Il Forte Prenestino di Roma è invaso dai videogiochi. Il ponte levatoio è abbassato, e il lungo tunnel che attraversa la struttura – celebre spazio occupato, sin dagli anni Ottanta – è colmo di persone, computer e luci. Ecco Zona Warpa, il festival indipendente e itinerante di videogiochi che nel pomeriggio del 15 giugno ha trasportato i visitatori in un altro mondo, fatto di pixel e musica 8 bit, e che oggi si conclude a Napoli alla Casa del Popolo.
Super Mario, alla fine di ogni livello del “suo” videogioco, si ritrova sempre di fronte a un castello, che funge da portale verso il livello successivo. Zona Warpa è quel portale, un “livello segreto” che mette le persone al centro dell’esperienza di gioco, un’occasione di incontro tra sviluppatori e sviluppatrici indipendenti, per diffondere la cultura, la conoscenza e le competenze tecniche del settore.
Festival ribelle e itinerante, Zona Warpa ha iniziato il tour a Milano l’8 giugno, per passare a Genova, Firenze, Siena, Montelupo Fiorentino, Roma e infine Napoli.
Una nuova scena del videogioco
Nella Zona Warpa del Forte Prenestino sono posizionate sedie e schermi, che dalle 16 alle 19 ospitano interventi e workshop, per far posto di sera ad affollate performance artistiche, con realtà virtuale e concerti di musica chiptune (il genere musicale elettronico a 8 bit, ndr). “Mi è sempre piaciuto il concetto di Warp Zone, di livello segreto”, dice Kenobit, al secolo Fabio Bortolotti, tra gli organizzatori dell’evento, in un’intervista a THR Roma.
“Al tempo stesso però non volevamo usare parole inglesi, per ragioni ideologiche ovviamente diverse da quelle di Giorgia Meloni. Da Warp Zone siamo arrivati allo scherzoso Zona Warpa – continua l’artista – ma l’ultima scintilla per immaginare l’evento è arrivata in Argentina, ospite di un incontro chiamato Videogamo. Là ho visto con i miei occhi la scena del videogioco così come la sognavo in Italia. E cioè inclusiva, con la stessa vibe di un concerto hardcore”. E aggiunge: “Ho visto gli artisti del videogioco dedicarsi molto alla componente sociale, al mondo reale. Una scena parecchio underground, intrecciata con altre arti”.
Dobotone, il gioco di Zona Warpa
Immagini psichedeliche, spettacoli di luci, macchine del fumo; poi gli applausi, le risate, il tifo del pubblico che guarda giocare sul grande schermo il videogioco Dobotone: un’esperienza pensata e allestita per Zona Warpa, in cui quattro giocatori si sfidano in piccoli minigiochi, con la possibilità di “impreviste” incursioni dal pubblico collegato alla partita attraverso altre console. Il risultato è un gigantesco Wii Party organizzato non nel salotto di casa, ma in un’area concerti.
Per i corridoi del Forte giacciono abbandonati alcuni computer, con il menu acceso in attesa che qualcuno prema il tasto “play”. Così abbiamo provato The Training, avventura arcade a tema ninja sviluppata da Francesco Di Pietro ed Emiliano Pastorelli. Nella vita, Di Pietro è un impiegato. Ma la sera – dice lui – “mi metto la calzamaglia del videogiocatore nostalgico e provo a immaginare giochi che io per primo vorrei vivere”.
Nel segno di un certa parabola supereroistica, Di Pietro dà una mano ad altri sviluppatori a creare i propri videogiochi. Durante un incontro tra programmatori – le sessioni si chiamano “jam” come quelle dei jazzisti di strada, che al posto dello spartito hanno le linee di codice – Di Pietro ha collaborato alla realizzazione artistica di Laser Lizard, un piccolo arcade in cui si prende il controllo di una creatura simile a Godzilla, con l’unico obiettivo di distruggere la città e scatenare il caos. Ma perché? “Perché gliel’ha detto lo psicologo,” risponde sorridendo Di Pietro.
La chiptune
A un altro stand ci sono una cartuccia della console Sega Mega Drive e un paio di cuffie, ma manca lo schermo. Ci si aspetterebbe di trovarsi di fronte a un gioco indipendente sviluppato per la vetusta console degli anni Ottanta – un tipico esempio del cosiddetto retrogaming – ma non è così. L’artista dietro al banchetto si chiama Naku ed è argentino. È arrivato a Roma per Zona Warpa, e insieme a quelle strane cartucce ha portato con sé un gioco il cui protagonista è un gatto. Una creazione dal sapore retrò, con comandi molto semplici, realizzata con tanto cuore.
Naku non è però solo uno sviluppatore, ma compone anche musica chiptune, diffusa proprio dalla console Sega esposta sul tavolo. La cartuccia inserita – in riproduzione – è il suo ultimo album. E “gira” solo su Mega Drive.
Il videogioco come lotta a Zona Warpa
Al suo fianco, una serie di riviste autoprodotte – le indipendentissime “zine” – con articoli scritti da alcuni hacktivisti (intuitivamente: hacker-attivisti), stampate su fogli A4 piegati in due (come in una puntata di Mr. Robot). E poi – sul lato destro del banchetto – due computer su cui gira Quake, il videogioco sparatutto di id Software pubblicato nel 1996.
Ma i due PC hanno qualcosa di strano: compatti, rozzi e giocattolosi. Sono scarti industriali, computer concessi dal governo argentino agli studenti e riprogrammati – d’accordo con la casa produttrice – per avere due anni di vita. “Un gruppo di hacktivisti che si batte contro gli scarti tecnologici e l’obsolescenza programmata – ha raccontato Naku a THR Roma – ha recuperato questi computer e ne ha hackerato il sistema, concedendo loro più vita”. E ora questi computer sono stati persino a Roma, nel Forte Prenestino, a disposizione dei visitatori per giocare a Quake.
“Il videogioco viene trattato quasi sempre come prodotto, come funzione del profitto”, dice Kenobit. “A noi piace l’idea di sovvertire questa logica – continua l’artista – per noi questo è un atto d’amore nei confronti del settore”. E conclude: “Nessuno dice che i videogiochi non debbano essere come Assassin’s Creed, o diventare grandi produzioni commerciali. Ma possono essere anche altro. Dobbiamo abbattere le barriere che impediscono a questo medium di esprimere tutto il suo potenziale. Non solo di business, ma anche di cambiamento, trasformazione e lotta”.
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