Gypsy Rose Blanchard è pronta a raccontare al mondo la sua versione dei fatti. Nell’arco di 18 mesi, Blanchard è stata intervistata in carcere per il documentario The Prison Confessions of Gypsy Rose Blanchard di Lifetime.
Il documentario offre diverse rivelazioni che Blanchard non ha mai condiviso fino a questo momento, molte delle quali sorprenderanno gli spettatori. Sebbene la sua storia sia stata raccontata numerose volte dai telegiornali, da un documentario della HBO e persino da una sceneggiatura (The Act di Hulu), oltre che da un’intervista in carcere con il dottor Phil McGraw, questa è la prima volta che Blanchard parla degli eventi che hanno portato all’omicidio di sua madre in modo così dettagliato.
L’intervista offre inoltre ai telespettatori una panoramica del periodo trascorso in carcere, del suo matrimonio con Ryan Anderson (si sono conosciuti e sposati mentre lei era in prigione) e dei suoi rimpianti per le azioni che hanno portato alla sua condanna.
Il caso di cronaca
Nel 2016 Blanchard è stata condannata a dieci anni di carcere dopo essersi dichiarata colpevole di aver convinto Nicholas Godejohn, un ragazzo conosciuto online, a uccidere sua madre, Dee Dee Blanchard, che per anni l’aveva costretta a fingere di soffrire di gravi malattie, tra cui la leucemia, la distrofia muscolare e altre gravi patologie. È stata rilasciata in libertà vigilata dal centro correzionale di Chillicothe, nel Missouri, il 28 dicembre, dopo aver scontato l’85% della sua pena originaria.
“Ho avuto la possibilità di sviscerare tutto quello che mi è successo e ora finalmente posso raccontare l’intera storia con parole mie”, dichiara nel documentario.
In vista della prima, Blanchard ha parlato con The Hollywood Reporter del motivo per cui ha voluto aprirsi in modo così schietto, di cosa sta facendo da quando è stata rilasciata e di quali consigli darebbe ad altri che si dovessero trovare nella sua situazione.
Cosa ha fatto da quando è stata rilasciata?
Ho passato il tempo a riallacciare i rapporti con mio padre, Rod Blanchard, e la mia matrigna, Kristy, e a stare con mio marito. Siamo tornati a casa in Louisiana e ci stiamo adattando alla vita matrimoniale. Ho dovuto dare un’occhiata al suo armadio, mettere i miei vestiti a posto e integrarmi nella sua vita. Sto facendo di questo posto la mia casa.
Nel documentario di Lifetime, dice che la prima cosa che voleva fare una volta rilasciata sarebbe stata abbracciare la sua famiglia per dieci minuti. È riuscita a vivere questo momento speciale?
Sì, ci sono riuscita. È stato un momento bellissimo. Credo di averli abbracciati per dieci minuti. Uno per uno.
In questo documentario racconta molte cose che nessuno sapeva, compresa la sua famiglia. Cosa l’ha spinta ad aprirsi in modo così onesto?
Credo che il motivo principale per cui mi sono trattenuta per tutto questo tempo, e ora mi sto facendo avanti, è perché non ero emotivamente pronta. Dovevo chiarire molte cose, non solo su mia madre. Penso che quando rilasciai le mie precedenti interviste, fossero troppo incentrate sulla relazione tra mia madre e me. Ora sto arrivando a un punto in cui posso essere più sicura per aprirmi un po’ di più e sento di essere in uno spazio abbastanza sicuro per farlo. Ecco perché sono così sincera in questo documentario.
È a conoscenza di altri documentari e serie, come The Act, che hanno raccontato la sua storia? Se li ha visti, ha pensato che questa fosse l’occasione per correggere qualche errore?
In realtà non ho visto nulla. Quindi non so quali siano le inesattezze contenute in quelle versioni. Sto semplicemente entrando in scena, condividendo la mia verità. Credo che le persone possano scegliere da sole se correggere le imprecisioni guardando questa serie. Voglio semplicemente uscire allo scoperto e condividere la mia storia e la verità.
Nel documentario parla dell’importanza della terapia. Ritiene che questo uscire allo scoperto sia stata una forma di terapia?
Penso che in un certo senso lo sia stato, perché ne ho parlato, ho tirato fuori la mia storia. Ci sono stati momenti in cui ho provato emozioni che non mi aspettavo. Quindi, sì, credo che aprirsi nelle interviste sia di per sé una forma di terapia.
I produttori rivelano anche cose che lei non sapeva, come il fatto che sua madre mentì ai dottori sul fatto che lei non voleva mangiare, portando all’intubazione per l’alimentazione assistita. Ha ancora la sensazione che ci siano cose che non sa su quello che diceva alla gente?
Oh, assolutamente. Assolutamente sì. Ci sono molte cose da chiarire nella mia vita, e io conosco solo la mia prospettiva. Quindi, quando parlo con i miei familiari, scopro continuamente da loro cose che non sapevo. È come se io avessi la mia versione della mia vita e tutti gli altri avessero la loro. Quindi metto insieme le cose man mano.
Nel documentario, un medico che ha incontrato definisce sua madre una “psicopatica”. Crede che sia una valutazione accurata o un po’ troppo severa?
Non lo sapevo. Mi hai appena detto una cosa nuova. Non credo che sia una descrizione accurata. So che soffriva di problemi di salute mentale, ma non sono neanche lontanamente vicina ad avere le qualifiche per sapere quali sono le definizioni di psicopatico. Il modo in cui viene usato, comune e offensivo, non è assolutamente giusto.
Era una donna molto malata che aveva molti problemi di salute mentale e avrebbe avuto bisogno di farmaci. Avrebbe avuto bisogno di una terapia per la salute mentale, ma non è stata curata. Credo che il problema di mia madre fosse questo, non credo che fosse una persona subdola. Penso solo che avrebbe avuto bisogno di aiuto.
Quale pensa sia stato il più grande cambiamento avvenuto in lei durante il periodo di detenzione?
Onestamente, credo la maturità, perché non mi è stato permesso di fare esperienze formative. In carcere ho potuto farne e crescere. Sono il tipo di persona che commette un errore, impara da esso e va avanti, sperando di non commetterlo mai più. Credo che questo livello di maturità abbia preso il sopravvento e si può vedere la trasformazione da quando sono arrivata in carcere a quando sono uscita. Mi sono sentita una donna sicura di sé, in grado di far valere le mie ragioni, di dire di no quando era necessario, di difendermi meglio di chiunque altro.
E adesso? Dove andrà a finire?
Beh, in questo momento sto cercando di affrontare la situazione giorno per giorno, cercando di essere presente nel momento e di godermi il tempo che ho a disposizione, perché tutti dicono che la vita è breve. Quindi me la sto godendo. Negli ultimi 8 anni e mezzo ero emozionata per questa nuova vita e pronta a cominciarla. Per me ogni giorno è una novità.
Ha ambizioni hollywoodiane? E se, per esempio, i produttori di Ballando con le stelle venissero a chiamarla?
No, no, non so ballare (ride, ndr). Non ho ritmo, ma non si sa mai. A volte si presentano delle opportunità e dipende se voglio accettarle o meno. Sto prendendo le cose giorno per giorno, qualsiasi opportunità si presenti, vedremo se voglio andare fino in fondo.
È una fan di Taylor Swift. Qual è la sua canzone preferita? Ce n’è una che sente più vicina?
Sì, sono una Swiftie. Tutte le sue canzoni sono molto, molto belle. Mi piace Eyes Open e in questo momento mi piace molto Karma, è una canzone che ho ascoltato spesso.
Una nota più seria: cosa vorrebbe dire alle vittime di abusi o a chi soffre di sindrome di Munchausen? C’è un messaggio che vorrebbe condividere?
Assolutamente sì. Vorrei dire che non siete soli. Che qualcuno vi ascolterà. Se avete un amico, anche uno solo, o se vi avvicinate a qualcuno al supermercato ditegli: “Senti, penso di essere in una brutta situazione in questo momento e avrei bisogno di aiuto. Puoi aiutarmi?”. È quello che avrei voluto fare. Mi pento di come sono andate le cose. Mi pento delle scelte che ho fatto e vorrei che qualcuno mi avesse dato questo tipo di messaggio prima di fare quello che ho fatto.
Traduzione di Pietro Cecioni
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