Ossessione, la recensione della miniserie Netflix: tanto sesso, poco piacere

Nella miniserie con Richard Armitage e Charlie Murphy, tratta dal romanzo Il danno di Josephine Hart, abbonda il sesso (anche in versione Bdsm). Ma alla miscela, per esplodere, manca un ingrediente fondamentale: il piacere

Il sesso, stiamo calmi: quello c’è. Entro i primi tre minuti siamo in camera da letto. A 25 il primo amplesso. A dieci dalla fine del primo episodio, le regole d’ingaggio sono chiare: lui, lei, l’altro e tanta voglia di “farlo strano”.

Ma se in una serie che si chiama Ossessione, tratta dalle pagine roventi di Josephine Hart (Il danno, romanzo del 1991), il materiale più erotico che c’è sono i sottotitoli dell’audiodescrizione, qualcosa, semplicemente, non funziona. “Gemiti affannosi”, “lento ansimare”, “mugola piano”, “amplesso intenso”: se volete divertirvi, fatevi bastare i sottotitoli e fermatevi qua.

Ossessione e il sesso Bdsm

Diretta da Glenn Leyburn e Lisa Barros D’Sa, e scritta da Morgan Lloyd-Malcolm e Benji Walters, la miniserie in quattro puntate, su Netflix dal 13 aprile, è tratta dallo stesso materiale che ispirò il film del 1992, appunto Il danno, con Jeremy Irons e Juliette Binoche. Ovvero un triangolo pericolosissimo, quello fra il brillante chirurgo William Farrow (Richard Armitage), la femme fatale Anna Barton (Charlie Murphy) e il figlio di lui Jay (Rish Shah), del tutto ignaro della passione che consuma suo padre e la futura moglie.

Una passione distruttiva, un’ossessione appunto, alimentata dalla comune inclinazione dei due fedifraghi per il sesso Bdsm (acronimo di schiavitù, sottomissione, sadismo e masochismo): farlo cioè bendati, legati, dominati (a turno: il sesso sì, ma politicamente corretto), finché morte, letteralmente, non li separi. Sesso estremo che il passato “danneggiato” di Anna rende più che torbido: in questa relazione non c’è niente di divertente. E purtroppo si vede.

Corde, bende (e un cuscino)

Lanciata come il nuovo Cinquanta sfumature di grigio, la serie britannica finisce per avere, nei confronti del sesso, un approccio punitivo. L’attrazione tra William e Anna non ha nulla a che fare con il piacere, consumata in amplessi in cui nessuno dei due sembra divertirsi – spoiler: la scena più erotica è tra William e un cuscino – senza quella complicità che è presupposto necessario tanto per le pratiche Bdsm quanto per il godimento dello spettatore.

La passione non è che una rabbiosa ginnastica a prova di intimacy coordinator, praticata negli spazi liberi di una sceneggiatura frettolosa che ha il pregio di esaurirsi in poco più di mezz’ora a episodio. Involontariamente divertente, Ossessione potrebbe diventare nel suo genere un cult. Ma solo per chi – in fatto di serie – ha gusti veramente estremi.