seriale – che sta cambiando.
Nel suo piccolo lo aveva già fatto Reservation Dogs, serie originale di Taika Waititi e Sterlin Harjo, che ha portato il pubblico del piccolo schermo fin nella comunità di famiglie della riserva delle zone rurali dell’Oklahoma. Lo show si è concluso dopo la terza stagione, e sebbene non abbia mai ricevuto riconoscimenti altisonanti (conta comunque un paio di premi agli Independent Spirit Awards), è sempre stata accompagnata da un’ottima ricezione, soprattutto critica.
Sebbene messi a confronto con una marea di prodotti internazionali standardizzati e incentrati su personaggi non appartenenti a delle minoranze, e rendendosi conto che si tratta solamente di due gocce in un oceano più vasto, sia un volto come Lily Gladstone che una serie come Reservation Dogs hanno fatto più di quanto Echo, un oggetto ancora più mainstream e (in linea teorica) di largo pubblico, avrebbe potuto.
Primo prodotto seriale del 2024 dei Marvel Studios – sulla piattaforma di Disney+ dal 10 gennaio con tutte e cinque le sue puntate – il racconto a episodi del personaggio di Maya Lopez, interpretato da Alaqua Cox, è meno interessante e approfondito di quanto lo fosse quando era soltanto la villain di Hawkeye.
Echo: il vietato ai minori non basta per elettrizzare il pubblico
Sordomuta e con una protesi di metallo al posto di una gamba, la Maya/Echo della serie con Jeremy Renner era spietata, letale, cattivissima. Aggiungeva un pizzico di violenza alla leziosità di uno show nato per essere natalizio e venir fruito sotto le feste, a cui la neofita Marvel Spotlight – etichetta riservata a personaggi non legati necessariamente al MCU e per un pubblico più adulto – ha voluto affidare la prima serie della sua divisione.
Ma tutta la brutalità, l’uccidere con slancio il nemico, far parte di una rete criminosa intransigente, si sono ridotti a un melò sgraziato e francamente insignificante. Un ritorno a casa di Maya, col carico dei silenzi e dei rancori dei vari parenti, in cui la protagonista cerca di scoprire chi e cosa si cela dietro la morte del padre, sfuggendo da un boss del passato.
Echo ha la brutta patina da film di inizio anni Duemila (sigla compresa), dei conflitti che non si capiscono bene da cosa sono generati, dialoghi che girano intorno a vuoto, e una ricerca delle origini della protagonista e della sua famiglia talmente retorica da essere più un oltraggio che un omaggio. Il prologo di ogni puntata usa degli escamotage scontati, mentre il resto della storia vortica su se stessa, priva di sufficienti elementi narrativi.
Ah, però c’è Kingpin, allora tutto è a posto (no, non lo è, e anche con i cameo lo spettatore non sa più che farci). Una protagonista il cui portato, significato e la sua importanza vengono schiacciati da un prodotto troppo pigro per darle un racconto che sia autentico, personale.
Basterebbe anche solo ragionato, che affondi adeguatamente nelle sue radici e non utilizzi il “vietato ai minori” solo per dare qualcosa alla Marvel da sbandierare. Che poi, anche le tanto sanguinose scene d’azione, non sono furiose o brutali per niente, anche quando c’è di mezzo Daredevil (di cui Echo è il prequel che ne anticipa il debutto stand-alone in casa Feige).
Cinque puntate sarebbero bastate a dare dignità e spessore a un personaggio. E invece già dopo la prima è chiaro che Echo è un riempitivo, un tentativo in cui non credere troppo, un investimento sbagliato che non dà lustro né a sé, né alla protagonista, né alle comunità che vorrebbe mettere in luce. Botte vuote e corse in moto a perdere tempo. Il nulla assoluto con cui comincia il 2024 Marvel. Almeno sappiamo che non può che andare meglio.
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