A marzo del 2023, Spider-Man ha spento 60 candeline. Quasi vicino alla pensione, si potrebbe dire. Ma il nostro Inps non lo permetterebbe mai, e i sindacati dei supereroi non sono molto collaborativi: non c’è contratto collettivo nazionale. L’arrampicamuri del Queens, comunque, è ben lontano dal lasciare questi schermi, o le pagine dei fumetti. E questo è solo che un bene.
Il suo successo, che non ha mai visto momenti di calo, è un fenomeno culturale poco intuitivo, ma dannatamente sensato. Certamente amplificato dai lungometraggi dei primi del 2000 firmati da Sam Raimi, con l’impacciata interpretazione di Tobey Maguire (ma anche quelle di Andrew Garfield e Tom Holland), Spider-Man è tra i primi supereroi ad avere sia superproblemi, che problemi non super. Non è un miliardario, filantropo, playboy che si costruisce un’armatura da combattimento, né tantomeno un supersoldato iper-patriottico. Ma un’adolescente comune, con comuni problemi da adolescente.
È strettamente locale, sia per la città di New York che per il quartiere in cui è cresciuto, non per niente si firma come amichevole Spider-Man di quartiere. Parla delle periferie, delle difficoltà del lavoro, ha fatto il fattorino delle pizze, e nel mentre studiava e combatteva il crimine. Il suo simbolo è sempre attuale, e quindi le rivisitazioni che si sono susseguite nel tempo non hanno fatto nient’altro che estendere il significato dell’Uomo Ragno, includendo più persone.
Nel marzo del 1963, Peter Parker ha la sua serie dedicata Amazing Spider-Man. Ma la sua prima apparizione risale a un anno prima, nell’agosto del ’62. Quando il personaggio era ancora solo un’idea folle che aveva bisogno della sua chance.
Spider-Man, le origini delle leggenda
È il 15 Agosto 1962 quando Stan Lee e Steve Ditko portano un nuovo personaggio sulle pagine della rivista Marvel Amazing Fantasy. Stan Lee propose l’idea a Martin Goodman, all’epoca editore di Marvel Comics, che però non ne rimase per nulla convinto. Per lui un supereroe non poteva essere un teenager, né avere i suoi problemi personali. E men che meno poteva chiamarsi Spider-Man: le “persone hanno paura dei ragni”, diceva Stan Lee ricordando la conversazione con Goodman.
L’editore – in quel periodo – era invece intenzionato a chiudere la testata Amazing Fantasy proprio con il numero 15, le vendite non stavano andando bene. Non si interessò quindi ai contenuti di quell’ultimo numero, lasciando Lee e Ditko a briglia sciolta. I due, senza farselo ripetere troppe volte, decisero di pubblicare in quell’albo a fumetti le origini di questo nuovo eroe.
“A nessuno importa cosa pubblichi negli ultimi numeri, così ho messo Spider-Man in copertina”, aveva raccontato Stan Lee in un’intervista alla Cnn. “Un mese dopo sono arrivati i dati delle vendite, e quell’albo era diventato il più venduto della serie – ha continuato l’ex presidente Marvel, venuto a mancare nel 2018 – l’editore è poi venuto da me per dirmi: ‘Stan ti ricordi di quel personaggio Spider-Man che ci piaceva tanto? Perché non ne fai una serie’”.
Peter Parker fa così la sua prima apparizione, assieme ad alcune storie fantascienza tra cui Il Campanaro, I Marziani sono tra noi e L’uomo nel sarcofago, in quel fortunato capolinea di Amazing Fantasy. Tutte storie scritte e illustrate da Lee e Ditko.
La copertina e la prima pagina
Jack Kirby, storico disegnatore dell’Uomo Ragno e collaboratore di lunga data con Stan Lee su testate come Fantastici 4, firma l’iconica copertina su Amazing Fantasy n.15, in cui il “neonato” supereroe volteggia tra i palazzi di New York sparando ragnatele, mentre sta salvando una persona da una situazione di pericolo. “Il mondo potrà anche prendersi gioco di un ragazzo timido come Peter Parker, ma sta per restare a bocca aperta davanti ai poteri di Spider-Man”, recitano i balloon.
In alto a destra campeggia il logo d’approvazione della Comics Code Authority, un bollino aggiunto su ogni fumetto statunitense che aveva – nella sostanza – obiettivo di censura esattamente come il codice Hays per il cinema, e che verso gli anni Dieci del 2000 è stato decretato funzionalmente defunto.
Voltata la prima pagina capiamo subito che quel chiacchierone dell’arrampicamuri – oltre la calzamaglia – è un impacciato adolscente, che fa difficoltà ad integrarsi con gli altri compagni di scuola e che viene continuamente schernito dai ragazzi popolari. “Gente, serve un altro per il ballo! Che ne dite di Peter Parker?”, “Stai scherzando vero? Quel secchione non distinguerebbe un cha cha cha da un valzer!”, “Peter Parker? Qui alla Midtown High School fa solo da tappezzeria!”
Da grandi poteri…
La prima storia di Spider-Man è proprio quello che si immagina. L’abbiamo vista su schermo, più di una volta: il bullismo, il morso del ragno radioattivo, i match di wrestling per racimolare qualche spicciolo. E poi i programmi televisivi, i giornali e gli occhi sbalorditi delle persone che vedono volteggiare un eroe in calzamaglia nella giungla urbana newyorkese. E infine la morte dello zio Ben, un’evento che Peter avrebbe potuto evitare, ma inebriato dal primo successo dopo anni di frustrazioni non ha agito per la collettività, solo per se stesso.
Per quanto l’origin story possa somigliare a una sorta di “rivincita dei nerd”, narrazione che ha portato anche all’omonimo – e discutibile – film del 1984 diretto da Jeff Kanew, in realtà queste prime tavole sono un potente percorso di maturazione. Quello che nel gergo sarabbe definito come un coming of age. E lo dimostra l’iconica frase recitata dallo zio Ben nel film di Sam Raimi – nel fumetto invece lasciata alla voce narrante – “da grandi poteri derivano grandi responsabilià”. In quel momento, di fronte al corpo senza vita dello zio, è anche la “morte” del Peter Parker adolescente. La presa di consapevolezza che ora quel giovane ragazzino del Queens ha delle responsabilità nei confronti della comunità, e ha bisogno di un forte compasso morale.
Grazie a quel ragno radioattivo, Peter Parker è ora un personaggio maturo. Così anche il suo simbolo, nella cultura pop, ha grandi responsabilità. Il multiverso ha aperto le porte a tante versioni differenti dell’Uomo ragno, Peter è solo uno dei tanti arrampicamuri nel groviglio dello spaziotempo. Sotto quella maschera può celarsi chiunque.
Ora ci sono Miles Morales (peraltro co-creato dalla fumettista italiana Sara Pichelli) e Spider-Gwen, e poi Spider-Man 2099 e Spider-Punk. Il ragnoverso rappresentato in Across the Spiderverse dice al pubblico che tutti possono essere Spider-Man, e si possono guardare nella sua storia come davanti a uno specchio. Non è ancora venuto il momento della pensione per Spider-Man, ancora molte altre generazioni hanno bisogno del suo simbolo. Cento, mille di questi giorni. Auguri “tigre”.
THR Newsletter
Iscriviti per ricevere via email tutti gli aggiornamenti e le notizie di THR Roma