Potrebbe essere un film neorealista, Umberto D. sulla metro B. La storia di Umberto Domenico Ferrari, anziano pensionato ridotto sul lastrico che entra in metro a Ponte Mammolo per dirigersi al canile di Laurentina, dove abbandonerà per sempre il suo cane Flaik. È il giorno più caldo della storia di Roma e sottoterra è l’inferno. Le scale mobili sono in manutenzione, l’ascensore è in manutenzione, il montascale è in manutenzione, Umberto arranca lungo tre rampe di scale in manutenzione.
Non ha i soldi per il biglietto (o glieli mangia la macchinetta, fate voi), elemosina qualche spiccio, raggiunge la banchina illuminata da un display che lampeggia a lutto. In quel preciso momento, Umberto capisce che la sua vita non ha più senso. Prende in braccio Flaik, l’ultimo affetto rimasto. Lo stringe a sé, naso contro muso. Oltrepassa la linea gialla. Chiude gli occhi, pronto a gettarsi al passaggio del treno. Che però, ahimè, non arriverà mai perché “c’è un buco di alimentazione elettrica da rete esterna”, gracchia l’altoparlante in manutenzione.
Le corse sono ferme. Tutte. A tempo indeterminato. Flaik scondinzola. Umberto risale in superficie, 40.8 gradi, percepiti 45, pare la Tasmania: morirà, solo e sconfitto, nella vana attesa della navetta sostitutiva.
Oppure, leggermente più scontata ma sempre valida d’estate, una classica apocalisse zombie: Roma, metro A, il giorno più caldo della storia della capitale. In cielo volteggiano i cacatua australiani, i cinghiali si rintanano nella frescura dei garage, tutto è lento, appiccicoso, immobile. Sottoterra, intanto, i lavori di rinnovo delle infrastrutture della metro, seguiti ai lavori di manutenzione straordinaria della tratta, seguiti ai lavori per la sostituzione dei binari, seguiti ai lavori per il rimpiazzo delle traversine, seguiti ai lavori di rinnovo della rete elettrica, hanno risvegliato le forze oscure che riposano nelle viscere della stazione Cornelia.
Nelle prime ore della mattina un blackout improvviso paralizza la linea: è necessario “riconfigurare il sistema di alimentazione elettrica”, dice il Twitter dell’Atac con un lessico da sci-fi anni Cinquanta. Solo in pochi tuttavia sanno che la squadra di operai inviata a “isolare alcuni gruppi di alimentazione” (è La guerra dei mondi, bellezza) sta affrontando una minaccia terrificante: una muffa aliena cresciuta a dismisura per le temperature estreme, le cui volatili spore stanno diffondendo ovunque una rabbia cieca e soprannaturale.
Le prime avvisaglie – ricorda l’operaio che salverà la città, sacrificandosi – si erano avute quattro anni fa, quando le scale mobili di Barberini si animarono, cercando di divorare, interi, 24 tifosi del CSKA Mosca. Un’”anomalia”, si diceva, che tenne chiusa la stazione metro – in pieno centro storico, a due passi da Fontana di Trevi – per 319 giorni. E invece.
Ci sarebbe poi la possibilità di richiamare nella capitale Tom Cruise, per un action movie ambientato in uno dei vagoni bloccati stamattina alla fermata di Baldo degli Ubaldi, senza aria condizionata né linea telefonica, nell’ora di punta che mette insieme – tra le 8:30 e le 9 – pendolari, pensionati, turisti, pellegrini, vacanzieri, famiglie, bambini dei centri estivi, suore, comparse di Cinecittà.
Mezz’ora di panico, la temperatura che sale, il lieve malore di una donna incinta, basta aggiungere una manciata di stunt e un gruppo di spie dirette al Colosseo (sulla metro B, ma come ci insegna Mission: Impossible andrà inquadrato comunque). Finalone con Cruise che, ammanettato a un’obliteratrice in manutenzione, guida con il gomito sinistro la navetta sostituiva in fiamme – le temperature elevate non c’entrano: è autocombustione – tentando di condurla in salvo, nel Tevere.
Si potrebbe infine raccontarla, quest’incredibile apocalisse dei mezzi di trasporto romani, rifacendoci a un altro filone della grande tradizione del cinema italiano: il cinema civile, quello degli anni Sessanta e Settanta, quello dei film – tra gli altri – di Giuliano Montaldo, Francesco Rosi ed Elio Petri. Il cinema che raccontava le mani sulla città e le indagini sui cittadini al di sopra di ogni sospetto, che denunciava la corruzione e il malaffare.
Ecco il pitch. Siamo a Roma, d’estate, la mattina di mercoledì 19 luglio: un caldo da bollino viola, migliaia di ricoveri al pronto soccorso, la Protezione Civile in strada, la metro A improvvisamente in tilt per un black out. Un disservizio, l’ultimo di tanti. Qualcuno si chiede come sia possibile che un’azienda comunale da 11.000 dipendenti sia cronicamente incapace di allinearsi a standard minimi di qualità e sicurezza. Qualcuno, sempre lui, si chiede se il problema non lo si sappia o non lo si voglia risolvere. Qualcuno comincia a chiedersi cosa rallenti quest’azienda, cosa impedisca al sistema di funzionare. Il mistero c’è, l’urgenza pure. Lo spunto è sotto gli occhi di tutti. Manca un regista che lo sviluppi. O la volontà di farlo.
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