Atomic Heart fa vivere l’Unione sovietica in un videogioco. L’opera prima dello studio russo Mundfish, che ha però sede a Cipro, introduce i giocatori a una strana utopia comunista. Un’ambientazione – per certi versi – mai vista prima in un’opera di intrattenimento. E proprio per questa ragione ha fatto parlare molto di sé, nel bene ma soprattutto nel male. Il segreto di tante critiche si cela nei primi minuti di gioco, nella sua sequenza di apertura.
Il protagonista, con visuale in prima persona, è guidato lungo un canale che taglia la città. Procedendo sopra una sorta di vaporetto e conversando con un’intelligenza artificiale sua assistente. Osserva a destra e sinistra palazzi alti e pittoreschi, colorati in tonalità rosse e bianche, tra monumenti di ode al comunismo sovietico e persone felici, seguite da automi programmati per servire l’essere umano. Il concept è semplice: un 1955 alternativo in cui l’Urss è una società iper- tecnologica e controllata attraverso un software chiamato Kollektiv.
Un’ucronia, come tante se ne stanno vedendo nei videogiochi e nei film. Un videogioco controverso sotto molti punti di vista, fumoso e poco chiaro nella sua narrazione. Passa dalla critica all’esaltazione, in un ping pong poco netto e di vaga interpretazione. Ma è un caso iconico, visto che il videogioco – in quanto mezzo di massa – può essere il nuovo “braccio armato” della propaganda culturale.
Una timida critica
Nel corso della celebrazione per il lancio del nuovo Kollektiv, gli androidi si ribellano, cercando di uccidere P-3, il protagonista. Il sistema automatizzato che gestisce il Paese è stato manomesso, e i robot sono tutti impazziti. Il resto del gioco è alquanto intuibile, una “carneficina” di robot e circuiti in ambientazioni labirintiche confuse, poco ispirate rispetto alla loro controparte esterna, che invece affonda le mani nell’architettura da propaganda sovietica. E la storia prosegue con colpi di scena e tradimenti prevedibili, in una narrativa alquanto banale rispetto alle aspettative. Giocando sorgono diversi dubbi. Che non lasciano la testa fino alla fine, e anche dopo. Ci sono sezioni di gioco con critiche all’autoritarismo, ma non sembrano molto convinte.
Facile è tracciare un parallelismo tra Atomic Heart e Wolfenstein. La differenza tra i due titoli (entrambi trainati da una narrativa forte e senza possibilità di scelta), però, è nel punto di vista.
Nell’opera di Machine Games – ambientata in un passato alternativo in cui la Germania nazista ha vinto la guerra mondiale – interpretiamo personaggi oppressi dal regime, dei rivoluzionari antifascisti (in Wolfenstein: Youngblood collaboriamo con i partigiani della Maquis). È chiaro che siamo i buoni. Ma in Atomic Heart il nostro personaggio è un membro del Kgb, che opera direttamente per conto di alcuni potenti del sistema. La sua azione, per gran parte del gioco, è strettamente legata a mantenere intatta la struttura su cui poggia questa “utopica” Unione Sovietica, e metterla in discussione non sembra nelle sue intenzioni.
Interpretare il Kgb in Atomic Heart
Il carattere di P-3 è burbero e cinico, oltre che dannatamente fastidioso, e nel corso dell’avventura non ha una grande evoluzione psicologica. È quasi un burattino con poca coscienza di ciò che sta avvenendo attorno a lui: spara, si lamenta e fa battute. Ma d’altronde la scrittura videoludica nelle opere di guerra molto spesso realizza protagonisti alla macho man che “non devono chiedere mai”.
Segue gli ordini del suo superiore Sechenov, e non si rende conto che il nuovo aggiornamento del Kollektiv avrebbe in realtà portato a un controllo mentale di massa. In questo frangente si costruisce una timida critica all’autoritarismo, ma non al sistema in sé. Risulta quindi tutto abbastanza sfumato e fraintendibile, poiché completamente inghiottito dall’estetica degli ambienti, che è il punto forte di questa prima produzione di Mundfish, nonché unico elemento “spettacolare” che ha attirato il pubblico anche grazie alla forte campagna di marketing. Ma a non giocare a favore di Atomic Heart è il contesto storico: il gioco è infatti uscito in tutto il mondo (con una distribuzione anche in Russia) a circa un anno dall’invasione dell’Ucraina da parte dell’esercito di Putin.
Un momento storico che mette il titolo sotto una lente nettamente diversa, e problematica. Essendo realizzato da un team di sviluppo russo, nonostante abbia sede a Cipro, Atomic Heart ha attirato l’attenzione dei giornali, nel tentativo di capire le posizioni enigmatiche degli sviluppatori sulla guerra. E infatti le critiche al gioco nascono da molto prima del suo effettivo arrivo nelle case dei giocatori e delle giocatrici, con grandi contestazioni sui social.
Il “no comment” di Mundfish
Tutto è cominciato con l’annuncio della data di uscita, il 21 febbraio. Una data molto vicina all’anniversario dell’invasione russa dell’Ucraina e al giorno dei difensori per la patria, festività russa che cade il 23 febbraio. Ma non è stato solo questo ad attirare critiche, anche le due androidi “gemelle” presenti nel gioco (nonché personaggi da sconfiggere) e nelle varie copertine avevano un taglio di capelli che richiamava alla politica Yulia Tymoshenko, leader del partito Unione Pan-Ucraina “Patria” (Batkivshchyna): un partito nazionalista ucraino, liberale e filo-europeo.
A seguito di diversi reportage, il ministro ucraino per la trasformazione digitale Mykhailo Fedorov criticò il gioco chiedendo ai grandi distributori una messa al bando. L’accusa era di supportare la Russia, la sua propaganda e la guerra contro l’Ucraina. E la risposta della casa di sviluppo non sciolse il dubbio sulla questione. Su Twitter, Mundfish scrisse: “Vogliamo assicurarvi che siamo un team globale focalizzato su un gioco innovativo”. “Siamo innegabilmente un’organizzazione a favore della pace e contro la violenza sulle persone”, si legge nel comunicato.
In una risposta ad alcuni giocatori su Twitter (che ora si chiama X), Mundfish ha anche scritto che “non commentiamo su politica o religione”. Una posizione politica che – nel contesto della guerra – fa sorgere più di un dubbio sui legami della casa di sviluppo con la Russia, e in generale sulle loro intenzioni nella narrativa di gioco.
Atomic Heart e i contatti con Gazprom
Un’altra grande accusa rivolta ad Atomic Heart riguarda i dati dei giocatori russi, nonché i fondi con il quale è stato realizzato il gioco. L’opera di Mundfish è stata accusata di raccogliere dati dei giocatori russi e di fornirli al governo di Putin, fatto che gli sviluppatori hanno smentito, affermando che le policy del loro sito erano “datate e non aggiornate”, e chiarendo che non “raccolgono dati degli utenti”.
Sul versante dei fondi la faccenda si fa più torbida. Secondo il giornale Ain.capital, Mundfish è finanziata da investitori russi. Tra questi risulta esserci anche un top manager della Gazprom, azienda petrolifera e mineraria controllata dal governo russo, con legami anche alla banca VTB e all’oligarca Oleg Deripaska, accusato dagli Stati Uniti di “minacciare la vita di rivali in affari, intercettare illegalmente un funzionario governativo e prendere parte a estorsioni e racket”. Una persona che ha ricevuto sanzioni e divieti di viaggio anche dall’Unione Europea.
Infine, in Russia Atomic Heart è stato distribuito attraverso i servizi di Vk Play, piattaforma russa del famoso social network Vkontakte, di proprietà di Gazprom Media. Secondo quanto scritto dal settimanale tedesco Der Spiegel, il fondatore di Mundfish lavorava come addetto alle pubbliche relazioni per VK.com. Non è quindi chiaro quale sia il ruolo di Atomic Heart. È un progetto di puro escapismo scritto male o parte della propaganda attraverso il videogioco? Le prove puntano più alla seconda opzione.
Per questo articolo è stata provata la versione Xbox Series S di Atomic Heart
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