Occhi azzurri, ciuffo laccato, sigaretta in bocca, maglia bianca e pantaloni a vita alta. L’immagine di John Travolta nei panni di Danny Zuko in Grease è ben chiara nelle menti di più generazioni, anche molto distanti tra loro. E così lo sono i pantaloni a zampa, la giacca bianca e il colletto nero uscente di Tony Manero o il completo elegante con bolo tie di Vincent Vega.
John Travolta ha dato volto e corpo ad alcuni dei ruoli più importanti del cinema dello scorso secolo, e si è imposto come una delle personalità più eclettiche di tutta la scena di Hollywood, in una carriera simile ad una montagna russa, fatta di picchi altissimi e altrettante cadute. L’attore sarà ospite al teatro Ariston durante la seconda serata di Sanremo 2024, quella di mercoledì 7 febbraio. L’ha annunciato Amadeus al Tg1: “Sarà con noi un attore che ha fatto ballare intere generazioni”, ha detto il conduttore, che tempo fa aveva spiegato di essersi ispirato proprio al commesso-ballerino Tony Manero per decidere di intraprendere la professione televisiva.
Lo chiamavano “the body”, il corpo, e non è difficile capire il perché. Le movenze, i passi di ballo ed i gesti emblematici di Travolta sono espressione di una tipologia di recitazione tutta sua, memorabile e ben caratterizzata nell’ambito della cinematografia contemporanea.
L’era dei musical
Esordisce giovanissimo John Travolta, cresciuto in una famiglia fatta di artisti, teatranti e musicisti. Il caso vuole che il primo vero ruolo ottenuto sia nel musical di Grease, col quale gira tutti gli Stati Uniti a soli 17 anni e si lancia a capofitto nel mondo dello spettacolo. Lo fa nel 1975, con le prime esperienze di rilievo in ambito cinematografico, con gli horror Il Maligno e Carrie – Lo sguardo di Satana e poi nel seriale, con la sitcom I ragazzi del sabato sera.
Dopo un esordio repentino e particolarmente fortunato, la fine degli anni Settanta segna un’epoca aurea per Travolta. È proprio nel vedere il musical teatrale in cui l’attore ancora minorenne recitava, che il regista John Badham identifica negli occhi e nelle movenze di Travolta il protagonista del suo film in lavorazione. Una scelta particolarmente lungimirante porta i due ad un fortunato sodalizio, che darà alla luce il cult de La febbre del sabato sera, che vale per l’interprete una candidatura agli Oscar del 1977.
A meno di un anno di distanza, nel 1978, il cineasta Randal Kleiser lo contatta per dare vita al ruolo di Danny Zuko nella trasposizione cinematografica del musical d’esordio, in cui reciterà con Olivia Newton John. Il film è un successo eclatante: ottiene cinque candidature ai Golden Globes nel 1979 e la sua colonna sonora, fatta di brani come You’re the One That I Want e Summer Nights diventa la più venduta nella storia della musica.
Una fama, quella della pellicola e delle canzoni originali, derivante dal fatto che Travolta dà al personaggio di Danny una caratterizzazione tutta sua. Si fa cantante, attore e ballerino. E lo fa in maniera circolare, in un’interpretazioni fatta di pose iconiche, espressioni riconoscibili e uno stile reso immortale. Prende il ruolo convenzionale del cattivo ragazzo più bello della scuola e la scardina, regalando a Zuko delle sfumature tenere e malleabili.
John Travolta: un interprete eclettico
È poi il turno di Blow Out e Face Off, che gli permettono di sperimentare esperienze e personaggi diversi, soprattutto al di fuori del ristretto circolo del musical. Prende parte a Senti chi parla, Shout e Nella tana del serpente. Fino ad arrivare a quello che potrebbe essere definito il ruolo della sua vita: Pulp Fiction.
È il 1994, e Quentin Tarantino vede nella recitazione di Travolta una scintilla sorprendente. Lo chiama per prendere parte al film che sarebbe diventato il suo cult. Stavolta Travolta è Vincent Vega, un criminale sui generis e fuori tempo, totalmente discordante e staccato rispetto ai suoi ruoli precedenti e alla solita caratterizzazione dei gangster movie. Parla, si muove e reagisce come se fosse costantemente distaccato dal mondo che ha attorno, dando prova, ancora una volta, di saper essere un’interprete eclettico. Il tocco di grazia (del film e della magistrale interpretazione), poi, viene conferito dalla scena a colpi di twist con in sottofondo il rock n’roll di You Never Can Tell di Chuck Berry. Piedi scalzi, capelli legati, faccia a faccia con un’Uma Thurman provata, e l’ennesima prova recitativa degna degli annali del cinema contemporaneo.
Nonostante le (qualche volta fortunate, qualche volta no) parentesi extra-musicali, trent’anni dopo il picco-musical, Travolta torna sul genere con Hairspray, in cui veste i panni di Edna, la mamma della protagonista Tracy (Nikki Blonski). Una donna impaurita dalla società e dal mondo esterno, confinata tra le opprimenti mura domestiche a causa della sua fragile condizione fisica. John Travolta si rende protagonista di una trasformazione complessa, fatta di un trucco prostetico pesante e scenografico e di un’immedesimazione, ancora una volta, perfettamente calzante nel suo essere fuori dal comune.
Le origini e il rapporto con la tv italiana
Le origini di Travolta, come si può evincere dal suo cognome, sono italo-americane. Suo nonno Sam nacque a Godramo, nella provincia di Palermo, in Sicilia. L’attore ha sempre specificato le sue origini e la sua provenienza, ed è stato più e più volte ospite di trasmissioni italiane, come C’è posta per te e Amici di Maria de Filippi o Stasera pago io di Fiorello. Neanche la partecipazione all’Ariston è la prima per l’attore statunitense.
Era il 2006, e il comico Giorgio Panariello conduceva la 56° edizione del festival di Sanremo, vinta da Povia con Vorrei avere il becco. Alla co-conduzione, Victoria Cabello e Ilary Blasi. Durante la prima puntata, andata in onda il 27 febbraio, il superospite d’onore è proprio Travolta. Dopo vari sketch e un’intervista al celebre attore, quest’ultimo si rese protagonista di una delle immagini più memorabili della tv italiana, mettendosi a massaggiare i piedi di Cabello.
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