Il corpo può essere una prigione. E il mondo virtuale un baluardo di liberazione, fuori dai confini. Quello che negli anni Ottanta chiamavamo fascinosamente cyberspazio può essere un luogo in cui scoprire se stessi e l’esperienza di altre persone, e magari ragionare su temi d’attualità, molto reali. Body of Mine punta proprio a questo.
“Quest’esperienza nasce da un momento difficile e di isolamento”, ha raccontato a The Hollywood Reporter Roma Cameron Kostopoulos, creatore dell’esperienza assieme al team di Kost, e ora in concorso nella sezione Venice Immersive della Mostra del Cinema di Venezia.
“Quando ho fatto coming out ai miei genitori ho perso tantissime persone a me vicine”, continua l’autore, “e quindi ho cominciato la mia ricerca di uno spazio sicuro, chiedendomi come utilizzare la realtà virtuale per creare luoghi che nel mondo reale sono difficilissimi da trovare”.
L’installazione in VR di Kostopoulos, dopo uno sviluppo di quasi un anno e mezzo e con l’aiuto di sei persone, utilizza la tecnologia della realtà virtuale per parlare della disforia di genere, ovvero quando una persona non si riconosce nel genere assegnatogli alla nascita e nel sesso fenotipico, percependo quindi il proprio corpo come qualcosa che non lo rappresenta, che non lo fa sentire a suo agio.
Al Lazzaretto Vecchio sono diverse le opere che rappresentano le tematiche LGBTQ+, come l’esperienza Finally Me di Marcio Sal e Queer Utopia: Act I Cruising di Lui Avallos. Si tratta di un segnale forte da parte dei curatori della sezione, che mostrano quindi la loro intenzione di rendere questa piccola Isola uno spazio inclusivo e di libera espressione.
Body of Mine
Una volta entrati nella black box, passando attraverso un allestimento preparato dal sorridente team di Kost, Body of Mine è un’esperienza che coinvolge non soltanto attraverso il visore, ma soprattutto attraverso un sistema di body tracking: sensori posizionati su punti specifici del corpo che seguono in modo abbastanza preciso i movimenti dell’utente.
Indossato il visore, l’utente si trova all’interno di una cassa toracica, “intrappolato” nel suo corpo e con le costole a fare da sbarre. Si vede chiaramente il cuore che batte, mentre al centro della “stanza” virtuale c’è uno specchio. Nel riflesso è possibile notare un personaggio con i movimenti sincronizzati a quelli degli utenti, e di genere differente a quello in cui si identifica. Lo sbattere delle palpebre è sincronizzato, e in prossimità dei sensori una serie di luci illumina diverse parti del corpo, con cui i giocatori e le giocatrici possono interagire e ascoltare la voce di persone trans che raccontano la propria esperienza e percorso.
“Vogliamo far sentire le persone a loro agio nel proprio corpo, divulgando sul diritto alla salute delle persone trans e creando consapevolezza”, spiega l’autore. E continua: “Body of Mine ha anche un obiettivo educativo”, proprio per questo – come ci ha confermato l’autore – l’idea è di distribuire l’esperienza gratuitamente.
Il futuro del progetto
Body of Mine è ancora un work in progress e ci sono ancora molte cose che possono essere aggiustate e aggiunte, ammette Kostopoulos: “Vorremmo portarlo su un visore che sia mainstream, magari usare l’intelligenza artificiale per creare un chatbot e fare esperienza dei pronomi in un dialogo”.
Un’altra funzione che il team ha pensato di inserire riguarda anche la possibilità di provare diversi capi di vestiario, trasmettendo quindi la propria identità di genere e il proprio estro. “In Texas se sei una ragazza trans, e ti vedono indossare un vestito lungo in pubblico, potresti essere cacciata da casa”, spiega l’autore, “ma nella privacy di un visore puoi provare tutti i vestiti che vuoi e nessuno lo può sapere, puoi sentirti te stessa”.
La missione divulgativa del progetto però aspira ad essere ancora più grande: “Sarebbe fantastico poterlo portare nelle scuole e sensibilizzare i giovani sul tema, facendo sentire a proprio agio anche i ragazzi e le ragazze trans che ogni giorno vengono presi di mira dalla società e da leggi statali di stampo conservatore”.
“Io vengo dagli Stati Uniti – racconta Kostopoulos – e in stati come Texas e Florida ci sono tantissime leggi contro le persone trans, la loro vita è in pericolo”.
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