Dal 9 al 19 novembre, il MAXXI e il Cinema Savoy di Roma diventano teatro della ventinovesima edizione del MedFilm Festival. La kermesse, che celebra il cinema del Mediterraneo in tutte le sue declinazioni, quest’anno si focalizzerà sulla figura di Maria Callas, per un omaggio nel centenario della sua nascita, in un festival che “pone al suo centro le donne”, racconta la direttrice Ginella Vocca.
Undici giorni scanditi da corti, medio e lungometraggi, masterclass, meeting, incontri e premiazioni. Tutti con un denominatore comune: la necessità di un racconto realistico ed eterogeneo del presente.
Ospite del festival di quest’anno è la Spagna, in occasione del semestre della nazione alla presidenza dell’UE. “Abbiamo portato una Spagna plurale e multiculturale, con prodotti in lingua castillana, catalana e gallega”, ha spiegato l’ambasciatore Miguel Ángel Fernández-Palacios. Madrina d’eccezione sarà Ángela Molina, attrice spagnola dall’attività prolifica, protagonista di pellicole come Gli occhi, la bocca di Marco Bellocchio e Carne trémula di Pedro Almodóvar. A lei verrà conferito il premio alla carriera MedFilm 2023.
“È un anno particolare per le vicende in corso. Quella del MedFilm è una luce di pace, ascolto e accoglienza verso tutte le realtà e le voci del Mediterraneo“, spiega Vocca. “Bisogna superare tutte le sponde culturali”. Trenta i paesi rappresentati, sessantotto i film che si impegneranno in quest’intento.
“È importante che se ne parli, che si affrontino i problemi del Mediterraneo, a partire dalle questioni di pace, a finire con quelle dell’ambiente”, argomenta Antonio Parenti, capo della commissione europea in Italia. “Dobbiamo continuare a parlare e a cercare di comprenderci. Possiamo uscirne solo parlando, e possiamo parlarci solo comprendendoci”.
Il MedFilm si pone l’obiettivo di raffigurare un orizzonte nella sua interezza, nelle sue infinite flessioni e possibilità. “Questo festival ci dà una grande occasione di riflessione. Ci dà la possibilità di essere incisivi in un mondo in cui più che mai abbiamo bisogno di ascolto”, racconta Flavio Di Giacomo dell’organizzazione internazionale per le migrazioni.
Mettere il Mediterraneo al centro delle proprie opere significa anche fotografare quello che secondo Di Giacomo è un mare di morte. “Il fatto che ci sia uno spazio in cui parlare del Mediterraneo in un momento in cui se ne parla sempre meno è necessario”. E in questo intento, l’arte cinematografica è un fondamentale tramite, perché “crea uno spazio di dialogo interculturale che la politica non facilita. Anzi, lo rende ancor più impossibile istituendo dei muri di divisione”.
Otto sezioni contribuiranno alla realizzazione di questo dialogo, a partire dal concorso ufficiale, “il cui fil rouge è il poter stare insieme con gli altri”. Poi il concorso internazionale e le sezioni Atlante e Perle (quest’ultima, di cinema italiano), una serie di eventi speciali e la vetrina Voci dal Carcere, con film realizzati da e con i detenuti degli istituti penitenziari del progetto Methexis. E ancora, la sezione Sguardi dal futuro, composta da cortometraggi realizzati da studenti delle scuole di cinema euro-mediterranee.
Tra i film più attesi il lungometraggio d’apertura Endless Borders (in anteprima italiana) Sconosciuti puri di Mattia Colombo e Valentina Cicogna, un ritratto di Cristina Cattaneo, il medico legale milanese che si occupa di dare un nome e un’identità alle persone morte nel Mediterraneo.
Il programma completo e gli ospiti della ventinovesima edizione del MedFilm Festival sono consultabili qui.
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