L’auto di Ora! Fest sfreccia sulla contrada litoranea in direzione Monopoli. Helen Mirren guarda fuori dal finestrino, e sotto gli occhialoni neri s’intuisce un palpito di malinconia. “Li considero importanti quanto il Colosseo, alcuni hanno persino la stessa età. Sono parte del patrimonio e della storia d’Italia…”. Un’infilata di giganti contorti, nodosi, malinconici scandisce il paesaggio inusualmente verde per la stagione – l’estate anche qui, nella terra della luce abbagliante, stenta ad arrivare appieno – e Dame Mirren, 77 anni, sembra conoscerli uno ad uno.
Negli ultimi 18 anni della sua vita da figlia adottiva della Puglia, da quando, insieme al marito (il regista Taylor Hackford, ndr) ha acquistato la masseria in Salento divenuta la sua seconda casa, l’attrice premio Oscar, la Regina del grande schermo, ha assistito in prima persona alla moria incessante e incontrollabile degli ulivi a causa della Xylella. Tre anni fa ha dovuto sacrificare quelli del suo appezzamento (“non erano secolari, avevano circa 80 anni”, precisa), per far spazio a una varietà resistente al parassita. “E’ sempre peggio – prosegue – e ho l’impressione che nel resto d’Italia non ci sia la piena consapevolezza di ciò che sta accadendo. Prima gli alberi colpiti si vedevano solo a sud di Brindisi, oggi no, l’epidemia sta avanzando al nord della Puglia. E presto toccherà anche questa porzione della regione. E’ una tragedia”.
Non c’è dubbio: Dame Helen Mirren si presenta a Ora! Fest – kermesse di cinema, ambiente, sostenibilità e giustizia sociale, a Monopoli dal 3 al 7 giugno – come madrina d’elezione dalle idee chiare. È special guest per la presentazione, in anteprima italiana, della già acclamatissima serie 1923, prodotta da Paramount +, prequel di Yellowstone, che porta avanti l’epopea “western” dei Dutton raccontando le vicende di Cara (Mirren) e Jacob (Harrison Ford), durante i primi anni del XX secolo, quando epidemie, siccità storiche, la fine del proibizionismo e la Grande Depressione affliggevano l’Ovest montano. Ma di fatto, tutto in Mirren è un omaggio alla Puglia, persino l’abito (totalmente in suo stile): rosa shocking, tempestato di perline e paillettes, lungo fino al polpaccio, lo definisce “Peasanty Puglia” – rustico pugliese – con tanto di foulard alla testa in tinta, che fa un po’ effetto “La vacinada”, il tormentone con Checco Zalone nato nel 2021 per sensibilizzare la vaccinazione anti-Covid.
Questa volta, la sua battaglia è solo una: salvare gli ulivi, Save the Olives. Che poi è il nome della Onlus di cui fa parte, ed è anche il claim che si porta appresso, letteralmente, scritto a penna da lei su un foglio di carta che mostra orgogliosamente durante il photocall e prima di iniziare il round table con un piccolo gruppetto di giornaliste – tutte donne. E anche questo, per lei, è motivo di orgoglio.
Presenziare un festival in Puglia, dedicato ai temi ambientali: cosa ne pensa?
“Spesso i festival di cinema ignorano completamente il luogo in cui si trovano. Potresti prendere un festival come Cannes o altri grandi festival e spostarli in un altro luogo e troveresti sempre il red carpet, i fotografi, i paparazzi. Ora! Fest è molto diverso, le radici di questo festival sono in questo territorio e questa per me fa la differenza”.
Partiamo proprio dal suo motto: Save the Olives. Crede sia un problema davvero sottovalutato in Italia?
“Gli ulivi sono parte del patrimonio storico, culturale, paesaggistico ma anche economico dell’Italia, in particolare del sud. Intorno alla nostra masseria, in Salento, ci sono migliaia di ettari di ulivi morti, si stima che a causa della Xylella si perderanno 60 milioni di alberi, è un disastro inimmaginabile e non si può puntare il dito contro gli agricoltori del Salento, che in larga parte, in queste zone, sono piccoli agricoltori. L’ epidemia si sta espandendo, e presto toccherà anche altre parti della Puglia. La Xylella sembra essere giunta in Italia dalla Costa Rica, è figlia della globalizzazione e reputo vada gestita a livello nazionale, persino internazionale”.
Cosa può fare un’attrice di fama internazionale come lei per gli ulivi?
“Usare la mia voce. E non essere presuntuosa”.
Sono battaglie nel quale sembra sempre dominare il conflitto tra capitalismo – nel senso di concezione del mondo globalizzato occidentale – e natura: un tema che ritorna anche in 1923
“E’ vero! Si tratta di un conflitto reale, ed è anche un tema portante in 1923. Se pensiamo al 1900, è stato un secolo straordinario, è iniziato senza auto e senza elettricità, è finito con i computer e internet: il tutto in solo 100 anni! E credo che gli anni ’20 del 1900 siano stati molto interessanti: erano gli anni in cui gli effetti della rivoluzione industriale cominciavano ad essere sentiti, e sono gli anni in cui noi e l’occidente abbiamo cominciato a trattare, anzi a maltrattare la natura, in preda alla nostra stupidità e ignoranza. E siamo andati avanti così fino ad oggi …spero che abbiamo cominciato ad aprire gli occhi”.
Ci sono anche tante analogie con il 2023: mutatis mutandis, basti pensare alla pandemia di influenza spagnola
“Assolutamente sì. All’epoca si usciva da una pandemia che aveva ucciso milioni di persone, poi l’abbiamo dimenticata. E’ straordinario, non trovate?”
Helen Mirren si lascia andare a una sincera, amara risata.
“Allo stesso modo ci stiamo dimenticando il Covid! Ed è lo stesso con la concezione di natura e umanità”.
Il suo ruolo è quello di una donna forte, crede che questo tipo di personaggi siano il frutto di un tentativo di creare una maggiore “gender equality” nel cinema?
“Credo che personaggi come il mio siano sempre esistiti, solo che non venivano raccontati. Durante i miei studi per il personaggio di Cara, ho letto autobiografie di donne “pioniere” – parliamo di donne che hanno attraversato gli Usa per andare in occidente, incredibilmente forti- le sui storie erano ignorate, perché sono state raccontate solo storie di uomini. Ma questo non vuol dire che le donne non ci fossero e non avessero forza di volontà”.
Forse perché si trattava di donne troppo indipendenti che “intimidivano” gli uomini?
“Oggi come allora gli uomini temono le donne indipendenti! Tuttavia credo che la forza di Cara sia il porsi alla pari con il marito, come una compagna di vita: è una necessità, nell’ambiente in cui si muovono Cara e Jacob, che si trovano ad affrontare asperità e fronteggiano la morte, una presenza “forte” nell’arco della serie. E’ venuto facile con Harrison [Ford, ndr], lui è un uomo così, che vede le donne come partner alla pari. Ho accettato questo ruolo al buio, senza aver letto la sceneggiatura, lo stesso ha fatto Harrison: abbiamo fatto tutto questo fidandoci l’uno dell’altra e soprattutto con la stima totale nei confronti dello sceneggiatore Taylor Sheridan”.
Quale consiglio darebbe a una lei più giovane?
“Vorrei dirle “non preoccuparti, le cose andranno meglio”. Per me fu scioccante quando raggiunsi la pubertà, a 13, 14 anni. improvvisamente – prima di allora non avevo ancora notato il mondo – mi accorsi di come noi donne eravamo svantaggiate. Ero arrabbiata, infuriata! Non vengo da una famiglia abbiente, mio padre era un tassista, e il concetto di indipendenza economica era centrale. Mia sorella ed io non siamo state tirate su con l’idea che sarebbe arrivato un uomo a sposarci e tutto sarebbe andato bene, anzi, il contrario. Quello che ho capito, e che reputo sia la cosa più importante, sono le opportunità: puoi scegliere se cavalcarle o meno, ma quando non c’è opportunità, come quando ero più giovane, tutto diventa quasi impossibile. E se posso aggiungere, lo è 1000 volte di più se sei un’attrice nera. E io in questo senso sono stata fortunata. Comunque i tempi stanno cambiando.”
I tempi stanno cambiando, ma c’è ancora tanto da fare
“La misoginia è sempre in agguato, sotto al tappeto, e se lo alzi la vedi strisciare. Spero tanto che le battaglie portate avanti da donne e uomini – perché non escludo gli uomini da questo dibattito – negli ultimi 20, 30 anni siano state combattute e vinte, ma non si sa mai. I trionfi di certi personaggi politici nel mondo, mi fanno pensare “My God, stiamo davvero tornando indietro agli anni 50? Per me questa è la più grande sfida, assicurarsi di non tornare mai indietro.”
Ha rimorsi e rimpianti nella sua carriera?
“Certo, ne ho tantissimi! Ma questa è la vita, bisogna imparare a conviverci, e la cosa buona è che rimpianti e rimorsi donano esperienza e saggezza. Non mi sarebbe piaciuto vivere la vita senza errori”.
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