L’avvento dei colossi in streaming nell’industria hollywoodiana ha sconvolto tutti gli assetti della filiera produttiva: gli studios si scoprono improvvisamente fragili, e mancano riferimenti sicuri in un mondo costruito sulle immagini e i sogni. Quando William Goldman disse a “Hollywood nessuno sa niente” fu vituperato soprattutto da chi era d’accordo con la sua affermazione, che lui rielaborò così: “non esiste una sola persona nell’industria che sappia con certezza cosa funzionerà sullo schermo: si tratta ogni volta di una scommessa, e, se sei fortunato, una scommessa fatta con educazione.” Tuttavia, in questo momento di gravissima crisi, i mogul sanno che la salvezza del cinema non può essere affidata solo a prodotti sicuri come Avatar e Top Gun, ma alla scoperta di nuove star, selezionate privilegiando tre caratteristiche: il talento, una solida formazione teatrale e una certificazione offerta dalle serie televisive. Nessuno attualmente eccelle in questi tre elementi come Jodie Comer, nata a Liverpool trenta anni fa e oggi a Broadway con Prima Facie, con cui ha già vinto l’Olivier Award a Londra.
Un monologo di cento minuti per Jodie Comer
La sua formidabile interpretazione è stata accolta con un entusiasmo che non si vedeva da decenni: se il Times ha scritto che “è nata una stella” il Washington Post ha dichiarato: “i grandi attori ci ricordano perché andiamo a teatro.” Lo spettacolo, a firma dell’australiana Suzie Miller, è un monologo di cento minuti nella quale Comer interpreta un’avvocatessa che subisce uno stupro dopo aver costruito il proprio successo riuscendo a far assolvere uomini accusati di abusi sessuali.
Ciò che rende l’interpretazione indimenticabile è il modo in cui riesce a cambiare costantemente di tono, passando dalla supponenza alla fragilità e dalla sicurezza alla paura. È quello che a Hollywood chiamano star quality, e la vedi dal modo in cui è in grado di trovare momenti di ironia in una vicenda così cupa, dal riuscire a essere seducente per entrambi i sessi e – elemento fondamentale – la capacità di reggere il primo piano: sembra fatto apposta, ma c’è un momento in cui il regista Justin Martin prevede una ripresa che viene proiettata sullo schermo in fondo al palcoscenico.
La standing ovation a Broadway
Non c’è sera che Prima Facie non termini con una lunghissima standing ovation, e lei rivela la star quality anche in questo: sorride e ringrazia in silenzio, con sobrietà, come se quel trionfo fosse qualcosa di naturale, senza sconfinare tuttavia nell’arroganza. Jodie Marie Comer ha ricevuto una solida educazione cattolica da due genitori provenienti dalla working class e gestisce con enorme cautela gli interventi pubblici, sebbene abbia già due milioni e quattrocentomila followers.
Finora al cinema abbiamo potuto vederla in Free Guy di Shawn Levy e The Last Duel di Ridley Scott, ma la sua popolarità è dovuta alla serie Killing Eve, dove è riuscita a rendere un’assassina come Villanelle il cuore pulsante di avventure che combinano il terrore e la commedia. Chi ha avuto modo di seguire la serie in originale ha potuto apprezzare la quantità di accenti diversi che è in grado di riprodurre alla perfezione: un ennesimo talento nel quale l’ultima a distinguersi si chiamava Meryl Streep.
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