Questo articolo contiene spoiler su Monarch: Legacy of Monsters, secondo episodio, L’inizio del viaggio.
Finora Matt Shakman non aveva mai accostato le esperienze in Monarch: Legacy of Monsters e WandaVision. In entrambi i casi, il regista, molto richiesto, ha dovuto trasformare per la prima volta in serie televisive dei franchise di film di successo. Ed esplorare quindi qualcosa di già accaduto da un nuovo punto di vista. In realtà all’inizio WandaVision, prodotta dai Marvel Studios, doveva uscire dopo The Falcon and the Winter Soldier, ma poi c’era bisogno di nuove riprese, e così la serie è diventata la prima dei Marvel Studios su Disney+.
Di certo, assicura Shakman, l’esperienza nel Marvel Cinematic Universe gli è stata utile per Monarch: sapeva già come raccontare le storie intime dei personaggi all’interno dell’ampia portata del MonsterVerse guidato da Godzilla e Kong.
“Lavorando su WandaVision, ho imparato moltissimo della dimensione personale di un quadro più grande”, racconta il regista a The Hollywood Reporter. “Una delle cose che ho amato di più di WandaVision è che era una storia sul lutto, la domanda era se si potesse mai superare davvero una perdita’. E Monarch: Legacy of Monsters, creato magnificamente da Matt Fraction e Chris Black, è molto simile”.
Shakman ha ricevuto una spinta nella sua carriera soprattutto grazie ai suoi episodi di spicco nella settima stagione de Il Trono di Spade, entrambi caratterizzati da famose sequenze di draghi. Per pura coincidenza, alla fine del secondo episodio di Monarch, a Shakman è stato dato il compito di far entrare in scena proprio un drago, una figura di terrore per i personaggi che si trovano sul suo cammino.
“Tutto questo parla di meraviglia, che è forse la cosa che amo di più dei film”, dice Shakman. “È quello che amo di Spielberg, Kubrick e Nolan, e questo senso di meraviglia è stupore, mistero e paura insieme. Il Trono di Spade ha sicuramente catturato molti momenti di questo tipo e speriamo di essere riusciti a regalarne alcuni anche in Monarch: Legacy of Monsters“.
Intanto Shakman sta sviluppando l’atteso film dei Marvel Studios sui Fantastici Quattro e, da quando ha iniziato a lavorarci, nell’agosto del 2022, le voci sul casting si sono rincorse per mesi. Gli stessi mesi dello sciopero del sindacato degli attori statunitensi SAG-AFTRA, oggi risolto, per cui anche le conferme e le smentite sui casting tardavano ad arrivare. Tuttavia, da quando Shakman ha parlato con THR per questo articolo, Pedro Pascal, il cui nome non era ancora entrato a far parte della rosa dei possibili attori del film, è entrato in trattative per il ruolo del Dr. Reed Richards/Mister Fantastic.
“Capisco lo sfinimento che provocano le voci su internet, ma in un certo senso le celebro anche, perché sono un grande fan dei Fantastici Quattro”, dice Shakman. “Ho sicuramente passato del tempo a chiedermi chi avrebbe dovuto interpretarli prima di ricevere il compito di essere la persona che li avrebbe scritturati, quindi capisco l’interesse e lo sostengo”.
Allora, Monarch: Legacy of Monsters e WandaVision erano imprese simili. Si trattava di portare in televisione due franchise cinematografici, anche se all’inizio WandaVision non era destinata a essere la prima serie dei Marvel Studios. In entrambi i casi, ha dovuto dimostrare una nuova prospettiva su eventi esistenti. Quindi la sua esperienza con WandaVision le è servita per questa serie?
È una prospettiva molto interessante. Non ci avevo mai pensato prima. Rido perché le due serie, per me, sono così diverse. Una è una serie sulle sitcom, sul lutto e tutto il resto. Ma amo Godzilla nello stesso modo in cui ho amato i fumetti della Marvel fin da quando ero bambino. Sono cresciuto guardando i film di Godzilla dei Toho Studios con mio padre sul divano a Ventura, in California. Ma lavorando su WandaVision, ho imparato moltissimo sul raccontare storie personali all’interno di un quadro molto più grande. Una delle cose che ho amato di più di WandaVision è che era una storia sul lutto, la domanda era: “Si può mai superare davvero una perdita?”. E Monarch: Legacy of Monsters, creato magnificamente da Matt Fraction e Chris Black, è simile nella tematica.
Si tratta di drammi familiari multigenerazionali, traumi, segreti e misteri, e noi seguiamo tutti questi diversi filoni emotivi e vediamo come iniziano a sovrapporsi e a influenzarsi a vicenda. È un modo interessante di raccontare una storia per il MonsterVerse, che adoro. Adoro vedere Godzilla e King Kong combattere nel cielo, è fantastico. Ma questa serie è molto incentrata su come ci si sente quando si è a terra e si guarda in alto a quell’esperienza. In che modo questi momenti di trauma influenzano e cambiano la tua vita? Quando i Marvel Studios sono arrivati in televisione per la prima volta, anche se WandaVision non doveva essere la prima serie, è stato fantastico che lo sia stata, perché era una lettera d’amore alla tv. È uscito nel periodo peggiore della pandemia, quando eravamo tutti a casa e ci stringevamo intorno alla televisione per trovare calore e conforto, nello stesso modo in cui Wanda usava la televisione.
Quindi, come si fa a portare il MonsterVerse in televisione è una domanda simile, e credo che [Fraction e Black] l’abbiano risolta a modo loro. “Come si fa a raccontare una storia incentrata sull’uomo e sulle persone sul campo, e su come le loro vite vengono plasmate e modificate dalle loro esperienze con queste grandi e fantastiche creature magiche?”. E funziona per la televisione, perché la televisione è questo. Ci si vuole innamorare dei personaggi, si vuole fare il tifo per loro, si vuole essere coinvolti nei loro viaggi, per cui si torna di settimana in settimana. E poi si assiste anche allo spettacolo e a tutte le cose meravigliose del MonsterVerse, ma si viene trascinati non dal viaggio di Godzilla, ma dal viaggio dei personaggi umani in basso.
Con quanto materiale già esistente del MonsterVerse ha lavorato, se lo ha fatto?
Per quanto riguarda le grandi sequenze, come il Golden Gate di Godzilla (2014), sono tutte riprese originali che abbiamo girato. La sequenza dell’Isola del Teschio con John Goodman è tutta originale, ma c’è un piccolo spezzone in testa al primo episodio che è stato preso da Kong: Skull Island di Jordan Vogt-Roberts. È il momento in cui vediamo il punto di vista della telecamera di Bill Randa [Goodman] e alcune riprese sono state rielaborate per farle sembrare filmate della telecamera da 16 mm di Randa. Ma il resto, tutto il materiale narrativo del primo episodio e dei successivi è stato creato apposta per la serie.
Con il lato cinematografico di MonsterVerse ancora attivo, c’erano delle limitazioni per lei? O ha avuto la massima libertà?
Abbiamo avuto libertà ma abbiamo anche consultato la divisione cinematografica e lavorato con loro. Hanno un meraviglioso dipartimento di mitologia, e noi stavamo danzando in questa linea temporale [esistente], entrando e uscendo. Stavamo letteralmente creando un’altra scena durante Godzilla (2014) e un altro momento che non si è visto durante Kong: Skull Island (2017). Dovevamo quindi assicurarci di essere coerenti con la mitologia, di onorare il MonsterVerse e di usarlo come base, e questo fa parte della gioia della serie. Si tratta di eredità e storia, e di come Monarch è nato, cambiato e cresciuto. Quindi, in questo senso, le limitazioni sono state una parte della nostra creatività. Volevamo essere sicuri di inserirci in quel puzzle e in quello che verrà dopo. Il modo in cui questa serie influenzerà la narrazione futura, sia televisiva che cinematografica, è ancora da decidere e da venire, ma è fantastico far parte di un universo condiviso.
Per quanto riguarda il casting di Kurt e Wyatt Russell nel ruolo di Lee Shaw, immagino che Wyatt avrebbe detto di no a questo ruolo all’inizio della sua carriera, solo perché probabilmente voleva affermarsi lontano dalla sua famiglia, cosa che ha chiaramente fatto ora. È un grande attore. Quindi, per quanto riguarda il loro doppio casting, attribuisce il merito alla tempistica di questa opportunità, più che altro?
La tempistica ha certamente molto a che fare con questo. La tempistica ha molto a che fare con tutto. Siamo stati molto fortunati che abbiano voluto farlo, ma hai ragione. Wyatt è un attore fenomenale e incredibilmente versatile e si è affermato in tanti mondi diversi. Il bello è che è un attore così diverso da suo padre e da sua madre, Goldie Hawn. Ha uno stile tutto suo e l’idea che lui e suo padre creassero insieme Lee Shaw prendendo un po’ di Jena Plissken e un po’ di Wyatt è stata molto divertente per loro. È stato molto divertente anche per me, sia come regista che, francamente, come spettatore. Kurt si sedeva al monitor e guardava Wyatt fare delle scene e diceva: “Posso prendere in prestito questa cosa. Posso prenderla. Ho capito cosa sta facendo”. Discutevamo anche dei costumi, e anche se Kurt non li indossava, volevamo essere sicuri che fossero qualcosa che entrambi volevano indossare. Quindi è stato divertente creare questo personaggio che avesse una certa continuità in un ampio arco di tempo. Il Lee Shaw di Wyatt sarebbe cresciuto e cambiato e alla fine sarebbe diventato il Lee Shaw di Kurt Russell, ma per certi versi era la stessa persona all’inizio. Quindi, averli presi è stata una fortuna legata alla tempistica. Nel corso degli anni gli sono state proposte molte storie padre-figlio e credo che avrebbero potuto essere aperti alla versione giusta, ma questa era una cosa unica e loro erano entusiasti della sfida.
Entrambi gli episodi hanno anche una certa sovrapposizione con il periodo trascorso ne Il Trono di spade, soprattutto la fine del secondo episodio. È una pura coincidenza che lei stia lavorando di nuovo con un drago?
Sì. Ho imparato molto da quel lavoro sull’integrazione dell’azione e del dramma umano in primo piano con gli effetti visivi su larga scala. E certamente, lavorando all’episodio Spoglie di guerra di Game of Thrones, volevo che il mio punto di vista su quel combattimento si concentrasse sull’esperienza umana dell’esercito dei Lannister giù in basso, che vedeva la guerra cambiare per sempre. Erano stati in cielo con Daenerys nei momenti di trionfo, mentre bruciava i suoi nemici, ma ora si trattava di due personaggi amati che si combattevano per la prima volta in quella serie. E c’è stata quella sensazione di “Ok, voglio dare la priorità a quello che si prova a essere un soldato giù in basso con una lancia e uno scudo, vedendo un F-16 entrare in battaglia per la prima volta”. E questo è stato incredibilmente eccitante per un regista.
E sì, questa è stata sicuramente una parte importante dell’approccio a questa serie. Mi sono detto: “Ok, ora stiamo facendo la stessa cosa. Questa è Cate [Anna Sawai] a terra che vede Godzilla sul ponte, e questa è l’esperienza dal punto di vista umano”. E il secondo episodio, allo stesso modo, è la loro scoperta di qualcosa di incredibile. Una persona avrebbe potuto immaginarlo, ma gli altri non avrebbero mai immaginato cosa ci fosse là fuori. E quel momento cambia la loro vita per sempre. Tutto questo porta all’idea di meraviglia, che è forse la cosa che amo di più nei film. È quello che amo di Spielberg, Kubrick e Nolan, e questo senso di meraviglia è insieme stupore, mistero e paura. Il Trono di Spade ha sicuramente catturato molti momenti del genere e speriamo di essere riusciti a regalarne alcuni anche in Monarch.
Non so se ha partecipato alle revisioni dei VFX de Il Trono di Spade, ma è riuscito ad aggiungere a Monarch qualche spunto dalle sue precedenti esperienze?
Sì, sono stato molto coinvolto nei VFX per Il Trono di Spade e ho imparato molto durante quel processo. È stato un posto incredibile in cui lavorare, dalla portata e dalle dimensioni, ai registi straordinari. Tutti coloro che hanno lavorato a quella serie erano i migliori in quello che facevano. E poi lavorare alla Marvel su WandaVision ed essere pesantemente coinvolto negli effetti visivi e nella costruzione di quel mondo, tutto mi ha aiutato a inserire diversi strumenti nella mia cassetta degli attrezzi. Ora quando mi approccio alle cose, so più di quanto ne sapessi prima, ma mi rendo anche conto di quanto poco ne sappia di VFX. Come hai detto tu, le cose si basano sul tempismo e siamo sempre in un periodo nuovo per i VFX. Impariamo sempre cose nuove e ci spingiamo sempre oltre i limiti, si spera. L’obiettivo non cambia: si vuole ingannare l’occhio. Si vuole far credere alla gente che sia tutto vero, e anche se è difficile da fare, è l’obiettivo.
Va bene, Matt, se non sentirò mai più voci sul casting dei Fantastici Quattro, sarà troppo presto.
(Ride.)
È pronto a mettere fine all’isteria di Internet non appena finirà lo sciopero? [Lo sciopero è terminato poco dopo questa conversazione, ndr].
Capisco l’esaurimento delle voci su Internet, ma le celebro anche, perché sono un grande fan dei Fantastici Quattro. Ho sicuramente passato del tempo a chiedermi chi avrebbe dovuto interpretarli prima di avere il compito di essere la persona che li avrebbe scritturati, quindi capisco l’interesse e lo sostengo. Quindi ci sarà un annuncio in futuro, quando lo sciopero sarà concluso.
Abbiamo già parlato del fatto che da bambino faceva i salti mortali su e giù per il vialetto di Clark Griswold e che ha vissuto un momento di svolta quando è tornato a girare WandaVision al Warner Bros. Ranch. Recentemente ho pensato a lei perché ho visto che hanno demolito l’intero posto per costruire palchi e uffici. È stato un duro colpo da digerire?
Sì, e sa cosa? Sapevo che l’avrebbero fatto quando stavamo girando WandaVision lì. Ci dissero che i piani per distruggere Blondie Street erano già pronti. Comunque sì, ci sono stato da bambino. Andavo con lo skateboard in Blondie Street e anche nella città del vecchio west che c’era una volta. Così ho visto quel posto passare da un magico backlot dell’era originale della Warner Bros. a un lento cambiamento e all’erosione, finché non è rimasta che Blondie Street. Così, quando abbiamo girato WandaVision in quel luogo, sapendo che forse si trattava di una delle ultime cose che sarebbero state girate in quel luogo, ho provato una forte emozione. Mi sentivo già come se stessi camminando tra i fantasmi del mio passato e tra i fantasmi del passato delle sitcom, per poi rendermi conto che avremmo potuto essere letteralmente uno degli ultimi capitoli, è stato molto triste. Vorrei che ci fosse ancora. Lo vorrei davvero.
Negli ultimi anni è stato impegnato nello sviluppo di due grandi film come Star Trek 4 e I Fantastici Quattro, mentre dirigeva serie tv. Immagino che, oltre a tutto questo, abbia anche i suoi impegni teatrali. Come si è destreggiato in tutto questo?
Mi sono ritirato dalla posizione di direttore artistico della Geffen Playhouse e ho passato il testimone a Tarell Alvin McCraney, che è un incredibile sceneggiatore premio Oscar e borsista della MacArthur Genius Grant. Farà un lavoro incredibile e sono molto felice per il teatro e per quello che verrà. E questo mi ha reso un po’ più facile concentrarmi sul prossimo progetto, I Fantastici Quattro. Però, sì, è un gioco di prestigio. Sono anche un padre e un marito, ed è difficile fare tutte queste cose allo stesso tempo, ma amo le cose che riesco a fare. Sono così fortunato a poter lavorare a Godzilla. Sono così fortunato a poter lavorare con i supereroi Marvel che ho amato fin da bambino. Ma ci sono per l’uscita da scuola. Ci sono per stare con mia figlia il più possibile, all’ora di andare a letto e tutto il resto. E poi, se devo lavorare fino alle tre del mattino per essere pronto per il lavoro del giorno dopo, lo faccio, perché posso fare le cose che amo e stare con le persone che amo.
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Monarch: Legacy of Monsters è disponibile su Apple TV+.
Traduzione di Nadia Cazzaniga
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