Alessandro Borghi è, nonostante la giovane età, forse l’unica vera star del panorama cinematografico italiano.
L’unico che, da Matteo Berrettini a Valentino Rossi, tutti i numeri uno vogliono in un selfie alla Gianni Minà; quello che ha fatto un videoclip con Tommaso Paradiso quando ancora era ancora l’Harry Styles italiano; il ragazzo d’oro che tutti gli stilisti vogliono vestire e che ha contribuito anche a costruire i miti altrui, come quello di Alessandro Michele.
Soprattutto dopo Diavoli e Suburra e ora con il successo nordamericano de Le otto montagne, se devi citare un italiano, non sportivo, conosciuto in più continenti, probabilmente dopo i Maneskin viene lui. Ma Alessandro Borghi tutto questo se l’è costruito con tigna, impegno, talento e voglia di farcela. Partendo come stuntman e poi dedicandosi a fiction seriali discutibili – come Incantesimo e Distretto di Polizia – e affermandosi prima nel cinema d’autore, poi nella serialità internazionale.
Ha rivoluzionato la concezione moderna dell’affrontare il mestiere dell’attore, soprattutto in Italia, da Stefano Cucchi a Rocco Siffredi, da Remo a Numero 8.
Alessandro Borghi e Luca Marinelli, la strana coppia
Ed è proprio questo ruolo che gli fa incontrare il suo gemello diverso, Luca Marinelli. “Eravamo entrambi arrivati alle call finali per quel ruolo in Suburra. Io già lo conoscevo per La solitudine dei numeri primi, lo trovavo straordinario. Ricordo che dissi al mio agente, capendo che ero in lizza con lui: non ce la farò mai”. E invece Stefano Sollima andò contro il suo pronostico.
Passa pochissimo tempo, e arriva Non essere cattivo. “Ero convinto, come spesso accade quando qualcuno ti vede passare avanti in una situazione del genere, che ce l’avesse con me. Ci siamo visti lì, prima di incontrare Caligari, e la cosa più naturale che ci venne da fare fu abbracciarci. Da lì è nato un rapporto speciale”. Difficile pensarli separati, nonostante insieme abbiano recitato di nuovo solo ne Le otto montagne. Iconici sono diventati da soli e in coppia, con quegli sguardi teneri e allucinati, uno, Luca Marinelli, facendo un percorso d’autore, rigoroso e alternativo, fuggendo all’estero, a Berlino per evitare le terrazze romane; l’altro, Alessandro Borghi, guardando sempre oltre, non entrando nelle conventicole ma creando un metodo di lavoro in cui diventa non solo il protagonista dei suoi film, ma all’americana, alla Tom Cruise, in cui ogni parte dell’opera passa anche dalla sua visione, dalla sua competenza. E con un’adesione anche fisica, ai personaggi, incredibile. Entrambi corteggiati da Hollywood – pensiamo a The Old Guard per Marinelli o al sodalizio con Patrick Dempsey per Borghi – sono tornati insieme per il lungometraggio tratto dal romanzo omonimo di Paolo Cognetti, che da Cannes agli Usa sta mietendo consensi di pubblico e critica.
Due fratelli, per dirla con i Dire Straits, Brothers in Arms, che sono vicini a un nuovo salto di qualità.
E, c’è da giurarlo, in questa storia di splendide coincidenze e estemporanee lontananze, nella loro complementarietà, lo affronteranno insieme.
THR Newsletter
Iscriviti per ricevere via email tutti gli aggiornamenti e le notizie di THR Roma