Venezia Classici è di gran lunga la sezione più amata della Mostra. L’unica dove si è sicuri di vedere film belli. O rivedere, naturalmente: è dedicata ai film restaurati dalle varie Cineteche del mondo e ieri ha presentato One from the Heart: Reprise. È la versione restaurata di un famoso film “maledetto” di Francis Ford Coppola, che in Italia venne intitolato Un sogno lungo un giorno. Il restauro in 4k è stato curato da American Zoetrope (la storica compagnia fondata da Coppola) e Roundabout Entertainment, ed è distribuita da Studiocanal.
È una bellissima occasione di rivedere un film tenero e sfortunato, per certi versi rimosso, ma è anche un discreto rompicapo dal punto di vista filologico: il film che abbiamo visto qui a Venezia dura 95 minuti e nel 1981, secondo tutte le fonti, ne durava 107. Studiocanal, nel suo sito, scrive che “great efforts have been made to add thirteen minutes of original camera negative”, ovvero che 13 minuti sono stati aggiunti all’originale: il film però è più corto e il vostro cronista deve confessare che, avendolo visto più di quarant’anni fa, non è in grado di segnalare tagli o aggiunte. L’unica cosa certa è che l’operazione è stata condotta su tre copie del film recuperate in vari luoghi, perché il negativo originale andò perduto a Roma (era conservato lì, il direttore della fotografia era Vittorio Storaro) durante un’inondazione; e che il tutto ha avuto il placet di Coppola medesimo, che dopo aver visto la resa digitale in 4k delle vecchie copie ha deciso di “rimetterci le mani”.
È quindi corretto definirlo un reprise, un’operazione simile a quella fatta da Coppola su Apocalypse Now nella versione “redux”: solo che Apocalypse Now era stato allungato, One from the Heart evidentemente è stato accorciato. Legittimo, quando è il regista a farlo: però non si può parlare di restauro, anche perché il 4k – per quanto nitido e preciso – non può mai essere all’altezza della pellicola; si tratta, semmai, di un vero e proprio rifacimento.
È stato comunque emozionante rivederlo. A volte i film, dopo quattro decenni, rivelano nuove cose, o appaiono drammaticamente invecchiati. Paradossalmente, questa reprise di One from the Heart, pur diversa, è uguale a come la ricordavamo: stessi pregi e stessi difetti. Il film è esilissimo, praticamente non racconta nulla: una giovane donna (Teri Garr) e un giovane uomo (Frederic Forrest) vivono insieme a Las Vegas; si amano, litigano, hanno entrambi voglie represse da soddisfare; lei si lascia sedurre da un pianista rubacuori (Raul Julia), lui ha un colpo di fulmine per un’artista circense (Nastassja Kinski); vivono una folle notte del 4 di luglio e poi si ritrovano, più innamorati di prima.
È curiosissimo scoprire, oggi, come alcuni elementi della trama (in primis il pianista, ma anche tutto il gioco di tradimenti) anticipino alcuni passaggi del film postumo di Stanley Kubrick, Eyes Wide Shut. La bellezza del film è tutta nelle sperimentazioni visive di Storaro e nella colonna sonora di Tom Waits che fa di One from the Heart, di fatto, un musical. E soprattutto nelle mirabolanti scenografie costruite in studio da Dean Tavoularis. Lì si nasconde al tempo stesso la struggente bellezza e la follia quasi demenziale del film, della sua storia. Coppola, dopo Apocalypse Now, voleva fare un “piccolo film”, e soprattutto (dopo un anno di tifoni e di catastrofi nelle Filippine) voleva girarlo sotto casa. Decise quindi di ricostruire tutta Las Vegas nei teatri di posa della Zoetrope, che aveva appena fondato (per la cronaca: quei teatri erano costati un patrimonio e questo è l’unico film che Coppola vi abbia mai girato). L’enormità dei set e le lungaggini delle riprese fecero impennare il budget, dai 2 milioni di dollari iniziali, alla cifra – allora notevole – di 25 milioni. Dopo Apocalypse Now, fu la rovina definitiva: Coppola ha più volte dichiarato che tutti i film girati successivamente sono serviti a ripianare i debiti di questi due bagni di sangue finanziari.
Il problema di One from the Heart è che, a differenza di Apocalypse Now, non ci furono né Palme d’oro cannensi né incassi mondiali per rientrare. Il film dichiara, tuttora, un incasso lordo mondiale di 636.796 dollari. Sì, avete letto bene: nemmeno un milione di dollari rispetto ai 25 spesi. Rivederlo oggi è stato soprattutto un modo per riscoprire quale meravigliosa attrice fosse Teri Garr, che allora era reduce da Frankenstein Junior (dove era Inga, l’assistente sexy di Gene Wilder: “Rimetta – a posto – la – candela”…) e da Incontri ravvicinati del terzo tipo, e che l’anno dopo sarebbe stata perfetta in Tootsie. Una commediante sublime, capace di ballare e cantare, e bella da morire. Se il film vi capita sotto tiro, andatelo a rivedere per lei.
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