Quante storie si sono raccontate sull’assassino che rispondeva al nome di Hans Kammler? Quale è la risposta “definitiva”, se esiste, sul destino di una delle figure più enigmatiche del Terzo Reich? Davvero il generale delle SS definito “il tecnocrate dell’annientamento”, l’uomo a cui Hitler nell’ultimo scorcio del conflitto mondiale aveva affidato in esclusiva il dossier delle armi segrete, si consegnò agli americani in nome di una verità “atomica” che ancora oggi viene sussurrata a bassa voce?
Un vortice di ricostruzioni
La storia di Kammler, a oltre sette decadi di distanza, è un vortice di illazioni, ricostruzioni, persino di folli fantasie cospirazioniste. Eppure, dopo anni di speculazioni e di controverse ricerche storiche intorno ad uno dei personaggi-chiave dell’orrore nazional-socialista nelle sue convulsioni finali, la verità su colui che fu l’ultimo detentore degli ultimi segreti del Terzo Reich è a portata di mano: ci sono molte prove ed indizi secondo le quali l’eminenza grigia del Fuehrer – l’uomo il cui “impero-ombra” era quello dei sotterranei dei lager nazisti, dato come suicida con tanto di sentenza di tribunale – nel maggio del 1945 si sarebbe presentato di persona alle autorità militari statunitensi. Le quali erano fermamente intenzionate a mettere per prime le mani – prima dei sovietici, per intendersi – sulle ricerche belliche, soprattutto nucleari, che i nazisti avrebbero condotto nei sotterranei di diversi campi di concentramento.
A cominciare da quello di Gusen, in Alta Austria. L’ultimo quartier generale del generale Kammler. Il luogo in cui forse solo per un soffio non ha visto la luce la bomba atomica dei nazisti.
Segreti nucleari che attraggono il cinema
E’ una vicenda controversa, emersa per la prima volta con un articolo del sottoscritto pubblicato da Repubblica dieci anni fa, poi tramutatasi tra l’altro in un documentario approdato su Netflix, dal titolo The Search for Hitler’s Bomb, realizzato dal regista austriaco Andreas Sulzer insieme a Stefan Brauburger e Christian Frey. Ora c’è una novità: è lo stesso Sulzer a rivelare in esclusiva a The Hollywood Reporter Roma che è in fase di scrittura un film che ripercorre la vicenda del misterioso Hans Kammler, l’uomo dei segreti nucleari del Terzo Reich. “La sceneggiatura è quasi ultimata, nei panni del generale ci sarà l’attore americano di origini tedesche Bill Oberst jr”, spiega il regista. L’inizio della produzione è previsto per il 2024.
Il fatto è che decine di storici nei decenni si sono chiesti che fine avesse fatto Kammler, considerato da Joseph Goebbels l’ultima “grande speranza”: la speranza era che sotto la sua guida prendesse corpo una scoperta che avrebbe portato al capovolgimento dei destini di guerra di una Germania ormai sull’orlo del collasso. In altre parole: che dalle frenetiche attività di Gusen emergesse “la bomba” atomica, l’arma finale. Forse grazie al lavoro “parallelo” di un secondo gruppo di ricerca nucleare al servizio del Fuehrer, quello guidato da Kurt Diepner, in contemporanea e in concorrenza con quello “ufficiale” di Werner Karl Heisenberg.
Ci sono le testimonianze, raccolte da Sulzer, che parlano di deportati “specializzati” fatti arrivare nel lager, ci sono le scoperte di presunte rampe di lancio (anche l’uomo che le progettò, l’ingegnere Karl Emil Fiebinger, finì per lavorare per lavorare per gli americani), c’è la inspiegabile scomparsa di un vastissimo numero di prigionieri (“quelli che sapevano”, dice Sulzer) negli ultimissimi giorni di guerra.
Per quel che riguarda il generale, c’è chi ha fatto ricerche sul campo cercando il corpo, si sono seguite tutte le piste (dalla morte per suicidio con il cianuro all’ipotesi che si fosse fatto sparare dal suo autista), sono stati delineati gli scenari più variegati. Ma la risposta c’è. Lo avevano preso gli Alleati. Probabilmente i servizi segreti americani.
I documenti degli ufficiali americani
A dimostrare che il generale non si è tolto la vita il 9 aprile 1945 (vi sono almeno sei versioni diverse sulla sua morte) alcuni documenti, ai quali abbiamo avuto accesso, individuati rispettivamente da Sulzer – che ormai da oltre dieci anni lavora sul “mistero Kammler” – e dal responsabile dei Musei dei lager di Treblinka e Stutthof, l’ingegnere polacco Marek Michalski: non solo l’‘Obergruppenfuehrer’ delle Ss che aveva progettato nientemeno che le camere a gas di Auschwitz, l’uomo che ordinò la strage di Warstein (208 lavoratori-schiavi fatti uccidere per un capriccio) sopravvisse alla guerra, ma almeno in due occasioni era pronto ad essere sottoposto ad interrogatorio da parte degli americani.
Il primo documento è datato 30 maggio 1945. Firmatario il colonnello Loyd K. Pepple, attivo presso il quartiere generale dell’Us Air Force, che sottopone ai suoi capi di Washington ben tre elenchi: innanzitutto, il “bottino di guerra” rappresentato dai mezzi aereonautici tedeschi, tra cui missili, caccia, elicotteri, strumenti radar e similari, poi i nomi degli scienziati, ingegneri e tecnici che avevano contribuito in modo sostanziale allo sviluppo dell’industria aeronautica e missilistica del Reich. E infine la lista più interessante: quella con i nomi dei più alti ufficiali tedeschi responsabili delle forze aeree e missilistiche tedesche.
Trentaquattro nomi
Come si afferma nel documento, trattasi di “una lista di personalità-chiave attualmente in stato di fermo per interrogatorio”. Trentaquattro nomi, in cima alla quale figura nientemeno che Hermann Goering, e tra i quali compaiono anche il feldmaresciallo Erhard Milch e “l’architetto di Hitler” nonché ministro agli Armamenti Albert Speer. Al diciottesimo posto, ecco Hans Kammler. Che, in teoria, doveva essere già morto da quasi due mesi.
Poi c’è la lettera che il generale di brigata George McDonald invia al maggiore Ernst Englander in data 2 novembre 1945. E qui la cosa si fa ancora più scottante. Tanto per cominciare, l’alto ufficiale informa di essere stato incaricato dai vertici militari di Washington di fornire “dettagliate informazioni” circa le “installazioni sotterranee” delle Ss (in particolare Gusen), aggiungendo però subito che per dare completezza al rapporto si invita a procedere a mettere in campo “le necessarie disposizioni per interrogare di persona Speer e Kammler”.
E ancora: in una precedente missiva di McDonald del 29 agosto 1945 ci sono due passaggi che inducono a pensare gli Usa avessero ben presente il tema dell’“atomica nazista” collegato in particolare ai campi di Gusen, Sankt Georgen ed Ebensee, che appunto stavano sotto il diretto controllo di Kammler.
Infatti, dopo aver spiegato caratteristiche e dimensioni delle “strutture sotterranee” in oggetto, specificando che la loro “esistenza è una risorsa militare”, il generale fa un’annotazione importante: “Si raccomanda che questo documento sia inoltrato ai quartieri generali dell’Air Force con l’idea di selezionare gli obiettivi del genere prima menzionato destinati ad esperimenti segreti con la bomba atomica portate da missili”.
La ricerca atomica dei nazisti
Bomba atomica? Ora, è anni che il regista Sulzer e altri fanno ricerca sull’ipotesi che in particolare nei tunnel del lager austriaco di Gusen – chiamato “l’inferno degli inferni”, in teoria un sottocampo di Mauthausen, in realtà molto più esteso – i nazisti, sotto il comando di Hans Kammler, oltre a produrre i caccia a reazione Messerschmitt, stessero realizzando ricerche segrete di natura nucleare.
Qui, in un infinito reticolato di gallerie scavate dagli stessi deportati, nel 2012 fu misurato un livello di radioattività “26 volte superiore alla norma”: un dato, così dichiarò al sottoscritto un geologo dell’università di Vienna, “compatibile con ricerche nucleari” che sarebbero state condotte nei sotterranei di Gusen.
Un segreto che doveva rimanere tale
Ebbene: come qualche anno fa ci riferì lo storico locale Rudolf Haunschmied, “dai documenti sappiamo che più si avvicina la fine della guerra, più Gusen diventa cruciale. Hitler stesso esigeva di venire costantemente informato su questo campo”. Nei suoi diari, è il ministro della Propaganda Goebbels a scrivere, nell’annotazione datata 31 marzo 1945, che “se i generali della Luftwaffe si volgono contro le istruzioni di Kammler, il Fuehrer intende procedere con sentenze dei tribunali di guerra e con fucilazioni”.
In pratica, il generale è considerato – a pochi giorni dalla catastrofe finale – una figura cruciale per la sopravvivenza del Reich. Le domande si sprecano. Per esempio: per quale motivo, se Kammler è finito prigioniero degli americani, non è mai comparso alla sbarra del processo di Norimberga, come per esempio Speer e di Goering? Forse il suo segreto doveva rimanere tale? “La risposta quasi certamente è affermativa”, incalza Andreas Sulzer.
Intanto però, gli ulteriori documenti emersi nel tempo “non lasciano più alcun dubbio riguardo al fatto che Kammler fosse in mano americana”: così scrissero lo storico tedesco Rainer Karlsch ed il giornalista Frank Doebert in un articolo pubblicato nel 2019 dal Woodrow Wilson Center di Washington. Il primo a riferire che il “generale del diavolo” era stato preso in consegna dagli americani era stato qualche anno fa John Richardson, figlio di Donald Richardson, agente dell’Oss (Office of Strategic Services, antesignano della Cia) nonché agente speciale del Cic (Counter Intelligence Corps): era stato lui a portare il generale delle Ss negli Stati Uniti, ha raccontato l’agente ai suoi figli poco prima di morire.
Un’affermazione indirettamente sostenuta da un documento del Cic targato “Nnd 785009”, declassificato nel 1978, nel quale si afferma che “Kammler apparve agli uomini del Cic a Gmunden e fece una dichiarazione dettagliata sulle operazioni della Baustelle Ebensee”, ossia proprio il sistema di gallerie sotterranee compreso dai campi di Mauthausen, Ebensee e Gusen. Anche questo incontro in tutta evidenza è avvenuto quando, in teoria, il generale era già scomparso oppure morto.
Dai tunnel di Gusen a Little Boy
Insomma, quella che ruota intorno a Kammler e ai tunnel di Gusen è una delle vicende più controverse del Terzo Reich, legata agli ultimi mesi di una Germania nazista ormai sull’orlo del precipizio, con il mondo che sta scoprendo l’orrore infinito dei campi di concentramento e i servizi segreti alleati che sguinzagliano i loro migliori agenti alla scoperta di quelli che erano gli ultimi segreti dell’immensa macchina di morte hitleriana.
Un mistero condito di un’infinità di indizi, che però girano tutti intorno ad una manciata di domande: cos’è che rendeva Kammler così prezioso agli occhi di Washington? Davvero la sua chiave per l’America era l’atomica di Hitler? Davvero, come affermato dal figlio dell’agente Don Richardson (chiamato “gli occhi e le orecchie di Eisenhower”, presente a Yalta), il generale potrebbe avere consegnato agli Usa una valigetta di uranio estratto a Gusen?
Ebbene sì: dev’essere ancora scritta l’ultima parola di questo grande mistero.
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