“Non è la prima volta che la Mostra ospita sei film italiani in concorso. E più in generale, su 82 film solo 10 sono italiani. La Mostra ‘autarchica’ era quella degli anni 1939, 1940 e 1941, quando Francia, Inghilterra e Stati Uniti boicottarono il festival. Nessuno accusa i francesi di sciovinismo perché hanno otto film ‘loro’ a Cannes”. Così il direttore della Mostra di Venezia Alberto Barbera, oggi, ha difeso a margine della conferenza stampa di presentazione del festival la scelta di inserire nel programma di Venezia 80 – il concorso principale – sei titoli italiani (Io Capitano di Matteo Garrone, Comandante di Edoardo De Angelis, Finalmente l’alba di Saverio Costanzo, Adagio di Stefano Sollima, Enea di Pietro Castellitto, Lubo di Giorgio Diritti). Un record per la sua gestione (al massimo cinque, “e già si diceva che avevo esagerato”) ma non per la Mostra.
L’affaire Luca Guadagnino
Proprio a uno dei titoli italiani, Comandante, è toccato l’ingrato compito di sostituire a Venezia Challengers di Luca Guadagnino, che la produzione (Amazon, MGM e Warner: la decisione è stata “congiunta”) ha voluto ritirare dal programma.
“Guadagnino ha lottato fino all’ultimo, è rimasto molto deluso e a lui va tutta la mia solidarietà. Per far conoscere un film ci sono altri strumenti, oltre alle star: rinunciare a questa cosa mi sembra un autogol clamoroso. Lo sciopero è giusto e legittimo, ma rischiamo conseguenze su tutta la filiera”.
Barbera rifiuta tuttavia di considerare l’affaire Guadagnino – il cui film è stato ritirato dalla produzione per “assenza giustificata” della scioperante Zendaya – come un segnale di cedimento del festival alle esigenze più commerciali della promozione. “Il cinema da sempre cerca di convivere con la sua doppia anima, commerciale e artistica. È da ingenui stupirsi di una scelta di marketing. Certo, ho ricevuto una lettera ufficiale di scuse da parte di Amazon e ho discusso con loro una settimana per non fargli fare questo errore. Alla fine hanno pesato più le ragioni della promozione che non quelle artistiche, e legittime, della Mostra. Ci sta tutto. Ciò non vuol dire che non siamo estremamente dispiaciuti. Ma oggi le cose non sono peggio di prima. Bisogna convivere con queste scelte”.
Besson, Allen, Polanski: i nomi “scomodi”
Tra gli invitati della Mostra anche tre registi che si sono dovuti confrontare, in passato, con accuse di violenza sessuale: Luc Besson, Woody Allen (entrambi scagionati dalle rispettive accuse) e Roman Polanski. “Dal punto di vista formale e legale Besson e Allen sono stati assolti, anzi Besson un processo non l’ha mai nemmeno dovuto affrontare. Allen è stato assolto vent’anni fa per due volte dalle accuse: non vedo perché stiamo qui a discuterne – ha detto Barbera – Il caso Polanski è tutt’altra cosa, ed è dibattuto da 50 anni. Non capisco perché non possa distinguere tra le responsabilità dell’uomo e quelle dell’artista. Polanski ha 90 anni, è uno dei pochi maestri in attività, ha fatto un film straordinario che ha subito grandi vicissitudini distributive per via dell’ostracismo riservato nei suoi confronti. Potrebbe essere l’ultimo film della sua carriera, anche se mi auguro che faccia come De Olivera, che ha fatto film fino a 105 anni”.
Le star sul tappeto rosso di Venezia
Quanto allo sciopero degli attori americani iscritti al sindacato SAG-AFTRA, che sta paralizzando l’industria, Barbera ha messo le mani avanti: le ricadute sulla Mostra saranno, dice, “modeste”. Gli attori di film legati a studios o piattaforme non potranno partecipare, mentre gli altri – gli interpreti iscritti al sindacato, ma arruolati in film indipendenti – potranno sfilare sul red carpet a Venezia se le produzioni riusciranno a ottenere una deroga al sindacato, che gli consenta di promuovere il film. “Ci auguriamo che le deroghe vengano concesse. Il problema riguarda il film di Yorgos Lanthimos (Poor Things) e i due film di Netflix (Maestro di Bradley Cooper e The Killer di David Fincher, ndr). Aspettiamo i prossimi giorni. Ma il tappeto rosso non sarà cosi spopolato”.
Il caso del Centro Sperimentale
Barbera è intervenuto con un breve commento sulle proteste degli studenti del Centro Sperimentale in reazione all’emendamento – che oggi ha superato un primo step in Commissione – al dl Giubileo. “Mi preoccupa che si interrompa quel processo di rinnovamento del Centro che Marta Donzelli (la presidente in carica, ndr) aveva iniziato. La scuola andava svecchiata e sottratta alle pastoie burocratiche. Donzelli la stava svecchiando e attualizzando, rendendola capace di affrontare le sfide di oggi. Un vero peccato toglierle la possibilità di portare a compimento questo processo. Non mi sembra giusto”.
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