Fermata Fiera di Roma, direzione Fiumicino. Difficile sbagliare strada per andare al Romics, la fiera della capitale dedicata alla cultura nerd, la cui edizione numero 31 si è conclusa domenica. Davvero, perdersi è quasi impossibile. Partendo dalle stazioni principali, è sufficiente seguire la folla di persone in cosplay (in inglese costume play, cioè un fenomeno che indica il vestirsi come il proprio personaggio preferito interpretandone anche il lato caratteriale, ndr), tra i riconoscibili – e spesso ben fatti – costumi di Monkey D. Rufy, protagonista di One Piece, Ellie e Joel di The Last of Us e personaggi dal videogioco Genshin Impact.
Durante queste fiere, i multiversi della pop culture collidono e si incontrano sotto un’unica bandiera. Sono un grande punto di ritrovo per tutti gli appassionati, per scattarsi foto, condividere le proprie passioni e incontrare anche i propri beniamini del web, del fumetto e del cinema.
Ed è bello vedere i volti curiosi di chi prende il treno per, o da, Fiumicino. Magari appena atterrati a Roma, e tra i loro primi incontri ci sono orde di cosplayer, con spade e parrucche di vari colori, ma anche di persone con magliette a tema anime, manga e videogiochi. Fa parte del gioco delle fiere del fumetto, un bellissimo gioco.
Questo nonostante Fiera di Roma non sia esattamente il posto più accogliente per tali manifestazioni. E ciò si nota non appena arrivati in stazione, superando la piccola e fatiscente passerella sui binari, e poi subito all’ingresso nord, con un’altra malmessa passerella. Un’ambientazione alla The Last of Us, quasi post-apocalittica: i cosplayer di Joel ed Ellie sono ben amalgamati nel contesto.
“Una battle royale”
A lasciare a desiderare è anche la gestione degli spazi all’interno della mostra. Nel weekend c’è coda per entrare nei padiglioni, e dentro ci si muove a stento. “Per girare le bancarelle in tutta calma si deve venire la mattina, oppure il giovedì e il venerdì”, dice una ragazza in cosplay, vestita come uno dei personaggi di Genshin Impact, videogioco cosiddetto “gatcha”, sviluppato dalla software house cinese MiHoYo, che ha riscosso larghissimo successo negli ultimi anni.
“Nel weekend è una battle royale”, afferma, facendo riferimento al genere di videogiochi come Fortnite e Call of Duty Warzone, in cui i giocatori e le giocatrici lottano e vince l’ultimo utente che sopravvive. Una metafora calzante, per sdrammatizzare quello che è uno dei più grossi problemi del Romics, e non solo. “Sei sicuro di entrare in un padiglione, ma non di uscirne”, racconta.
Romics e gli spazi
Gli spazi tra gli stand sono minimi e muoversi diventa un’impresa, pochissimi i punti di snodo. Le bancarelle che vendono cibo e bevande hanno prezzi tutt’altro che vantaggiosi. Una piaga solo del Romics, ma purtroppo di tantissime altre fiere di fumetti, videogiochi e cultura pop nella penisola. Soffrono tutte dello stesso problema. Essendo eventi di grande richiamo, la gestione delle strutture è sempre difficile. E non tutti dispongono degli spazi che possiede invece Lucca Comics & Games, riuscita a conquistare anche il centro storico della città toscana.
Gli artisti indipendenti sono spesso ai lati dei padiglioni, in condizioni poco visibili al pubblico rispetto alle grandi pubblicazioni, e alcuni spazi di dibattito sono in mezzo al viavai delle persone, magari al fianco di stand con la musica ad alto volume a rendere impossibile seguire i discorsi. Insomma, chiusi i cancelli della sua 31esima edizione, Romics tornerà ad aprile, dal 4 al 7. E con molta probabilità rimarrà uguale a sé stessa. Nel bene e nel male.
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