Mrs. Maisel, la recensione: un viaggio lungo cinque stagioni, addio Midge

L'epopea della signora della stand up comedy è giunta alla sua conclusione. Una serie che va letta come uno spartito: dopo il boom arriva sempre il crescendo

Nell’epoca delle serie tv, dei contenuti scaricabili e cliccabili, degli abbonamenti mensili e delle piattaforme streaming, The Marvelous Mrs. Maisel rappresenta un’eccezione. E lo ha fatto fin dalla prima stagione. Perché è riuscita a unire una creatività fresca, nuova e genuina con una costruzione solida e intelligente, da televisione lineare. La sua creatrice, Amy Sherman-Palladino, è una veterana del piccolo schermo. Ha firmato produzioni come Una mamma per amica, e sa – sa perfettamente – cosa funziona e cosa, invece, fa fatica a ritagliarsi un suo pubblico.

Una società e le sue contraddizioni

In The Marvelous Mrs. Maisel – pardon: ne La fantastica signora Mrs. Maisel, disponibile su Prime Video – ha messo insieme diversi temi ed elementi, ha scelto un’ambientazione particolare, come la New York della fine degli anni Cinquanta; ha puntato tutto sulle origini della stand-up comedy, si è affidata a due attrici meravigliose come Rachel Brosnahan e Alex Borstein, e ha costruito una storia capace di parlare di qualunque cosa: emancipazione femminile, comicità, censura; bigottismo, sesso, sessualità, rapporto di coppia, la felicità (e l’infelicità, allo stesso tempo) della solitudine; l’amicizia, quella vera; e la famiglia. Ha fotografato una società nelle sue contraddizioni, e ha sfruttato queste stesse contraddizioni per dare al pubblico quello che il pubblico vuole: una serie da vedere, da aspettare; una serie di cui poter parlare, e a cui, infine, potersi affezionare.

Midge, cioè la signora Maisel, cioè Rachel Brosnahan, viene lasciata dal marito per la sua segretaria, e dall’oggi al domani è costretta a tornare a casa dai suoi, con i figli, per ripartire. Nessuno la sostiene; tutti le dicono che ha sbagliato lei, a sposare un tipo del genere. Per la disperazione, Midge – e cioè la signora Maisel, e cioè Rachel Brosnahan – si ubriaca, va in un locale e si esibisce in un monologo brillante, senza freni, dove a un certo punto mostra il seno: vedete, dice, sono ancora giovane; perché lasciarmi? Viene arrestata, e allo stesso tempo notata. Comincia così il suo rapporto con Susie Myerson, cioè Alex Borstein.

Dettagli, sfumature e sentimenti

Ecco, La fantastica signora Maisel, per quattro stagioni, tra viaggi in giro per il mondo, vacanze costrette, incontri fortuiti, miti – e meno miti – della comicità americana, trova il suo centro in questo legame agente-comica, e da qui il resto è – si fa per dire – in discesa. Per più di trenta episodi, Sherman-Palladino ha aggiunto: dettagli, sfumature, strati di carattere e di sentimenti. Dal vestito rosa, coloratissimo, a quello nero, stretto sui fianchi. Ha spostato, anche se per poco, l’attenzione sui genitori di lei, interpretati dai bravissimi Tony Shalhoub e Marin Hinkle, per affrontare nuovamente la sfida dello stare insieme (cosa facciamo per l’altro e cosa siamo disposti a rinunciare; quante possibilità e occasioni abbiamo perso solo per poterci dire felici – felici, poi, come vogliono gli altri, non noi), e poi è tornata su Midge. Zoom in, zoom out.

Da una parte, il filo rosso del racconto è l’ambientazione, con i suoi colori, i suoi vestiti, le sue macchine pesanti e ferrose, i tagli di capelli uguali e queste spalline gonfie, scomodissime. Dall’altra, però, c’è sempre stata la comicità: che è, esagerando, una parte essenziale di quello che siamo, della nostra capacità – o incapacità: dipende dai punti di vista – di accettare, o almeno: di digerire, quello che ci succede.

Il fuoco sacro di Mrs. Maisel

Midge è un esempio. È una donna moderna, anche se vive nella New York degli anni Sessanta, anche se deve sentirsi dire che una brava moglie è quella che cucina e che accudisce i figli e che sostiene il marito in tutte le sue imprese (e lui, invece? Quando arriva il turno del marito di sostenere la moglie nei suoi desideri?). Viene avanti fiera, coraggiosa, decisa. Ci mette un po’ prima di trovare questo equilibrio; e più volte deve fare passi indietro, guardarsi attorno e capire – a un certo punto, l’intero meccanismo narrativo gioca esattamente su quest’altalena di momenti. Midge sbaglia, e sbaglia alla grande. E pure questi errori, da Sherman-Palladino, vengono accettati, piegati all’andamento della storia e utilizzati come spunto per andare avanti.

Proprio alla fine della quarta stagione – piccolo spoiler, attenzione – Midge non sa cosa fare, se riprendere a esibirsi o continuare così, a rimanere nell’ombra, in attesa. Dentro di sé, ha il fuoco sacro dei talentuosi, sa di potersela cavare, ne è convinta; contemporaneamente però si sente frenata. Perché rischiare, perché rimettersi al centro dell’attenzione generale, e offrire il fianco alle critiche e alle polemiche.

La nuova stagione, l’ultima

La nuova stagione, l’ultima, riprende da qui. E, nello stesso istante, aggiunge qualcosa di diverso: racconta il dopo, e cioè il futuro remoto, proprio per offrire allo spettatore una visione più ampia. È una cosa che è già stata fatta in televisione. Pensiamo, per esempio, a Breaking Bad e a Better Call Saul. Eppure, in una comedy, ha un sapore e una consistenza particolari. Sa di presagio, di promessa; mette sul chi vive lo spettatore, e lo invita non ad aspettare, ma a stare pronto. Tutto può trasformarsi da un momento all’altro. Oppure, sorpresa ancora più grande, no.

È il tempo dei figli, di quelli che hanno a lungo occupato lo sfondo della storia. È il tempo delle loro esigenze, di quello che vivere in un certo modo, in un certo contesto, ha significato per loro. È una scelta inaspettata, probabilmente coraggiosa, ma lungimirante. Sherman-Palladino sapeva di dover cambiare per poter ritornare indietro, al cuore della sua serie. E l’ha fatto. Non solo vestiti, belle inquadrature, personaggi che riempiono lo spazio in modo preciso, armonioso, come tessere di un mosaico. Ma battute, ritmo, musica. Dall’esibizioni dal vivo ci spostiamo, piano piano, verso la scrittura. Arriva la televisione; arrivano i late night.

Dal boom al silenzio: e poi il crescendo

La fantastica signora Maisel è come un spartito: va letto e ascoltato, e i personaggi non sono solo, appunto, personaggi, ma strumenti, corde da pizzicare e percussioni da suonare. Dopo un boom, arrivano due boom. E dopo il silenzio, arriva sempre un crescendo. Tesa, nervosa, intensa. Questa è una serie che coinvolge e sconvolge, che attira e respinge, che fa divertire lo spettatore, che lo mette a suo agio e che gli consiglia di non rilassarsi troppo. Battuta-battuta-pausa: serve tenere il tempo con La fantastica signora Maisel. Soprattutto ora, che siamo vicini alla conclusione.