In genere, gli European Film Awards (EFA) sono un evento di celebrazione e di consenso. Si può discutere su quale film europeo meriti il primo premio – tra i contendenti di quest’anno ci sono i drammi sui rifugiati come Io Capitano di Matteo Garrone e Green Border di Agnieszka Holland; il legal thriller francese Anatomia di una caduta di Justine Triet; lo straziante film sull’Olocausto La zona di interesse di Jonathan Glazer; e la cupa commedia romantica Foglie al vento del finlandese Aki Kaurismäki – ma quando si parla di politica, i membri dell’European Film Academy, che assegna i premi, sono solitamente uniti nel loro messaggio progressista a sostegno degli oppressi della società rispetto a chi detiene il potere, e per il loro incrollabile sostegno alla libertà di espressione.
I premi di quest’anno, che saranno consegnati a Berlino sabato 9 dicembre, potrebbero essere diversi. I conflitti che imperversano in Europa stanno mettendo gli Stati membri dell’EFA l’uno contro l’altro e seminando divisioni all’interno dell’Academy.
“I membri dell’EFA provengono da tutti i Paesi possibili e alcuni di essi sono in guerra in questo momento, il che rende la nostra posizione come parte dell’Academy molto scomoda”, afferma Holland, che oltre a essere candidata agli EFA 2023 è anche presidente di lunga data dell’European Film Academy. “Perché i russi sono membri dell’EFA. Gli ucraini sono membri. I palestinesi sono nostri membri e gli israeliani sono nostri membri”.
La politica degli EFA
In precedenza, l’EFA poteva rilasciare grandi dichiarazioni politiche che raccoglievano un sostegno quasi universale tra i suoi membri. Nel 2016, Holland aveva aperto gli EFA, che si erano svolti poco dopo l’elezione del presidente Donald Trump, con uno sketch in stile SNL che chiedeva il ripristino di “democrazia e tolleranza” negli Stati Uniti. Nel 2019, l’Academy aveva festeggiato il rilascio da una prigione russa di Oleg Senstov, un regista ucraino che da allora ha posato la macchina da presa e ha imbracciato il fucile per combattere in prima linea.
Negli attuali conflitti, il consenso politico è più difficile da ottenere. La guerra tra Israele e Hamas a Gaza ha diviso la comunità cinematografica europea. Il mese scorso, in occasione del Festival internazionale del documentario di Amsterdam, i registi che sostengono Israele e quelli che sostengono la Palestina hanno criticato aspramente il festival per essersi rifiutato di appoggiare pubblicamente, o condannare sufficientemente, l’una o l’altra parte.
“La realtà è che viviamo in un continente in cui è tornata la guerra, e questo rende tutto molto difficile perché i nostri membri ne sono direttamente colpiti in modi orribili”, afferma l’amministratore delegato della European Film Academy Matthijs Wouter Knol, che sottolinea anche un’altra guerra in corso, anche se meno raccontata, tra gli Stati membri dell’EFA Armenia e Azerbaigian. “Nella guerra tra Israele e Hamas abbiamo condannato chiaramente il terrorismo e abbiamo chiesto la pace, un cessate il fuoco e la fine della violenza. Ma la European Film Academy non è un’organizzazione che può risolvere le guerre. Quello che abbiamo cercato di fare è sostenere i singoli membri quando sono minacciati, come registi”.
È un “paradosso”, dice Holland, che “mentre il mondo è sempre più in fiamme” gli European Film Awards siano costretti a essere “meno politici rispetto agli anni precedenti”.
Il caso Holland
La stessa Holland è una regista ferocemente politica. Green Border attacca direttamente le politiche sull’immigrazione del governo uscente di estrema destra polacco e la sua decisione di impedire agli immigrati di attraversare il confine naturale del Paese con la Bielorussia, lasciando decine di migliaia di persone bloccate nell’area della foresta paludosa, tagliate fuori da ogni sostegno e in lotta per la sopravvivenza. Diversi politici di destra hanno condannato il film, con il ministro della giustizia polacco Zbigniew Ziobro che lo ha paragonato alla “propaganda nazista” per la sua presunta rappresentazione negativa della polizia e delle guardie di frontiera polacche.
Il governo ha persino imposto ai cinema polacchi di proiettare un video di avvertimento approvato dal governo prima del film. Ironia della sorte, quella che Holland definisce “una campagna d’odio spudorata” ha aiutato il film al botteghino. Green Border è stato un successo, e ha incassato quasi 4 milioni di dollari in Polonia, un risultato impressionante per un film d’autore in bianco e nero a basso budget.
“Il successo al botteghino è stato una sorpresa per tutti noi, e posso ringraziare le autorità polacche per la loro efficiente campagna pubblicitaria per il film”, ha dichiarato Holland, ironicamente. “Ma allo stesso tempo, credo che fare un film ‘di sostanza’, un film che affronta i problemi del mondo reale, sia stato parte del motivo del suo successo di pubblico”.
“Il pubblico vuole più politica nei film”
Anche se il cinema europeo ha faticato a riprendersi al botteghino – “c’è stata una ripresa dopo la pandemia, ma non è stata sufficientemente elevata o duratura”, osserva Mike Downey, membro del consiglio d’amministrazione dell’European Film Academy -, i film che trattano temi politici scottanti sono andati bene. Io Capitano di Garrone, una pellicola che ripercorre i tentativi di due migranti senegalesi di raggiungere l’Italia, ha incassato più di 4 milioni di euro sul mercato nazionale.
Il vincitore del premio EFA come miglior film dello scorso anno, Triangle of Sadness di Ruben Östlund, una satira sul capitalismo con un evidente messaggio politico, è stato un raro successo paneuropeo, con un incasso di circa 20 milioni di dollari. Più di recente, C’è ancora domani di Paola Cortellesi, un dramma d’epoca che prende di mira il patriarcato italiano, è stato un vero e proprio blockbuster, con oltre 28 milioni di euro incassati finora, diventando il film italiano di maggior successo dell’anno.
Secondo Holland, il messaggio che il pubblico europeo sta inviando è che non vuole meno politica nei film, ne vuole di più.
“La maggior parte dei film europei affronta questioni molto personali, quelle che i francesi chiamano problemi ‘non realistici’”, afferma Holland. “Rispetto tutti i tipi di cinema, se la qualità è buona, dai film molto commerciali, a quelli con effetti speciali, dall’animazione, al dramma, al cinema molto sperimentale e artistico, ma parlando con il pubblico, penso che i film che hanno sostanza, che prendono la temperatura delle questioni politiche in modo diretto, siano quelli che possono spingere gli spettatori a lasciare le loro belle case calde e andare al cinema”.
Traduzione di Nadia Cazzaniga
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