Una volta Milo Manara ha condiviso una stanza d’albergo con Federico Fellini e Giulietta Masina. Loro nel letto matrimoniale, mentre il disegnatore dormiva “in una branda da campo” poco più in là. “Stavamo lavorando su Viaggio a Tulum, e come spesso accadeva non siamo riusciti a chiudere il lavoro entro la serata”, ha raccontato il disegnatore a The Hollywood Reporter Roma. “Eravamo a Chianciano, dove lui andava ogni anno per le terme”, continua il disegnatore. “Chiese se c’erano altre camere libere, ma era alta stagione e l’hotel era al completo, così come gli altri alberghi”.
“Ha poi chiamato il concierge e si è fatto portare su in stanza una brandina da campo, come i militari”, ricorda ridendo, con lo sguardo perso e la mano che si strofina il mento, nel tentativo di far riaffiorare i ricordi. “Non credo che nessuno al mondo possa dire di aver dormito nella stessa camera d’albergo di Fellini e Masina”.
Milo Manara, 78 anni, disegnatore e fumettista. Noto per le sue rappresentazioni del corpo femminile e per la sensualità del suo tratto. Ha collaborato con il regista de La Dolce Vita e 8½ per il fumetto Viaggio a Tulum – poi pubblicato sul Corriere della Sera in sei puntate – e per Il viaggio di G. Mastorna, detto Fernet. Con il regista, mancato nel 1993, aveva un grande rapporto di amicizia, prima che di collaborazione. “Mi manca Fellini, mi ricordo le chiacchierate con lui. Era un brillante conversatore, ma naturalmente erano tutte a senso unico. Parlava solo lui”.
Con Feltrinelli Comics, Manara ha recentemente pubblicato una collezione di stampe che raffigurano le star del grande schermo, un lavoro che aveva cominciato a confezionare per la rivista erotica francese Lui, durato due anni. Maestro dell’erotismo a fumetti, il Tinto Brass dell’illustrazione ha raccontato a THR Roma il cambiamento nel desiderio, l’erotismo politico e il suo rapporto con la religione. Che definisce un mero “interesse antropologico”.
“Leggendo i vangeli non si può che avere stima per Gesù Cristo e ciò che predica. Ma non gli riconosco ruoli divini, né tantomeno politici”.
Come è cambiato, se è cambiato, il desiderio?
Quando ero giovane, secondo la mentalità corrente l’obbligo per noi ragazzi era quello di desiderare in modo appassionato, quasi maniacale. E di provarci sempre, consapevoli che dall’altra parte ci poteva arrivare anche un ceffone, o un rifiuto categorico. L’oggetto del desiderio era su un piedistallo altissimo, il desiderio un obbligo. Durante l’adolescenza non si parlava di altro.
Il desiderio riempiva una grandissima parte della nostra giornata, della nostra vita. Anche perché raggiungerlo, quell’oggetto del desiderio, era difficilissimo. Quindi il desiderio era condannato a perpetrarsi e a riprodurre se stesso. Adesso mi pare che quel desiderio spasmodico non esista più.
È cambiata la mentalità, anche delle ragazze. Perché all’epoca, se noi avevamo l’obbligo sociale di desiderare e di provarci, loro avevano l’obbligo di dire sempre di no, di negarsi sempre. La società era molto più arretrata, meno aperta e meno comprensiva riguardo al gioco della seduzione. Ora mi pare addirittura che i ruoli si siano invertiti.
Secondo lei che ruolo ha avuto internet?
Un ruolo fondamentale. Ha reso i segreti del sesso alla portata di tutti. Ai miei tempi si cercavano di straforo, clandestinamente, nelle riviste che molto spesso erano censurate. Per vedere la nudità, e scoprire il corpo, si ricorreva a stratagemmi teneri, che provocavano anche un certo batticuore.
Anche per questo, forse, non c’è più questo tremore nel desiderio. Non si voleva una persona specifica,ma tutto l’universo femminile. Che era un mistero, all’epoca del tutto sconosciuto.
Adesso internet ha reso tutto molto più scoperto, più evidente, persino spiattellato. Si parla persino di sfruttamento: c’è chi approfitta a scopo commerciale di proposte ormai concentrate sulla performance, sul tipo fisico. E non sul semplice rapporto.
La performance rovina il rapporto?
Si, l’erotismo è l’elaborazione culturale del sesso. Non è esposizione come la pornografia, che nutre l’immaginario segreto di ognuno di noi, ma non ha un vero e proprio effetto sui rapporti personali.
L’erotismo è un gioco seduttivo che presuppone un grande rispetto dell’altro e una grande complicità. Se manca questa corrispondenza, crolla tutto. Ed è meglio abbandonare qualsiasi velleità.
Complicità e rispetto. L’erotismo è politico?
In un certo modo sì. I nostri comportamenti sono sempre, essenzialmente, politici. Basti pensare che c’è ancora una legge che sanziona le trasgressioni al comune senso del pudore. Il problema vero è quando la politica viene guidata dalla religione. Allora può succedere che una ragazza venga ammazzata di botte, per esempio, perché non indossa correttamente il velo.
La religione torna nelle sue illustrazioni, come nella tavola su Giovanni Paolo II o nel fumetto realizzato con Jodorowsky (I Borgia), che rapporto ha con la religione?
Un interesse di tipo antropologico. Leggendo i vangeli non si può che avere stima per Gesù Cristo e per ciò che predica. Ma non gli riconosco ruoli divini, né tantomeno politici. Ho una grande simpatia per il buddismo, che non prevede l’esistenza di nessun dio, ma ricerca nell’uomo l’illuminazione, in un cammino di miglioramento.
La predicazione del Buddha è cominciata dalla compassione provata nel comprendere la sofferenza umana. Si tratta di una religione che si merita tutto il rispetto e l’adesione possibile. Non mi interessa intraprendere un cammino di avvicinamento al buddhismo, anche se ho avuto la possibilità di frequentare gli Ashram durante un lungo viaggio in India, sulla strada, in camper.
La mia guida era L’odore dell’India di Pasolini, avevo già un mio itinerario. Poi sono stato a Rishikesh, dove c’erano gli ashram frequentati anche dai Beatles. Ma è stato un avvicinamento epidermico.
La strada maestra, per me, è quella di Immanuel Kant. “La legge morale dentro di me e il cielo stellato sopra di me”. Questa è la religione. Il cielo come qualcosa di inaccessibile, l’eterno e lo sconosciuto. Ma non necessariamente il divino, di cui non ho bisogno, perché dentro di me ho la legge morale: so distinguere il bene dal male. Questa è la vita come la intendo io. Ci sono cose enormi che ci sovrastano, ma non gli attribuisco capacità divine, creative e creatrici, taumaturgiche. Insomma: non mi aspetto miracoli.
Dedica il suo ultimo lavoro, Camera Light alle star del grande schermo. Ha una grande passione per il cinema: cosa ricorda del suo rapporto con Fellini?
Mi manca Fellini, mi ricordo le conversazioni con lui. Era un brillante conversatore, ma naturalmente le chiacchierate erano tutte a senso unico. Parlava solo lui. A me bastava e avanzava l’idea di ascoltarlo, senza necessariamente interloquire. Mi torna in mente una notte in camera d’albergo con Fellini e Masina. Loro dormivano nel matrimoniale e io nel lettino piccolo, in una brandina che lui aveva fatto portare su dal concierge.
Stavamo lavorando su Viaggio a Tulum, e come spesso accadeva, poi non siamo riusciti a concludere il lavoro entro la serata. Le altre volte eravamo a Roma, e ci vedevamo a casa mia oppure nel suo studio in Corso d’Italia, e se non si faceva in tempo a finire si andava a cena, poi io in albergo e lui a casa.
Eravamo a Chianciano, dove lui andava ogni anno per le terme. Arrivata la sera chiese se c’erano altre camere libere, ma era alta stagione e l’hotel era al completo, così come gli altri alberghi. Il concierge ha portato su una brandina da campo, da militari, che è toccata a me. Non credo che nessuno al mondo possa dire di aver dormito nella stessa camera d’albergo di Fellini e Masina.
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