C’è una sequenza nell’ultimo cinecomic della Marvel, The Marvels di Nia DaCosta, in cui Captain Marvel, Monica Rambeau e Ms. Marvel – ci scusiamo per la quantità di volte in cui ripeteremo la parola Marvel – si ritrovano su un pianeta in cui l’unico modo che hanno per comunicare è cantare. Si scoprirà anche che Carol Danvers è la principessa del suddetto pianeta (matrimonio di convenienza per un piccolo cavillo legale), e vediamo così Brie Larson arpeggiare e danzare insieme a uno sconosciuto (non per lei, ovviamente, essendo costui il marito).
Purtroppo l’attrice, premio Oscar nel 2016 per Room, non ha niente in questa scena della rockettara e smorfiosetta Natalie “Envy” Adams che interpretava nel cult del 2010 diretto da Edgar Wright, Scott Pilgrim vs. The World. E probabilmente, anche se in qualcosa avrebbe potuto richiamarla, non sarebbe stato comunque appropriato. Non per la sequenza. Non per un film Marvel. O, se vogliamo essere più specifici, non per The Marvels.
Che gli haters aspettino soltanto di portare Captain Marvel alla gogna è chiaro dal 2019, quando la sua interprete riuscì a inimicarsi mezzo mondo dichiarando che forse nell’ambiente cinematografico, giornalistico e produttivo, ci sarebbe dovuto essere più spazio per donne e minoranze, visto che si ritrovava a parlare sempre solo con “uomini bianchi di quarant’anni”.
Pronunciata la frase, Larson non la ritirò mai, né trattò ciò che aveva detto. Si era addirittura permessa di dare una simile sentenza senza chiedere scusa, per favore, non mostrando incertezza o successivo pentimento, generando ancora più fastidio tra una schiera di odiatori seriali che l’hanno bollata da subito come peggiore piaga del MCU. E a quanto pare Kevin Feige e i suoi Marvel Studios hanno cercato di fare di tutto pur di non aiutarla.
Il personaggio di Carol Danvers, essere più potente dell’intero universo, ha fatto nel corso degli ultimi quattro anni una serie di apparizioni sporadiche che non hanno mai aggiunto nulla alla sua storia, alla sua caratterizzazione o al suo mondo narrativo. La scrittura della supereroina è addirittura diventata più confusionaria di anno in anno, fino a metterla nell’attuale Fase 5 del MCU a capo di un trio formato insieme a un personaggio secondario della serie WandaVision (2020) e a un’adolescente che ha avuto il suo teen show omonimo carino (nel 2022), ma senza picchi di entusiasmo – entrambi su Disney+.
The Marvels, tra quantistica alla Ant-Man e gatti alla Cats
Captain Marvel, Monica Rambeau e Ms. Marvel sono legate da una qualche formula mitica-magica-fantastica che riguarda cose e robe quantistiche – a quanto pare no, non era materia solamente del professor Pym e del suo (non) allievo Ant-Man – che le rende intercambiabili ogni volta che usano i loro poteri. Perciò se Captain Marvel dà un pugno in contemporanea con Ms. Marvel, le due si scambieranno di posto; stessa equazione, ancor più complessa, se ad aggiungersi è anche Monica. Le tre protagoniste sono chiamate ad “un’ultima battaglia”, come la chiama il mentore Fury (Samuel L. Jackson), quando una nemica di Captain Marvel arriva dal passato per generare il caos.
Il film è il più breve della Marvel, e ringraziamo il cielo per questo. E non perché The Marvels sia così pessimo, ma risulta impossibile credere che, sapendo che i fan lo aspettano con torce e tizzoni accesi, non siano riusciti a fare di meglio. Né a risparmiarsi il momento da musical – che ti fa pensare che quasi vogliano che la gente li detesti – né a virare quando, a un certo punto, il cinecomic diventa la versione supereroistica di un ipotetico sequel di Cats (e non certo l’acclamato musical di Broadway, ma l’incubo a occhi aperti in CGI).
Ed ecco che, ancora una volta, si prova soddisfazione solo nell’istante in cui arrivano le scene dopo i titoli di coda. Una giunge poco prima della fine, andando proprio a chiudere il film, solleticando più di quanto abbia fatto l’intera pellicola e rendendo definitivamente insopportabile il processo alla “bastone e carota” in cui bisogna penare prima di avere lo zuccherino.
A dispiacere di più è per Kamala Khan, che si riconferma un ottimo personaggio e un’ottima promessa con la sua attrice Iman Vellani. È dolce e sensibile, ingenua e simpatica. È l’unico collante di un team che, insieme, non trova neanche i giusti tempi comici. I loro poteri saranno pure in sintonia, ma ben poca connessione riesce a creare il trio tra di sé e, cosa ancor più importante, con lo spettatore.
THR Newsletter
Iscriviti per ricevere via email tutti gli aggiornamenti e le notizie di THR Roma