Cowgirl e dinosauri, cibi che prendono vita ed enigmi da risolvere in atmosfere spettrali. Superate le postazioni di vecchie console, avvolte in una luce al neon e dallo sfarfallio ipnotizzante dei televisori a tubo catodico, il festival del videogioco Rome Video Game Lab – dal 25 al 28 gennaio – ha ospitato diversi studi di videogiochi indipendenti, con annessi progetti in lavorazione.
Alcuni erano videogiochi in cerca di editori, e in questa sede sono anche riusciti ad avere incontri con qualche professionista del settore, in un periodo di grande crisi. “Eravamo in contatto con un publisher, sembrava tutto pronto ma pochi giorni fa si è tirato indietro”, racconta uno sviluppatore. Una crisi che si sente nell’aria, nell’incertezza che emerge dalle parole dei team. E i licenziamenti nei più grossi conglomerati dell’industria preoccupano. “Siamo l’industria dell’intrattenimento che fattura più di tutte, e nonostante ciò ci sono questi grossi tagli. Purtroppo non siamo un settore sindacalizzato”, afferma un altro sviluppatore.
Una cosa, però, è certa: le idee non mancano. E forse anche la speranza è l’ultima a morire. All’Auditorium Parco della Musica di Roma, nonostante un po’ di confusione sulla segnaletica per riuscire a raggiungere le varie aree allestite, la kermesse del videogioco diretta da Giovanna Marinelli ha radunato team che arrivano sì dall’Italia, ma anche internazionali.
GladiEATers
È il caso di MilkBubblesGames, un team che lavora completamente in remoto e che sta sviluppando GladiEATers, un gioco di cucina, ma anche di combattimento. Una volta scelto il proprio personaggio, si affronta un minigioco in cui si cucina un piatto come dei veri chef. Una volta concluso, ecco che il piatto prende vita e comincia una battaglia a turni con gli altri cuochi del gioco. Un’idea che cattura certamente l’attenzione, ma che è nata per un incomprensione.
“Stavo parlando con il mio migliore amico, e gli ho raccontato di quanto volessi tornare indietro nel tempo per inventare il primo videogioco in cui si catturano creature e mostri”, racconta a The Hollywood Reporter Roma Oliver Georgallis, co-fondatore di MilkBubblesGames. “Ma non mi stava davvero ascoltando, e immediatamente mi ha detto :‘Dovresti fare un videogioco di cucina’. Ma io ero ancora convinto si stesse riferendo al catturare creature. Il resto è storia”.
Georgallis, originario di Cipro, vive a Londra, e si sta dedicando a tempo pieno nello sviluppo del gioco, un progetto che è cominciato subito dopo aver abbandonato il suo precedente lavoro, cioè il cuoco. Nasce così un progetto ibrido tra Pokémon e Cooking mama, con uno stile in pixel art tenera e gradevole.
“Non c’è uno schema prestabilito su come funziona un gioco di cucina e combattimento, non avevamo esempi esistenti”, aggiunge Georgallis. “Ma volevamo che queste fasi distinte di gioco fossero interconnesse, che la parte di cucina dei piatti influenzasse le statistiche delle creature in fase di combattimento a turni”.
Handmancers, cioè carta, forbice e sasso
Sul fronte degli studi italiani, si alternano invece videogiochi di sopravvivenza a tema western e dinosauri come Dino Path Trail, di Void Pointer, e spettrali biblioteche intrise di enigmi in un Codice Da Vinci in salsa Divina commedia come Project Dante di One O One Games. E poi qualcuno decide di tornare alle basi, al sempre moderno carta, forbice e sasso.
Handmancers, sviluppato da NonStudio, è un’esperienza in prima persona in cui i giocatori si cimentano nella classica morra, ma con un’aggiunta. “Ogni gioco di combattimento è sostanzialmente carta, forbice, sasso”, spiega a THR Roma Nicolò Sampietri, artista di NonStudio. “Anche se questa cosa non è palese, noi abbiamo voluto esplicitarla, ma con l’aggiunta di dinamiche da gioco di carte”.
Il progetto di NonStudio è infatti un videogioco di carte, modificabili e potenziabili, e di battaglie con creature fantasy e con fazioni contrapposte. Ma è anche un gioco di strategia, dove è bilanciare tra momenti più offensivi e più difensivi, nonché capire quando è il momento migliore per procurarsi un crampo alla mano.
Teom – The Enemy of Mine
In uno scenario post-apocalittico, invece, un robot affronta un viaggio interiore, in un videogioco di strategia (nello specifico del sottogenere tower defense) dallo stile grafico cartoonesco, e dai livelli man mano sempre più stratificati e complessi.
“Il progetto di Teom – The Enemy of Mine nasce durante una Global Game Jam del 2021, e inizialmente avevamo pensato a questo gioco in due fasi, in cui prima costruivi le tue difese e poi le attaccavi”, racconta a THR Roma Matteo Maravalle di Voxel Studios, un piccolo team che si occupa principalmente di grafiche pubblicitarie per terzi, e che contemporaneamente, “nei momenti morti”, sta sviluppando il suo primo videogioco.
“Questo però disincentivava il giocatore a costruire bene durante la fase difensiva, per cui abbiamo completamente tagliato la fase di attacco”, continua Maravalle, mostrando una delle torrette del gioco stampata in 3D e appoggiata sul loro stand. “Ma visto che senza quella particolarità il gioco diventava un classico tower defense, per innovare il genere abbiamo inserito dei livelli dinamici, oggetti interattivi, la modalità campagna e quella roguelike, potenzialmente infinita”.
“Solitamente nei tower defense la trama è molto semplice, tipo ‘salva il mondo o l’universo’”, aggiunge Marco Amabili, di Voxel Studios. “Qui invece è una storia personale, sono sempre due forze che si scontrano, ma è un conflitto interno del personaggio, più intimo”.
Teom, come tanti altri progetti presenti nei giorni di Rome Video Game Lab, sono puliti. Nel senso, sembrano videogiochi già presenti sul mercato, e non mostrati in anteprima. Alcuni hanno già un publisher e una finestra di uscita, altri invece, hanno ancora bisogno di un anno di sviluppo. C’è da vedere come si muoverà il settore, e quanto durerà questa crisi economica, non di idee.
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