Cercate delle serie tv da vedere con gli amici? Ecco le scelte di THR Roma.
Domina
L’Impero romano non è mai stato così in voga, tanto da aver dato vita a un trend su Tik Tok che svela che ci si pensa almeno una volta al giorno. Ecco perché Domina è così popolare e anche solo in nome della statistica è lo show che fa per voi. Non serve essere appassionati di storia o aver amato Game of Thrones, anche se in questo caso sarà più facile amarlo. Domina si concentra sulla vita di Livia Drusilla, la moglie dell’imperatore Augusto, e restituisce la storia delle donne romane, spesso lasciata nell’ombra per celebrare i più grandi fasti degli uomini. Tra intrighi di palazzo, passioni e segreti, la serie tv merita di essere guardata già solo per un set meraviglioso negli iconici Cinecittà Studios di Roma.
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Depp contro Heard
Un dito tagliato, le feci sul letto, le lacrime, gli armadietti presi a pugni, la “mega pinta” di vino rosso bevuta la mattina. Facile dire “mostri”. Ma i mostri veri, nel terribile (e perciò appassionante) documento-monumento al divorzio più estremo della Hollywood moderna, non sono i protagonisti-star, Johnny Depp e Amber Heard. O meglio, loro sono quello che sono: istrionici, narcisi, eccessivi, nati per essere ripresi – il lato A, scintillante, e quello B, il più abietto. Ma l’orrore che si respira in ogni minuto della docuserie è piuttosto quello che trapela dall’esterno del processo: l’esercito di commentatori, influencer, video-esperti, psicologi online, fan e stalker che su quel divorzio hanno costruito una personale narrazione in rete. Il giudizio popolare (avrà influenzato la giuria?) è un corto circuito di supponenza, fake news, eccitazione e morbosità, maschilismo e femminismo talebano, culto della personalità e superomismo. Dopo tre episodi, una sola certezza. È tutto sbagliato. E la sentenza è l’ultimo dei problemi.
Il Signore degli Anelli: Gli Anelli del Potere
Guardatela se siete appassionati tolkieniani, ma fatelo insieme a qualcun altro. Per vari motivi. Il primo, diciamolo chiaramente, è che la serie ingrana piano. Molto piano. A meno che non siate esegeti del Silmarillion, il primo episodio richiede pazienza e dedizione. O un Samvise Gamgee sul divano accanto a voi con cui condividere il cammino. Passato il primo scoglio, il pubblico seriamente motivato – si considera motivato chiunque conosca tra le 10 e le 15 parole in lingua Quenya – potrà godere di una storia rassicurante perché familiare (la nascita degli anelli per domarli, per trovarli, per ghermirli e nel buio eccetera), ma capace di sorprendere anche i puristi con un colpo di scena finale, da discutere in appassionanti dibattiti uber-nerd. Promossi tutti (si rende finalmente giustizia alla civiltà nanica), plauso per la giovane Galadriel di Morfydd Clark. Non era facile.
SanPa - Luci e tenebre di San Patrignano
San Patrignano: un mondo, quello della comunità di recupero fondata nel 1978 da Vincenzo Muccioli, tante storie, molti lati oscuri nella celebrazione di un imprenditore controverso – padre, padrone e santone. Una delle migliori docu-serie italiane per ricchezza di materiali (180 ore di interviste, 51 archivi “saccheggiati”), gli episodi restituiscono uno spaccato autentico della comunità, microcosmo dell’Italia dei primi anni Ottanta, dalla fondazione alla morte dell’imprenditore, riflettendo sul dilagare cieco – tra classi, censi e ceti sociali – dell’eroina (valga per tutte la testimonianza lucidissima di Fabio Cantelli, ex ufficio stampa della comunità). Avvincente e terribile come un romanzo: ha fatto, fa e farà (sempre) discutere.
The Afterparty
Quello che per molti è un incubo a occhi aperti – una rimpatriata con gli ex compagni del liceo – in The Afterparty dà il via alla commedia tinta di giallo creata da Christopher Miller. Dopo l’incontro di rito nella palestra della scuola, il gruppo si sposta nella villa di uno di loro, Xavier (Dave Franco) che, dopo la scuola, è diventato una pop star di fama mondiale. Ma qualcosa va storto: il padrone di casa viene ucciso e uno degli invitati è l’assassino. Toccherà alla detective con il volto di Tiffany Haddish scoprire il colpevole interrogando il gruppo. Peccato però che ognuno di loro abbia ricordi diversi della serata. Un murder mystery spassoso e leggero in cui ogni episodio si concentra su un punto di vista differente. Sta a chi guarda, magari in compagnia, rimettere insieme i pezzi del puzzle.
Misfits
Un temporale si abbatte sulla tua città, un fulmine ti colpisce in pieno, e improvvisamente diventi un supereroe. Solo che non sei superveloce o superforte (l’invisibilità, sì, ce l’abbiamo), ma l’abilità che ti ritrovi è del tutto inutile. E spesso invalidante. Accade in Misfits, serie su un gruppo di ragazzi che, costretti a svolgere servizi socialmente utili, acquistano improvvisamente super poteri. Pensando, ovviamente, di poterli sfruttare per il proprio tornaconto. Ma non tutto andrà per il verso giusto, perché ogni super potere è specchio del proprio carattere. Scorretta e con riferimenti sessuali più che espliciti, è una serie divertente e tragica – stramba come i suoi “misfits”. E voi che super potere avreste?
We Crashed
Una storia così folle che se non fosse vera sarebbe impossibile immaginarla. La miniserie Apple TV+ basata sul podcast WeCrashed: The Rise and Fall of WeWork di Wondery ricostruisce ascesa e caduta di WeWork, società di spazi di coworking che in una manciata di anni, da compagnia da milioni di dollari, si trasforma in un disastro finanziario passando per un seguito dai contorni da setta. Protagonisti Jared Leto e Anne Hathaway, entrambi divini, nei panni di Adam e Rebekah Neumann, coppia nel privato e sul lavoro. Un racconto profondamente americano, fatto di sogni ma soprattutto di illusioni. In un’epoca in cui è molto facile salire alla ribalta e diventare la “next big thing”, la serie mostra il rovescio della medaglia della Silicon Valley. Tra eccessi, estremi, megalomania. E unicorni.
Only Murders in the Building
Quanti di voi sono ossessionati dai podcast? Podcast comici, podcast di interviste, podcast crime. Soprattutto podcast crime. È sulla recente moda della cronaca nera – che poi, è davvero tanto recente? – che si costruisce Only Murders in the Building. Serie comica originale di Disney+, il giallo a puntate ha come protagonista un trio improbabile: Selena Gomez, Martin Short e Steve Martin. Uno show da vedere e “sentire”. Ogni episodio non si limita infatti a stimolare il pubblico a scoprire l’assassino, ma lo invoglia anche a seguire le indagini dell’omicidio nel palazzo Arcadia di New York ascoltando il podcast amatoriale dei personaggi. Sì, lo ammettiamo: siamo colpevoli. Ne siamo diventati tremendamente fan.
The Bad Guy
Da vedere in compagnia fosse solo per la gioia di commentare una serie italiana con tutti i “pezzi” al posto giusto: un cast che evidentemente si diverte e che sta al gioco, una storia che fila dritta tra colpi di scena e trovate ingegnose, una vena di umor nero che si traduce in battute affilate e colpi di genio (vedi alla voce: il ponte sullo Stretto). Il terreno è quello, stra-battuto, della criminalità organizzata: c’è un magistrato, un latitante, una vendetta in corso. Ma se ne avete sentito parlare come di una serie fenomeno, c’è una ragione. Recuperate la prima stagione, perché è in arrivo la seconda. Hype made in Italy.
Pesci Piccoli
Pesci piccoli – Un’agenzia, molte idee, poco budget. Titolo wertmulleriano per l’ennesimo capolavoro “normale” dei the Jackal, perché lo fanno apparire così facile, far cose belle, che finisci per sottovalutarli. Vi diranno che è The office in salsa partenopea, ma in realtà è come se Friends diventasse Coworkers. Fru è Phoebe, Fabio Balsamo Chandler, Ciro Priello Joy, Aurora Rachel, Martina Tinnirello Monica, Ross è di nuovo Fru quando diventa romantico. Ma attenti: ci sono anche tutti i comprimari e sono irresistibili (indovinateli e scriveteceli). Da vedere rigorosamente in compagnia. Di chi? Dei vostri colleghi, ovvio.
Secret Invasion
“Signora mia, la Marvel non è più quella di una volta”. Se vi è capitato di sentirlo dire, o siete stati proprio voi a pronunciare queste parole, allora ecco la serie che stavate aspettando. Calibrata sul glorioso genere thriller-spionistico alla Captain America: The Winter Soldier, sullo sfondo di una guerra geopolitica, Secret Invasion segna il ritorno degli alieni sulla Terra dai tempi di The Avengers nel 2012. Sì, è vero, gli extraterrestri si sono affacciati qualche altra volta sul nostro pianeta, ma adesso la posta in gioco è alta: Kevin Feige, l’uomo a capo del Marvel Cinematic Universe, ha tirato fuori dal cappello uno show davvero eccellente. Per aumentare il divertimento, si potrebbe organizzare con gli amici una versione Secret Invasion: Indovina chi?: vince chi capisce per primo se dietro le fattezze umane di un personaggio ci sia un alieno, oppure no.
Inside Man
Arrivata senza fare rumore, la serie di Steven Moffat (Sherlock, Doctor Who) ha conquistato in pochi giorni la vetta di Netflix e lo status di serie tv che fa litigare gli amici. Stanley Tucci e David Tennant ci dicono che chiunque può essere un assassino, “basta una buona ragione e una giornata storta”. Già questo sarebbe sufficiente per aprire il dibattito. In molti l’hanno trovata troppo complicata e non-sense. Eppure è proprio questo il senso di quel grottesco che caratterizza il racconto: una storia sempre più paradossale, capace di rendere le quattro ore della miniserie un intrattenimento di qualità. Ci piace riassumerla così: Pirandello splatter.
Sex and the City
Poche note, e capite già di che serie si tratta. New York, grattacieli ovunque. A un certo punto, tra la folla, spunta un confetto rosa. È Carrie Bradshaw, top aderente e tutù. La giornalista di moda e lifestyle ci introduce nello show anni Novanta per antonomasia, con quello sguardo femminile e piccante che al tempo mancava in tv. Le protagoniste non hanno paura del piacere e lo inseguono temerarie, nella sfera lavorativa, sentimentale o sessuale. E, per spettegolare, c’è sempre l’appuntamento settimanale in qualche locale trendy della Grande Mela – divertente ancora oggi anche per noi, che dal divano ci godiamo la serie con i nostri BFF.
Boris
Alessandro, Arianna, Stanis, Corinna, René, Biascica e Duccio sono personaggi cialtroni e “molto italiani”, team di produzione de Gli occhi del cuore, la serie trash – possibile caricatura di qualsiasi produzione nostrana. Tra scorrettezze, arrivismo e volgarità esasperate, Boris è una parodia della tv generalista italiana. Una sceneggiatura filtrata dalla lungimiranza e dal sarcasmo di Mattia Torre fa della meta-serie per eccellenza quel prodotto immortale che è, dove l’affossamento al panorama televisivo nasconde uno studio ben più profondo delle (precarie e scoraggianti) dinamiche lavorative del nostro paese.
Squid Game
Squid Game è la serie Netflix più vista della storia, finora. Quando è uscita non potevi stare fermo al semaforo o fare la spesa senza sentire qualcuno commentare gli episodi della serie coreana di Hwang Dong-hyuk. Un fenomeno che ha portato la gente a Seul a mettersi in coda per i famosi biscottini dalgona, ha fatto impazzire i meme sui social, ed è riuscita a farsi dedicare a Parigi uno Squid Game Center, per provare dal vivo i crudeli giochi al centro della serie. Le puntate ruotano intorno a una gamification mortale: tutti contro tutti, homo homini lupus. Finché qualcuno non proverà a cambiare le regole del gioco. Intrattenimento puro, inevitabilmente splatter.
The White Lotus
Una colonna sonora-bomba che alterna M¥SS KETA, Raffaella Carrà e De André per una serie – al 100% americana – che ha contribuito a rinverdire il mito italiano negli States (vedi alla voce “bella Sicilia”, nella seconda stagione, con le talentuose Sabrina Impacciatore e Simona Tabasco). The White Lotus è scorrevole, facile da seguire e soprattutto in grado di intrattenere senza appesantire la visione con linee narrative eccessivamente ramificate o impegnate. Le location delle tre stagioni, sempre ambientate all’interno di sfarzosi resort, servono a raccontare il mondo ovattato dei super-ricchi e del lusso, popolato da personaggi che – dietro un’apparente ingenuità e un’atteggiamento naif – sanno benissimo chi sono (spoiler: mostri, nella maggior parte dei casi).
Loki
E se vi dicessimo che il Loki di Tom Hiddleston, fratello del dio nordico Thor e figlio adottivo di Odino, in realtà non è il vero Loki? La serie che gli ruba il nome è la stessa che, per la prima volta, teorizza il multiverso nell’agglomerato supereroistico immaginato dal presidente Marvel Kevin Feige. Timeline alla mano, seguiteci: il cattivo dei film della galassia Marvel scopre che non deve essere per forza il cattivo, anzi, forse per lui è arrivato il momento di diventare un eroe. E fin qui tutto bene. Però, ecco, più che un eroe Loki potrebbe essere una Variante dell’eroe. Sempre considerando, naturalmente, la regola aurea secondo cui lo spazio-tempo potrebbe collassare, se non si rispettano i ruoli prestabiliti. Se in questo momento vi state facendo molte domande, tranquilli: in rete ci sono milioni di risposte e altrettante teorie da condividere con i fan di tutto il mondo. Il tutto condito da un pizzico di sci-fi e qualche spunto alla Doctor Who.
Cat Burglar
Un cartone animato interattivo da giocare in famiglia, dall’estetica vintage alla Tex Avery e una trama facile facile. Aiutare il gatto Rowdy a penetrare in un museo e rubare il quadro che lo renderà il felino più ricco del mondo. Meccanica di gioco semplicissima – le domande che permettono di avanzare nella trama si fanno via via più complicate, ma nulla di impossibile nell’era di Google – per un racconto “a episodi” come una serie (o meglio un libro-game), nella confezione di un film. Dietro al grazioso esperimento due menti geniali: Charlie Brooker, il cinico creatore di Black Mirror, e i produttori di BoJack Horseman. Sfizioso: da giocare, pardon guardare, insieme.
Heartstopper
C’è stato un momento, quando la serie ideata e scritta da Alice Oseman – ispirata alla sua omonima serie di romanzi grafici – ha debuttato su Netflix, in cui tutti (ma proprio tutti) parlavano di Heartstopper. Il prossimo 3 agosto sulla piattaforma verrà distribuita la seconda stagione. E allora quale momento migliore per recuperare, magari con un gruppo di amici, il primo capitolo dedicato alla storia d’amore tra gli adolescenti Charlie Spring e Nick Nelson? Divertente, romantica, dolce e profondamente necessaria nel suo rappresentare giovani personaggi queer, Heartstopper è un teen drama moderno. Una piccola gemma da recuperare.
Le fate ignoranti - La serie
Quando Ferzan Özpetek annunciò che avrebbe realizzato un reboot del suo cult del 2001 furono in molti a storcere il naso. E in tanti si sono dovuti ricredere, perché Le fate ignoranti – La serie, oltre ad essere la quintessenza dello stile e delle tematiche care al regista, è anche un racconto pieno di cuore, bellezza, umorismo e sentimenti. Da una terrazza nel cuore di Roma, sfondo dei pranzi della domenica colorati e caotici di una famiglia allargata, che si è riconosciuta e scelta, si snodano le storie dei suoi protagonisti. Un racconto corale che prende vita dal triangolo sentimentale che lega Antonia (Cristina Capotondi), Michele (Eduardo Scarpetta) e Massimo (Luca Argentero).
Q-Force
Diciamolo, Q-Force non è un esperimento riuscito. Lanciato come una serie tv animata “di rottura”, capace di raccontare il mondo LGBTQ+ con irriverenza, sarcasmo e autoironia, il progetto di Gabe Liedman è un’occasione mancata. Che parte, tuttavia, da una premessa intrigante: l’esistenza di una divisione queer all’interno dell’intelligence americana, giudicata “irregolare” per i canoni machisti di quel mondo, ma incredibilmente qualificata per affrontare qualsiasi missione. Non fosse per l’ansia da prestazione degli sceneggiatori – che nella foga di trasgredire allo stereotipo, finiscono per caderci con entrambi i piedi – la serie avrebbe anche buoni spunti: l’ossessione per le dating app nel primo episodio, la parodia dell’Eurovision nel quarto, e un (lento) crescendo qualitativo. Cancellata dopo la prima stagione, avrebbe meritato una seconda possibilità: da guardare insieme, selezionando gli episodi migliori.
Dark
Germania, anno 2019. No, 1953. Anzi 1986, ma anche 1921. Poi avanti fino al 2053 e indietro al 1888. Due bambini scompaiono in una tranquilla città tedesca. Anzi no, i bambini che scompaiono sono tre. E la città, a dirla tutta, non è esattamente tranquilla. L’unica cosa sicura in Dark, serie thriller-fantascientifica creata da Baran bo Odar e Jantje Friese, è che siamo in Germania. E che viaggiare nel tempo è una possibilità concreta. Piacerà agli orfani di Lost per la dedizione richiesta dall’intreccio e ai nostalgici di Twin Peaks per quel senso di soprannaturale nell’ordinario: c’è un mistero da risolvere, la trama è intricata e il divertimento è tutto nel decifrarla (occhio agli spoiler: la serie è di cinque anni fa). Il finale risolve l’enigma. Ma c’è ancora chi non l’ha capito.
Tulsa King
Se dovessimo scegliere un solo motivo (e che motivo!) per vedere Tulsa King sarebbe il suo incredibile protagonista: Sylvester Stallone. L’attore veste i panni di Dwight “Il Generale” Manfredi, un boss mafioso che dopo 25 anni di carcere torna in libertà. La sua famiglia malavitosa, invece di ricompensarlo per non aver “cantato”, lo manda a Tulsa, Oklaoma, per dare il via a una nuova piazza criminale. Il risultato? Esplosivo. Stallone è strepitoso e vi regalerà più di una risata di cuore grazie al suo Dwight, tutto stile e pugni ben piazzati. Un crime da manuale – non a caso dietro la serie ci sono Taylor Sheridan (Yellowstone) e Terence Winter (I Soprano) – attraversato da una vena ironica irresistibile.
Glee
Non c’è niente che un episodio di Glee non possa risolvere. La serie fenomeno degli anni duemila ha qualche problema di anacronismo – e alcune inquietanti ombre sul cast, tra scandali e morti misteriose – ma anche il merito di aver iniziato una rivoluzione nell’approccio a temi come omosessualità, razzismo, accettazione di sé. Un primato che non gli toglierà nessuno. Ogni volta che sentiremo nostalgia per il mondo prima di TikTok, il Glee Club, con le sue cover leggendarie e le coreografie che sappiamo a memoria, saprà infonderci un’energia inconfondibile. Una serie tv da guardare, e cantare, insieme.
a cura di Ilaria Ravarino, Livia Paccarié, Martina Barone, Manuela Santacatterina, Viola Baldi
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