Non è soltanto la varietà di generi attraversata il suo eclettismo, mai incoerente, che passa dalla musica classica al grindcore, ma anche lo spirito creativo fuori dagli schemi, la completa apertura alla sperimentazione a definire John Zorn un musicista e compositore unico. La cui arte, folle e dirompente, entra amichevolmente, senza strutture predefinite, nella camera di Mathieu Amalric, attore, regista, icona del cinema internazionale che proprio di recente il pubblico italiano ha visto nei panni di Pierre ne Il Sol dell’Avvenire di Nanni Moretti.
È reduce proprio da Cannes, dove l’ultimo lavoro di Moretti è stato presentato, Mathieu quando Thr lo raggiunge per una chiacchierata vasta che passa dalla carriera trasversale del francese a considerazioni politiche. Partendo, però, dalla musica, dall’amicizia con John Zorn che Amalric ha deciso di filmare in tre atti: Zorn I (2010 – 2016), Zorn II (2016 –2018) e il recente Zorn III (2018 – 2022), pensati per essere proiettati durante i concerti del musicista americano, che sono stati presentati in numerosi festival cinematografici, tra cui Cinéma du Réel/Parigi, DocLisboa, FiFA/Montréal. E che, lunedì 5 giugno, saranno proiettati in anteprima nazionale a Firenze Al cinema La Compagnia in un evento promosso da “Lo Schermo dell’arte”.
Mathieu Amalric, la sua trilogia da regista
Quelli firmati da Amalric non sono documentari, né biopic: non c’è una linea narrativa diretta, si tratta di frammenti di vita e di concerti, riprese sincopate, come nella tradizione musicale di Zorn e in quella alla macchina da presa di Mathieu, un’immersione in uno spazio libero di improvvisazione e sperimentazione.
“Era il 2009 – racconta Mathieu a The Hollywood Reporter Roma – e Zorn cercava una voce francese per per presentare il suo album Shir Hashirim alla Grande Halle de La Villette a Parigi”. È l’inizio di un’amicizia mai terminata. E di una collaborazione nata quasi per scherzo:
“Nel 2010 John mi disse che sarebbe stato divertente se avessi realizzato delle musiche per i suoi spettacoli. Perché a lui piace molto il cinema. Anzi, John quando era giovane, si era trovato di fronte a un bivio: fare cinema o dedicarsi alla musica? Scelse la seconda opzione perché il mondo del grande schermo era economicamente proibitivo per lui”. Ma John e il cinema non si sono divisi, hanno trovato un punto di contatto nei suoni. Memorabile l’opera The Big Gundown, una rivisitazione delle colonne sonore di Ennio Morricone in chiave jazz, soul e contaminata con la world music. E ancora The Godard Fans: Godard Ca Vous Chante?, dedicata al regista francese, tra i padri della nouvelle vague. Nei tre film di cui è protagonista, Zorn non è un attore né il soggetto di un documentario. Genere che Amalric respinge categoricamente quando si parla della trilogia sul compositore: “Non riprendo il musicista quando si esibisce sul palco ma nei vari momenti prima e dopo l’esibizione”. In Zorn I, composto da frammenti di immagini in un ritmo sincopato, emerge, dall’intimità delle inquadrature, un elemento portante: il sorriso, contagioso e fervido di Zorn. Che, a un certo punto, parla della sua musica “come di un atto creativo magico”.
Ispirato da John Zorn
“Lo spirito di John – procede Mathieu – mi ha sempre ispirato. La sua capacità di assumersi rischi, di provare a fare qualcosa di extra-ordinario, che non ha mai prodotto nessuno. Riesce a essere nel posto giusto, le persone lo adorano. Penso a lui quando giro i miei film. E poi naturalmente c’è la sua musica. Mi ispira tantissimo. Sono fortunato ad aver conosciuto questa filosofia di vita”.
Mathieu, però, afferma di “avere questa consapevolezza solo ora”, dopo aver girato i filmati, perché, quando seguiva John con la camera, “viveva il presente”.
“Era come danzare con lui, essere nel qui e ora con John. Condividere il suo stesso respiro”. Una ventata di libertà espressiva quella del compositore che Mathieu riproduce visivamente nella trilogia: “Non dimenticatevi – ammonisce – che questi film sono creati per i concerti, per la gente che li ascolta. Non è un prodotto per spiegare qualcosa: viene mostrato a un pubblico che conosce tutto dell’artista. La trilogia è una sorta di continuazione di ciò che avviene sul palco. In fase di montaggio abbiamo tenuto a mantenere un ritmo sincopato evidenziando il collage della sua musica, il mix delle diverse influenze”. O degli incontri e le relazioni creative di John. Come quello, visibile nel terzo episodio, con la soprano Barbara Hannigan: “Anche in questo caso non c’era nulla di programmato. Solo dopo le riprese, abbiamo realizzato che ci fosse qualcosa di fantastico in questa storia d’amore. L’amore della musica di John per quella di Barbara”.
“La prima volta che John ha visto i miei film ha compreso che ci fosse lo spirito della sua musica in quelle immagini. La scorsa settimana ero con John a New York. Avevo con me la mia camera. Ma non l’ho filmato. Perché la nostra è un’amicizia, non abbiamo scadenze per un film. È pura libertà”.
I tre film saranno proiettati, oltre che nel capoluogo toscano, anche in varie parti del mondo. “Sono contento che a Firenze la proiezione sia gratis”, aggiunge Amalric. Un modo per valorizzare l’esperienza del cinema.
Dove, di recente, Mathieu è tornato ne Il Sol dell’Avvenire di Nanni Moretti. Lì interpreta Pierre, disagiato produttore del film che il personaggio di Nanni sta cercando di girare, ma che poi lascia le chiavi a Netflix. La scena di Nanni Moretti di fronte ai due agenti della piattaforma è un delirio di sarcasmo, comicità e critica. “È più forte di una critica – svela Mathieu -. È una dichiarazione d’amore verso il cinema. Che muta sempre dal punto di vista economico, è in continuo cambiamento. Ma il film è pieno di speranza: dobbiamo continuare a inventare. È questo il ruolo degli artisti contro l’accademismo che, nel nostro periodo, deriva dallo storytelling delle piattaforme che devono diffondere il film in centina di paesi”.
Mathieu si schiera con Moretti, un idolo dall’infanzia: “Il Sol dell’Avvenire è un film fantastico. E Nanni è rimasto sorpreso delle reazioni del pubblico a Cannes. Quando ero ragazzino, avevo 15-16 anni, ero affascinato dai suoi film. Alcune volte la vita ti fa dei regali inattesi: quando Nanni mi ha chiesto di partecipare a un suo progetto cinematografico, ero felice e sorpreso di entrare nel suo mondo. Mi ha riportato alla mia adolescenza, a quando ho scoperto il regista partendo da Bianca”.
Da Schnabel a 007
Mathieu ha avuto anche il privilegio di lavorare con Julian Schnabel per Lo scafandro e la farfalla dove il battito di una palpebra e la potenza degli sguardi sono la cifra del film “dipinto” dal pittore e regista statunitense: “È passato tanto tempo ormai da quel lavoro ma è ancora vivo il ricordo di quanto fatto. Spesso ci vediamo e riparliamo di quel film”. E poi aggiunge: “Julian sta girando un progetto ora in Italia”.
La carrellata dei ricordi prosegue. Nel 2008 Marc Foster chiama Mathieu a recitare nel 22° capitolo della saga di 007, Quantum Of Solace: Dominic Green, il personaggio dell’attore francesce, è un imprenditore che si scopre senza scrupoli nello sfruttamento delle risorse idriche. Un tema ambientale che – spiega Mathieu – “il film aveva anticipato già nel 2008. La crisi climatica va combattuta da ognuno di noi in maniera radicale. La politica e l’economia continueranno a pensare al denaro. Il cambiamento è nelle nostre mani”.
Dalla macchina da presa ai temi sociali, Mathieu è un pieno di energia, di sorprese, di artistica vitalità. Come il suo amico e idolo, John Zorn.
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