Nel 2009 il piccolo Jeddah Film Festival provava a lanciare un movimento cinematografico in Arabia Saudita, il paese dove il cinema era illegale. Qualche giorno prima del festival, a sera tardi, arrivò una telefonata dal Ministero dell’Interno. Il Jeddah Film Festival venne cancellato. Oggi, quindici anni dopo, si apre a Gedda la terza edizione del Red Sea Film Festival, divenuto in soli tre anni uno dei più grandi festival della regione.
Il festival si chiuderà il 9 dicembre e porterà nella penisola araba i recenti successi dei festival internazionali – Priscilla, Il ragazzo e l’airone, Jeanne du Barry (finanziato dall’Arabia stessa e film d’apertura a Cannes), il sequel di Galline in fuga e il film di chiusura, Ferrari – e il meglio del cinema arabo dell’ultimo anno. Il regista Baz Luhrmann (Romeo + Giulietta, Il grande Gatsby) presiederà la giuria.
Il Red Sea metterà in mostra gli sforzi compiuti nell’ultimo anno dall’Arabia Saudita a sostegno del cinema della regione. Il fondo dell’organizzazione ha finanziato Four Daughters, il documentario di Kaouther Ben Hania, in concorso a Cannes, che ha appena vinto uno dei più prestigiosi premi americani del cinema indipendente, il Gotham.
Non è l’unico successo festivaliero sostenuto dal Red Sea: Behind the Mountains, Backstage, Goodbye Julia, The Mother of All Lies, Inshallah a Boy sono passati tutti per i più grandi festival al mondo, i primi due a Venezia, gli altri tre a Cannes. Tutti e quattro, come Four Daughters, verranno mostrati a Gedda nei prossimi giorni.
In concorso saranno presentati diciassette film, provenienti dal Medio Oriente e dal resto dell’Africa e dell’Asia. Il pubblico locale tiferà per Norah, il primo film saudita girato nella regione desertica di AlUla dove il regno ha creato un grande hub cinematografico per attrarre la produzione internazionale. Anche Mandoob troverà il suo pubblico e lo farà fresco degli ottimi favori di Toronto e del Torino Film Festival. Vedremo se nel paese il film andrà bene come Sattar, la commedia d’azione che a inizio anno ha battuto ogni record locale.
Sia Mandoob che Sattar li ha prodotti Telfaz11, la casa di produzione che a Gedda porterà anche Naga, il thriller satirico sull’odissea di una ragazza che deve tornare a casa prima del coprifuoco imposto dal padre autoritario. Come pure Mandoob, Naga si destreggia tra l’evasione e la critica sociale, in sintonia col controverso processo di modernizzazione del paese.
Il festival rientra nel grande piano di investimenti del principe bin Salman, che sta cambiando il volto del paese. L’esposizione universale del 2030 è stata assegnata proprio ieri a Riad, Cristiano Ronaldo veste la maglia dell’Al-Nassr – avrà appeso gli scarpini al chiodo quando nel 2034 in città ci saranno i mondiali – e mentre nel mondo i cinema chiudono, dal 2018 in Arabia Saudita aprono come se fossero ristoranti.
La prima edizione del Red Sea Film Festival si sarebbe dovuta tenere a marzo 2020, forse il peggior mese in cui organizzare un evento da quando esistono i calendari. Nel 2023, il Mar Rosso ospita il festival di Gedda ma anche le corvette missilistiche israeliane.
La devastazione della Palestina ha spinto gli organizzatori di diversi festival arabi a posticipare o cancellare il proprio festival, in solidarietà al popolo palestinese – è successo al Cairo, a Cartagine, a El Gouna, a Doha. In un’intervista a Variety, gli organizzatori del Red Sea hanno affermato che “la cancellazione o il rinvio del festival non avrebbero risolto nulla”. Il festival sarà invece un’occasione di connessione: “È proprio il momento di riflettere, attraverso il cinema, su ciò che ci unisce, per dare voce alle persone nella nostra regione e oltre, per promuovere conoscenza, comprensione e compassione”.
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