Formula E Unplugged. Titolo geniale, che in tre parole racchiude la moderna rivoluzione tecnica e tecnologica del circus più giovane e con una buona dose di ironia e un sapiente uso di una parola che racconta il meglio di ciò che spesso è nascosto stando alla vista di tutti (come il mitico Mtv Unplugged dei Nirvana, tuttora il live più amato di quella band storica), ci mette al centro di un nuovo mondo. Motoristico, ma non solo.
Questa docuserie, arrivata alla terza stagione, passata per varie piattaforme e infine atterrata, appunto, alla disponibilità di tutti, su Youtube (la rivoluzione copernicana di questo millennio), dal 2 gennaio 2024, è come il suo circus, imprevedibile e sorprendente. Nata dall’ispirazione dell’esperimento analogo che Netflix ha fatto con la Formula 1, questa terza stagione (il format parte nel 2021) si concentra sulla nona del paddock più silenzioso e inodore della FIA, la più emozionante, che ha visto, all’ultimo fine settimana risolversi la competizione tra i piloti, con Jake Dennis a vincere il suo primo campionato del mondo con una drammaturgia che neanche in una sceneggiatura e la scuderia rivale di quella che lui rappresenta ad accaparrarsi il campionato costruttori.
Per chi ama la Formula 1, qualcosa di utopico e lontano nel tempo (per una competizione così serrata bisogna tornare, forse, ai tempi di Schumacher, Massa e Irvine, per non parlare di Senna e Prost, prima insomma che la tecnologia “insostenibile” cannibalizzasse il talento dei piloti).
Finora a disposizione c’è un trailer che fa capire molto del thriller che animerà questa docuserie e di quanto sia davvero poco embedded. Trailer, lo diciamo incidentalmente, che ha già raggiunto il milione di vsualizzazioni.
Tim Glass, direttore della programmazione e dei contenuti della Formula E, non ha usato mezzi termini per presentare il prodotto che il pubblico può vedere dall’alba del 2024, il 2 gennaio, una dozzina di giorni prima dell’esordio della decima storica stagione di questo circus mondiale costituito solo da scuderie che utilizzano motori elettrici e sostenibili.
“Le telecamere Unplugged hanno catturato letteralmente ogni angolo di quella che è stata la nostra stagione più drammatica e grande di sempre. Ci sono scontri e incidenti, azione ad alta velocità e rivalità intensissime, e tutto questo nei luoghi più iconici delle città più belle e importanti del mondo, da Città del Capo a San Paolo a Londra”. E Roma, aggiungiamo, doppio appuntamento che sta cambiando velocemente la percezione di questo sport nella Capitale e in Italia. “Unplugged è il modo perfetto per i nuovi fan di aggiornarsi sulla Formula E proprio all’inizio di una nuova stagione e per i fan più devoti di avere una prospettiva completamente diversa e nuova sulla scorsa stagione”.
Noi proviamo a farci raccontare la serie da un insider, Eugenio Franzetti, direttore DS Performance dipartimento Motosport del brand Ds Automobiles, uno dei marchi premium del gruppo Stellantis, che con la la vecchia Dragon Racing fondata da Jay Penske, poi divenuta Penske Autosport, una delle colonne fondatrici del movimento, ha dato vita alla scuderia DS Penske.
“Il parere è assolutamente positivo, bravi a loro a rifarlo anche quest’anno. La Formula E è un campionato nell’ambito del motosport molto giovane, entra adesso nella sua decima stagione, basti pensare che la F1 ne ha 7o. La crescita del movimento però è esponenziale, perché è sulla strada giusta, quella del futuro, della rivoluzione elettrica, ma ha ancora bisogno di crescere in notorietà e visibilità e quindi una docuserie dal linguaggio così giovane e curato è un modo intelligente per portarla a tutti.
Noi costruttori di questa che è visibilità positiva siamo molto felici, anche per lo stile furbo, al passo coi tempi, di classe ed esteticamente validissimo. Non ci dà solo visibilità, ma narrazione. E lo fa sulla piattaforma che prima di tutte le altre, gratuitamente, ha alfabetizzato il mondo per quanto riguarda lo storytelling audiovisivo di massa. Non poteva esserci scelta migliore “.
Inevitabile finire su Ferrari di Michael Mann – a dire il vero deludentissimo al box office USA e appena sufficiente in quello italiano – e chiedersi se la Formula E e i grandi nomi tra piloti e scuderie che vi paertecipano possano trainare l’immaginario degli appassionati di motori proprio come fece il nascente circus e l’aura di Enzo Ferrari fecero decenni fa.
“La verità è che noi non dobbiamo pensare a essere un alter ego, ma un’ottima alternativa, possono essere due mondi che viaggiano e vivono paralleli. Chissà, magari un giorno convergeranno, perché sappiamo in che direzione di sostenibilità sta andando il mondo, ma fino a quel momento potranno convivere, dividersi i target di pubblico – più maturo e maschile la F1, più giovane e femminile la Formula E -, ma dalla Formula 1 gloriosa e da Ferrari dobbiamo prendere ispirazione. Dalla sua, dalla loro capacità di anticipare i tempi su tecnica e tecnologia, su come organizzare e far crescere il motosport anche mediaticamente”.
D’altronde il primo seme della Formula E, nel 2011, arriva da Jean Todt, allora presidente della Fia (la Federazione Internazionale Automobilistica) e prima direttore tecnico e Amministratore Delegato di Ferrari Spa. Uno che aveva capito come si dovesse ridare centralità alla sperimentazione, ai piloti, alla bellezza dei circuiti.
“Sono tre punti salienti della Formula E che ha nella sua natura l’essere l’apice estremo in termini tecnologici della rivoluzione elettrica, siamo noi che faremo sì che questa rivoluzione sia veloce, rapida, sicura e che potrà anticipare un po’ i tempi rispetto al previsto. Come sempre tu porti all’estremo le tecnologie del motosport, arrivano sulle vetture super sportive, poi su quelle premium e infine alle mainstream. Noi siamo un acceleratore consapevole di questo processo così come lo è questo racconto in video così avvincente e ben fatto.
I piloti, e veniamo al secondo punto, sono al centro del nostro mondo, che si fonda su una guida tecnicamente molto difficile, fisica, che necessità di talento e strategia: il cervello è importante quanto se non di più del motore che ha sotto il pilota. Lo è la mente individuale di chi è alla guida come quella collettiva del team. Le persone, prima dellle macchine.
Infine, l’impatto zero come inquinamento, è vero, consente alle gare e alle prove di svolgersi, come a Roma, in luoghi iconici e suggestivi. Pensa che quest’anno avremo un nuovo circuito, nel pieno della Baia di Tokyo: già immagino uno degli scenari più suggestivi mai visti nel mondo dei motori”.
Direbbero a Hollywood che già queste tre piste narrative rendono questa sceneggiatura decisamente bankable. “Credo che questi siano alcuni dei motivi per cui dopo solo dieci anni siamo il terzo campionato mondiale automobilistico per seguito e fan – continua Franzetti -. Il quarto punto, ma forse il più importante, e non viene affatto trascurato dalla docuserie, è che c’è un enorme rispetto per l’ambiente e un’evoluzione forte del concetto di sostenibilità che diventano parte attiva della performance in un’epoca storica in cui sono temi di dibattito tra i ragazzi più giovani”.
Un mix che sa essere spettacolare: il pilota deve gestire l’energia rimanente, quasi fosse una vita in un videogioco e alla suspence del risultato e dell’affidabilità si aggiunge quello della gestione delle risorse (non lontana, in fondo, dai pit stop vecchia maniera nelle Millemiglia, almeno concettualmente). Lo spettatore ha davanti una sorta di consolle con tutti i dati e li vede in tempo reale e il pubblico più giovane va pazzo per questo aspetto più gaming.
“Ti do un esempio facile facile, su una risorsa fondamentale, gli pneumatici: abbiamo un solo tipo di gomma, che piova o la pista sia asciutta, una sola mescola e in ogni gara usiamo solo due treni di gomma, otto pneumatici. Se è una gara doppia come quella capitolina, tre. Capisci che i nostri numeri, già solo in questo settore, sono drasticamente ridotti rispetto ai campionati competitor. Perché non si deve dimenticare che si risparmia denaro e si limitano enormemente le emissioni di CO2 legate a trasporto e stoccaggio. E lo facciamo per dare un segnale, prima ancora che per una sostenibilità economica e ambientale: agire così è un segnale di rispetto per il pianeta”.
Sul futuro della narrazione audiovisiva del team DS Penske “a ora non pensiamo di fare altro rispetto a ciò che già è in programma sui nostri account ufficiali, social e non, che sono già strumenti di alto livello di racconto video. Naturalmente vista la nostra doppia natura che vede una presenza massiccia nell’immaginario mediatico della galassia Penske che si intreccia con noi che siamo i costruttuori, che si occupano del motore, non possiamo non porre un’attenzione speciale a questo mondo.
Il nostro è un mix perfetto: da una parte il software tecnico di DS Performance, dall’altra l’abilità di Penske Autosport di gestire la macchina in pista. E in questo c’è anche il lavorare in perfetta sinergia a una crescita a livello comunicativo, una strategia condivisa totalmente anche se i contenuti vengono prodotti da entrambi tra canali video, brand content, canali social.
Abbiamo una produzione notevole, con il supporto di agenzie professionali che ci permettono di raccontarci in tempo reale e di essere su ogni campo dell’innovazione di espressione mediatica. Per ora preferiamo supportare, per investimenti e contenuti di più ampio respiro, il movimento della Formula E nella sua interezza. Per intenderci: meglio una docuserie come Formula E Unplugged sull’intero campionato che su un singolo team”.
Inevitabile, per curiosità e perché The Hollywood Reporter Roma, in fondo, fa parte della stessa scuderia, chiedere quali siano gli obiettivi sportivi e industiali del 2024 e dei prossimi anni. “Gli obiettivi sportivi sono chiari, quasi ovvi: fare meglio della scorsa stagione, per la tradizione che abbiamo oltre che per le nostre ambizioni. Siamo il costruttore che ha vinto di più in Formula E, abbiamo dei piloti eccezionali (tre campionati del mondo in due) e aver chiuso quinti il 2023 non può renderci soddisfatti.
Il nostro obiettivo è quello di dare ai ragazzi una macchina più performante e quello industriale è di utilizzare le enormi esperienze che stiamo facendo in Formula E e trasferirle sui prodotti stradali, usare le vittorie da booster per la comunicazione e l’immagine del nostro marchio o del nostro team. Rimarremo qui, non andremo su altri campionati, perché qui è il futuro. Ci crediamo così tanto che DS, dal 2024 lancerà solo nuovi modelli 100% elettrici. Questo è il luogo in cui vogliamo e dobbiamo stare”.
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