La fitta nebbia rende difficile vedere a un palmo dal naso. La steppa è lugubre, marcia. E una porta, una pietra gigantesca, blocca il cammino. Le ambientazioni da fantasy gotico di Diablo 4 sono spesso così: il fango che ribolle nella palude, alberi spogli e sussurri inquietanti che dipingono un luogo corrotto dal male.
Un male che torna, come spesso fa il male (purtroppo), e una lotta tra angeli e demoni con qualche povero mortale di mezzo con l’ingrato compito di salvare il mondo. Cerchiamo di sconfiggere le forze demoniache in scontri all’ultimo sangue, con preghiere da fondamentalisti: forse non siamo meglio di chi stiamo combattendo.
La tetra esperienza di Diablo 4
Una massiccia roccia, con un bassorilievo decorato, ostruisce il passaggio al giovane incantatore Yorin, che cerca disperatamente di trovare una via d’uscita. Nella nebbia riecheggiano delle urla. Spettri, spiriti, banshee. Non vogliono farci proseguire. “Tienili lontani”, urla Yorin, sopraffatto dall’ansia. “Fai in fretta”, rispondo. Nello zaino ci sono poche pozioni di cura, la maggior parte sono state utilizzate per arrivare fin qui. E anche le armi sono quasi completamente usurate dalle precedenti battaglie, così come l’armatura.
La lama fende la nebbia mentre il pallore delle banshee gela il sangue nelle vene. Alla fine del combattimento sono esausto. Ma il rumore di una roccia che si smuove risveglia gli animi. “Presto!”, urla Yorin. Entrambi ci fiondiamo nel Tumulo Gemente.
La cripta è fredda, lugubre. Un lungo corridoio buio collega l’ingresso all’altare principale. Petali rossi indicano la via, ma non sono un buon segnale. Simboli giganteschi sulla viva pietra: “Marchi demoniaci?”, chiede stupito Yorin. In cuor nostro sapevamo a cosa stavamo andando incontro: “Lilith è stata qui”.
Lei, l’antagonista principale di questo nuovo capitolo di Diablo, la figlia di Mefisto, è tornata a terrorizzare il mondo di Sanctuarium (ancora).
Dal tre al quattro
Il racconto in prima persona è quello di una missione di Diablo 4, il nuovo videogioco gdr (gioco di ruolo) d’azione di Blizzard, al livello 10 – quando cioè si comincia a prendere dimestichezza con le meccaniche di gioco e coscienza del proprio personaggio (barbaro, druido, negromante, tagliagole e incantatrice).
Ma di momenti come questi, nel corso delle decine e decine di ore di Diablo 4, ce ne sono tanti. Sequenze che colpiscono nel profondo, più che nel capitolo precedente, che aveva abbandonato l’anima dark del secondo e storico Diablo scegliendo un approccio da cartoon. Una strada che non aveva portato lontano.
Ora i colori sono desaturati, i livelli sviluppati in un labirinto intricato, ma naturale e uniforme, con splendidi scorci e terreni di battaglia “vivi”. I giocatori possono interagire con gli elementi dell’ambiente, movimentando gli scontri, aumentando il ritmo della battaglia come i battiti di un metronomo.
Diablo 4 è maturo, cupo e affascinante.
Un gioco importante per Blizzard
Non è un’uscita come le altre per la software house di Irvine. La Blizzard di una volta, quella di World of Warcraft, Diablo II e StarCraft II, non c’è più. In questi ultimi anni la compagnia non è stata in grado di trattenere i talenti, di valorizzarli e – allo stesso tempo – di proporsi come un posto accogliente in cui “ogni voce conta”, come recita la statua all’esterno dell’ufficio centrale in California.
Negli ultimi anni, tra scandali e terremoti manageriali, l’azienda non è riuscita a incassare successi commerciali. E solo l’anno scorso ha pubblicato Diablo Immortal, una “Diablo experience” per smartphone che ha suscitato molte polemiche per il suo sistema di monetizzazione (è stata bandita in Olanda e Belgio perché infrangeva le leggi sul gioco d’azzardo). Nel nuovo capitolo, però, tornano sia i contenuti che il rispetto per gli appassionati. L’attrattiva è grande anche per chi, del franchise, non conosce niente.
Per gli appassionati e non
Diablo 4 è il titolo del grande ritorno Blizzard. Torna il fantasy gotico, le meccaniche di gioco richiamano i classici gdr di stampo occidentale, ma rinfrescate e attuali. La storia è scontata, ma vivificata da inquadrature e video cinematici e una recitazione eccellente (ottimo il doppiaggio italiano).
Una “Diablo experience” da manuale, un investimento sicuro per l’azienda di Irvine. Decine di ore di contenuto (potenzialmente centinaia) che sapranno parlare agli appassionati, e che riescono a strizzare l’occhio anche a chi non ha mai vissuto l’infernale mondo di Diablo. Bastava una riforma: è stata una rivoluzione.
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