Lo stile visivo di Wes Anderson è forse uno dei più riconosciuti e discussi tra i registi contemporanei, con innumerevoli video, foto e meme che sostengono di replicare in qualche modo l’aspetto e l’atmosfera dei suoi film.
Ma il regista stesso è consapevole di questo stile? Quando gli è stato chiesto alla Mostra del Cinema di Venezia, dove sta presentando in anteprima il suo cortometraggio per Netflix The Wonderful Story of Henry Sugar, basato sul racconto di Roald Dahl, ha suggerito che non è una cosa che ha mai preso in considerazione.
“Sono sicuro che non sembrerà plausibile, ma non sento di aver davvero definito un mio stile”, ha detto ai giornalisti. “Credo che lo stile consista in una serie di scelte diverse ma la maggior parte di queste ultime sono solo frutto del fatto che io faccio quello che voglio. In un certo senso, è come chiedere: ti piacerebbe fare un film che non sia come vorresti? Idealmente vorrei farlo nel modo in cui voglio io”.
Aggiunge inoltre: “Ogni volta che faccio un film mi sento come se stessi facendo qualcosa di completamente diverso. Entro in un nuovo territorio e racconto un tipo diverso di storia con nuovi personaggi e un mix diverso di attori, ma so che ci sono tantissime cose che legano quello che mi affascina in generale e credo sia una cosa che si nota… si tratta di me”.
Durante l’incontro con i media, Anderson ha discusso della controversa decisione di rivedere diversi libri di Roald Dahl per rimuovere un linguaggio ora ritenuto offensivo, affermando di non ritenere che gli artisti stessi dovrebbero essere autorizzati a modificare le proprie opere.
“Se mi chiedete se Renoir dovrebbe essere autorizzato a ritoccare uno dei suoi quadri, vi risponderei di no. Ormai è fatta”, ha detto ancora Wes Anderson. “Non vorrei nemmeno che l’artista modificasse il proprio lavoro. Capisco le motivazioni, ma io sono del parere che quando l’opera è finita ne facciamo parte. La conosciamo. Quindi penso che quando è fatta, è fatta. E certamente nessuno che non sia un autore dovrebbe modificare il libro di qualcuno. Roald Dahl è morto”.
Traduzione di Pietro Cecioni
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