Partiamo dai numeri. Il 18° rapporto annuale Where We Are on TV pubblicato da Glaad, organizzazione no-profit finalizzata nel promuovere e garantire un’accurata rappresentazione delle persone LGBTQ+, allo scopo di eliminare l’omofobia e la discriminazione basata sull’identità di genere e l’orientamento sessuale, ha contato 596 personaggi LGBTQ+ regolari e ricorrenti nelle serie tv disponibili tra il 1° giugno 2022 e il 31 maggio 2023.
Un dato che parla chiaro. I media hanno un ruolo fondamentale quando si tratta di cambio di prospettiva, di narrazione e rappresentazione. Se il cinema negli anni ha saputo fare – letteralmente – un cambio di genere passando da titoli prevalentemente drammatici ad un’apertura alla commedia e alle rom-com strappalacrime (ne sono un esempio i recenti Bros o Spoiler Alert), le serie tv hanno fatto la rivoluzione. Anche in termini di sesso.
Sì, perché se da un lato per anni i personaggi queer sono stati relegati a macchietta ed eterna spalla dei protagonisti, dall’altro si è mosso un binario parallelo – complice l’arrivo delle piattaforme che hanno regalato una libertà e una pluralità di sguardi inedita – grazie al quale i personaggi LGBTQ+ hanno assunto tridimensionalità. E quello spessore narrativo spesso è stato accompagnato anche da un ritratto della sfera intima e sessuale onesto ed esplicito.
Da Queer as Folk a The L World: gli show precursori
Precursore in questo senso Queer as Folk. “Dovete sapere che tutto ruota intorno al sesso” è la battuta che Michael Novotny pronuncia nel primo episodio della serie targata Showtime. Remake dell’omonimo show inglese, la creatura di Ron Cowen e Daniel Lipman è ambientata all’inizio degli anni Duemila a Pittsburgh e, nel trattare un numero considerevole di tematiche quali le aggressioni omofobe, le discriminazioni di ogni genere, l’adozione e l’Hiv, parla apertamente di sesso omosessuale mostrandolo senza censure.
Un po’ come The L World, arrivata sempre su Showtime quattro anni dopo. A fare da sfondo alle storie di un gruppo di donne lesbiche la Los Angeles raccontata da Ilene Chaiken. Anche qui le tematiche sociali si intrecciano con un ritratto libero della sessualità. Ritratto ripreso anche nel suo recente sequel, The L World: Generation Q che si apre con un’esplicita scena di sesso orale tra due delle protagoniste interpretate da Rosanny Zayas e Arienne Mandi. Non si tratta però di semplice nudità gratuita. Mostrare due uomini o due donne in intimità è un atto a suo modo politico. Una dichiarazione per dire “Noi siamo qui”. Nel fiume di discorsi e dibattiti sulla rappresentazione e l’inclusione anche rendere sequenze del genere la norma per un pubblico trasversale far parte di un processo fondamentale per modificare il pensiero della collettività.
Andrew Haigh e il caso Looking
C’è un regista che più di tutti negli ultimi quindici anni ha fatto la differenza nel racconto della comunità LGBTQ+ nelle serie tv. E lo ha fatto anche dirigendo alcune delle sequenze di sesso più belle apparse sul grande e piccolo schermo. Prima con un film, Weekend (2011), incentrato sull’incontro in un locale gay di due ragazzi, Glen (Chris New) e Russell (Tom Cullen) che si trasforma in uno scambio fatto di sesso e confidenze nello spazio chiuso di un’appartamento (ben lontano dalla semplice etichetta di “film gay” grazie all’universalità delle tematiche affrontate) e poi con Looking, serie tv targata Hbo.
Ambientata nella liberale San Francisco, Looking ha avuto il grande pregio di raccontare storie di personaggi LGBTQ+ senza etichettarli o ghettezziarli in luoghi comuni visti dozzine di volte in precedenza. Le loro storie vanno oltre il genere e l’orientamento sessuale e c’è una tale naturalezza nel racconto della quotidianità dei protagonisti da far quasi passare in secondo piano il fatto che la serie si concentri su un gruppo di amici gay.
Regista di molti degli episodi, Andrew Haigh ha contributo a dettarne ritmo e tono. E le sequenze di sesso di Looking, come in Weekend del resto, sono pervase da una tale bellezza, erotismo e spontaneità da renderle delle piccole perle di messa in scena. Esplicito, reale, tenero, il sesso raccontato dalla serie Hbo ha abbattuto più di un tabù.
Sense8, Pose e le altre serie LGBTQ+
Avvicinandoci ai giorni nostri il numero di show con al centro personaggi e storie LGBTQ+ è cresciuto esponenzialmente. La testimonianza di un molteplicità narrativa impossibile da arrestare. Da Sense8 delle sorelle Wachowski, che più che una serie è un manifesto sulle connessioni umane (con tanto di sequenze orgiastiche telepatiche!), a Orange is the New Black e Pose che hanno dato spazio a personaggi transgender interpretati da attori transgender fino alle esplicite scene di sesso di Élite, la serie teen spagnola targata Netflix.
Cercando di tenere lontana la retorica, in un mondo in cui le aggressioni omofobe vengono denunciate quotidianamente e i diritti delle coppie gay calpestati in nome di una presunta etica, continuare a raccontare storie che parlano con libertà, gioia e onestà di personaggi LGBTQ+ è un dovere. Perché anche solo immaginare quanto possa essere importante per un giovane spettatore riconoscersi o condividere quelle stesse emozioni e paure – che passano anche per la sfera sessuale – fa di una serie tv (o di un film o di un libro) qualcosa di molto più importante e potente del semplice intrattenimento.
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