Andre Braugher, l’attore noto per il suo lavoro in serie come Homicide e Brooklyn Nine-Nine, è morto. Aveva 61 anni.
Jennifer Allen, il suo rappresentante, ha dichiarato a The Hollywood Reporter che Braugher è deceduto lunedì 11 dicembre dopo una breve malattia.
Braugher ha interpretato il detective Frank Pembleton nella serie della Nbc Homicide: Life on the Street per sei stagioni dal 1993 al 1999, per poi interpretare un altro poliziotto, il capitano Raymond Holt, nella sitcom Fox-Nbc Brooklyn Nine-Nine del 2013-21.
L’attore ha vinto il suo primo Emmy nel 1998 come miglior attore protagonista in una serie drammatica per Homicide, dopo una stagione caratterizzata da uno degli episodi più memorabili, Subway. Si trattava di un racconto a due voci in cui Pembleton cercava di capire se un uomo (Vincent D’Onofrio) bloccato tra un treno della metropolitana di Baltimora e la banchina fosse stato spinto sui binari, cercando al contempo di confortarlo in punto di morte.
Il secondo Emmy di Braugher è arrivato per la sua interpretazione del capo di una banda che pianifica una rapina ad alto rischio nella miniserie di FX Thief del 2006.
Dopo aver sostituito Wendell Pierce, si è distinto nel ruolo di Owen Thoreau Jr. accanto a Ray Romano e Scott Bakula nella dramedy di Tnt Men of a Certain Age (2009-11). Ha ottenuto due nomination agli Emmy per questo ruolo e quattro per Brooklyn Nine-Nine.
Da Homicide a The Residence
Braugher si è fatto conoscere in tv per la prima volta come detective Winston Blake in una serie di telefilm Kojak con Telly Savalas, andati in onda nel 1989-90, per poi interpretare un altro poliziotto nella serie Hack della Cbs del 2002-04, con David Morse.
Nel frattempo, ha interpretato un personaggio basato su un medico realmente esistito nella serie Abc del 2000-01 Gideon’s Crossing di Paul Attanasio, creatore di Homicide.
A febbraio Braugher è stato scelto come protagonista maschile del dramma di Shonda Rhimes The Residence, interpretato da Uzo Aduba. Il mistero sull’omicidio alla Casa Bianca aveva iniziato la produzione prima di essere interrotto a causa dei due scioperi di Hollywood.
L’attore aveva già terminato le riprese di molte scene della serie, che avrebbe dovuto riprendere la lavorazione a gennaio. Non è chiaro cosa accadrà in The Residence dopo la sua morte.
Braugher ha recentemente interpretato il direttore esecutivo del New York Times Dean Baquet in Anche io (2002), che ruotava attorno ai due giornaliste la cui denuncia ha portato all’incriminazione di Harvey Weinstein e ha scatenato il movimento Me Too.
Ha anche recitato nella sesta e ultima stagione del legal drama di Paramount+ The Good Fight nel 2022.
“Non sarò il miglior attore del mondo, ma non riesco a fare ruoli monodimensionali. Non riesco a fare caricature di persone”, aveva detto Braugher al Washington Post nel 1990. “Se il ruolo è tenero, voglio trasformarlo in sgradevole. Se è sgradevole, voglio renderlo tenero”.
La carriera di Andre Braugher
Il curriculum di Braugher sul grande schermo è impressionante: Glory – Uomini di gloria (1989) di Edward Zwick, Schegge di paura (1996) di Gregory Hoblit, Bus in viaggio (1996) di Spike Lee, City of Angels – La città degli angeli (1998), All The Rage (1999), The Code (1999), Duets (2000), Frequency (2000), Un gran giorno per morire (2000), Poseidon (2006), I fantastici 4 e Silver Surfer (2007), The Mist (2007) di Frank Darabont, Passengers (2008), Salt (2010) di Phillip Noyce e Spirit – Il ribelle (2021).
Tra gli altri ruoli degni di nota, il telefilm della Tbt del 1990 The Court-Martial of Jackie Robinson (nel ruolo della leggenda dei Brooklyn Dodgers); il telefilm della Tnt del 1999 Passing Glory, diretto da Steve James; il telefilm della Showtime del 2002 10.000 Black Men Named George, diretto da Robert Townsend; e le miniserie del 2004 e del 2008 Le notti di Salem e Andromeda.
In un’intervista del 2014 al New York Times, lo showrunner di Homicide Tom Fontana ha sottolineato che la serie è nata “come opera corale. Poi è diventata l’Andre Braugher Show. Tutti gli sceneggiatori volevano scrivere per lui perché era un grande e perché volevano vedere se riuscivano a incasinarlo, a metterlo in difficoltà”.
“Poteva dire tantissimo solo con gli occhi”, ha aggiunto Fontana. “Scrivevamo questi discorsi incredibilmente gloriosi per lui, e poi lo vedevi semplicemente guardare qualcuno, e a volte dicevamo: lascia perdere il monologo. Abbiamo la scena”.
Traduzione Pietro Cecioni
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