The Flash, la recensione: come trovare se stessi nel groviglio dello spazio-tempo

Il velocista scarlatto arriva al cinema il 15 giugno, con l'obiettivo di risollevare un franchise alla deriva. Lo fa con l'aiuto di Michael Keaton, che torna a vestire il mantello di Batman, e l'azzeccata new entry Sasha Calle nei panni di Supergirl

Barry Allen (Ezra Miller) entra in un bar, e potrebbe essere l’inizio di una barzelletta bonaria. E invece no, è il prologo di The Flash, la prima immagine di una sequenza decisamente sopra le righe. Il velocista scarlatto – che sta aspettando il suo sandwich – viene chiamato da Batman (Ben Affleck) per un’emergenza. Poco dopo Barry salverà, tra le urla delle infermiere, una decina di neonati da un ospedale che sta crollando. Il tutto alla spaventosa velocità caratteristica del supereroe Dc, qui nel primo film a lui dedicato.

Il nostro protagonista però – salvataggi a parte – deve anche andare al lavoro. È uno scienziato forense, vuole migliorare il sistema, impedire ogni ingiustizia giudiziaria. Perché suo padre ne è vittima: accusato dell’omicidio della madre, Henry Allen è l’unico sospettato per una morte avvenuta in circostanze anomale. Ma è un uomo innocente. Barry era lì quel giorno, lo sa e gli crede, ma il caso rimane un mistero che passa da un tribunale all’altro, da un appello all’altro, senza risolversi: per questo il ragazzo è entrato in polizia. Vuole cambiare le cose, trovare i colpevoli, aggiustare il “sistema”. Una decisione che è diventata una missione dopo aver ricevuto i poteri da un fulmine.

Diretto da Andy Muschietti (già It), il film si è fatto aspettare a causa di problemi legali, scandali dovuti alla condotta di Ezra Miller (quasi del tutto assente dal marketing del film) e la pandemia di mezzo. Una gestazione travagliata.

L’interpretazione della star – all’inizio leggermente respingente – si fa apprezzare. Miller porta sul grande schermo un Flash differente, ma non meno credibile. Funziona la sinergia con Michael Keaton, in piena forma, che torna a indossare il mantello di Batman in una sorta di eterno ritorno degno della sindrome di Birdman (liberarsi dei propri personaggi, forse il desiderio più grande di ogni attore. La bellezza, ma anche la condanna del mestiere). E la nuova arrivata Supergirl – ovvero Kara Zor-El, la cugina di Superman – è una convincente Sasha Calle: il suo personaggio avrebbe moltissimo da raccontare e meriterebbe in futuro un giusto spazio sul grande schermo.

Batman (Michael Keaton) e i due Flash (Ezra Miller) in una scena di The Flash

Batman (Michael Keaton) e i due Flash (Ezra Miller)

The Flash: una storia complessa, ma pulita

The Flash si presenta, a differenza dai precedenti prodotti di casa Warner, come una storia complessa ma paradossalmente più scorrevole, con giusti ritmi di narrazione e una buona dose di epica. I viaggi nel tempo e gli universi alternativi sono sempre molto affascinanti, per  gli spunti che offrono sui “se” e sui “ma” della vita. Il velocista scarlatto vuole tornare indietro nel tempo per salvare sua madre e scagionare suo padre, ma nel farlo provoca un pericoloso turbamento dello spazio-tempo. Sarebbe diventato Flash se non avesse avuto quel passato? E Bruce Wayne sarebbe diventato Batman, se non avesse subito un trauma nell’infanzia?

L’universo supereroistico Warner, da sempre sofferente di una sindrome di inferiorità rispetto alla controparte Marvel, trova in questo film una nuova ripartenza. Non cancella il passato, ma prova a risolvere i suoi errori con una storia avvincente e un personaggio destinato a farsi notare (almeno quanto la star che lo interpreta). Una cosa è certa: l’universo Dc, dopo The Flash, non sarà lo stesso.