Telecamere termiche (della NASA), motori di gioco, esperienza stile VR, intelligenza artificiale. E, in aggiunta, Trevis Scott. L’ultima pazzia di Harmony Korine, padre di Gummo (1997) e Spring Breakers (2012) e appena premiato a Locarno con il Pardo d’onore, è Aggro Dr1ft: un insieme di tecniche sperimentali, presentate nell’opera fuori concorso all’80esima edizione della Mostra del Cinema di Venezia.
“Ho avviato il collettivo EDGLRD e abbiamo iniziato ad assumere sviluppatori, programmatori, hacker, designer, architetti e gente che lavora nel campo degli effetti visivi. È un laboratorio per sperimentare e vedere cos’altro si possa fare, creare”, racconta il cineasta originario della California, che si è presentato oggi in conferenza stampa a Venezia indossando una delle maschere del film.
Prosegue: “Non sono entusiasta dei film convenzionali da tempo. Sono cresciuto realizzandoli. Ho iniziato ad andare sempre meno al cinema e a dedicarmi ai videogiochi e ai giochi di ruolo. Ho iniziato a giocare pensando che ci fosse qualcosa in più, oltre ai film “normali”. Forse è il futuro, una sorta di post-cinema”.
IA, c’è da averne paura?
Lo stesso che fa paura a molti, soprattutto per l’utilizzo delle IA, di cui il team di Aggro Drift ha usufruito in fase di post-produzione. Mentre Harmony Korine si domanda: “paura di cosa? Voglio dire, c’è da averne? Cerco solo di divertirmi, sai? Di non prendere niente troppo seriamente”, continua il filmmaker, spiegando la sua posizione sull’intelligenza artificiale “Cerco di godermi la vita e, nel mentre, di fare opere d’arte che trovo eccitanti. Non stiamo usando le AI in maniera minacciosa, ma per rendere un design visivo. È solo un altro modo per comporre l’immagine. È un nuovo strumento, non capisco per quale motivo dovrei temerlo”.
Harmony Korine e la sua opera freestyle
Una visione in contrasto con il clima che si respira nell’industria audiovisiva. Ma in fondo, Korine lo ha detto chiaramente: nemmeno lui sapeva cosa sarebbe diventato questo suo esperimento con protagonista Travis Scott – con cui ha lavorato per la cover album di JackBoys e il film-concerto Circus Maximus – e Jordi Mollà.
“Non sapevamo di star facendo un film fino a quando non abbiamo finito. All’inizio era solo un freestyle di idee che cercavano un linguaggio visivo. Il mio direttore della fotografia si è procurato delle telecamere della NASA usate per le riprese termiche. Abbiamo cominciato a divertirci con queste immagini. Poi ci abbiamo incorporato l’AI e i motori di gioco. Alla fine è diventata tutta un’altra cosa, visivamente molto interessante”.
Si aspettava di essere accolto da Venezia 80? “Non sapevo nemmeno se fosse destinato al circuito dei festival”.
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