“Se Anna Magnani fosse stata qui oggi avrebbe detto le cose un po’ come me. Non ci somigliamo fisicamente ma nel cuore abbiamo molto in comune”. Lo dice quando ormai è in piedi, Nastassja Kinski, pronta a lasciare il tavolo circondato da giornalisti impegnati a chiudere computer e riporre taccuini. L’attrice di film-culto come Paris, Texas e Tess, ospite di Alice della città, è arrivata a Roma per ritirare il Women Excellence Award International, riconoscimento consegnato durante l’incontro con il pubblico all’Auditorium per il ciclo WomenLands organizzato in collaborazione con il Comitato Expo 2030 Roma.
L’appuntamento è per le 11 di mattina sulla terrazza di un albergo del centro di Roma. Dalla vetrata che ripara dal vento spuntano in lontananza le cupole di San Pietro e del Pantheon. Tra le giornaliste presenti si inganna il tempo parlando di armocromia. L’unico collega uomo ascolta in silenzio. Dieci minuti, poi quindici, venti, trenta. Le lancette dell’orologio scorrono. Ma si sa che il tempo – specie durante un festival cinematografico fatto di incastri e minutaggi calcolati al centesimo – è sempre l’elemento più prezioso. E allora c’è chi si spazientisce e minaccia di andarsene per non perdere l’intervista successiva programmata dall’altra parte della città. Cosa che alcuni dei presenti saranno costretti a fare nel corso dell’incontro.
Nastassja e la guerra tra Israele e Hamas
“Non è un ritardo”, ci tiene a precisare Nastassja Kinski – protagonista la sera precedente di una passeggiata lungo via Condotti – mentre si dirige verso la stampa che al suono della sua voce posiziona in tutta fretta i registratori vicino alla sua postazione. “Sono arrivata ieri e non mi sono fermata mai. Non ho dormito ed ho avvertito che sarei arrivata un’ora dopo”. “Preferisco stare al vostro posto”, confessa in un ottimo italiano che manterrà per quasi tutto l’incontro lasciando spazio solo a qualche breve incursione di inglese. “Fin da piccola non è facile per me” riferendosi al doversi aprire con i giornalisti.
Camicia rosa pallido con dei piccoli motivi bianchi, grandi orecchini e collana color oro, ampia frangia e capelli lunghi che nel corso dell’intervista userà per coprirsi leggermente il volto. Nastassja Kinski è visibilmente emozionata, sorridente ma anche un po’ sulla difensiva. Bellissima, l’attrice ha una voce dolce, quasi infantile, sussurrata.
Alla prima domanda, inerente al premio e all’incontro tutto al femminile di cui è protagonista, risponde accennando alla guerra in corso tra Israele e Hamas. “Le persone liberate erano tutte donne. Mi ha fatto molta impressione. È una cosa tenera, un gesto nuovo in questa situazione terribile. Un gesto di speranza”.
Da Greta Thunberg al cinema italiano
Argomento sul quale ritornerà più avanti. “Il mondo cambia e noi cambiamo con lui. È vero che stiamo vivendo un momento molto difficile. Ma sento anche che il mondo si sta avvicinando. Penso a Greta Thunberg e ai suoi amici ebrei che mostrano cartelli con la scritta ‘Salviamo la Palestina’. Anche io sono ebrea, ma per me è ovvio che dobbiamo salvare tutti. Molti israeliani e palestinesi, così come molti ucraini e russi, sono uniti per la stessa cosa: la pace”.
“Sono cresciuta qui da piccola, ci tornata da teenager e ci ho lavorato per tanti anni. Lina Wertmüller era una donna fantastica, Sergio Rubini lo adoro, Citto Maselli… Tutte perone bellissime e speciali. Non tutti gli attori tedeschi hanno questo charme”, afferma ridendo a chi le domanda quale sia il rapporto che la tiene legata all’Italia.
“E poi l’anima. Come una delle canzoni che amo di più di Pino Daniele. La musica italiana è commovente. Non tutti nel mondo capiscono le parole ma le sentono ne cuore. La musica è una lingua universale. Da ragazza i Beatles mi hanno aiutata, hanno creato un mondo bello. Oggi canto le canzoni che amo. Volevo e vorrei ancora cantare con Zucchero Everybody’s Got To Learn Sometime, con quel verso di pace, Change Your Heart. Mi piacciono molto anche Eros Ramazzotti e Marco Mengoni”.
I sogni di Nastassja
Di base in Germania, a Berlino, dove lo scorso anno ha preso parte a Dark Satellites con Martina Gedeck, Kinski è convinta che il cinema le abbia “dato molto di più di ciò che mi ha tolto”. “Mi ha aperto alla visione del mondo. È attraverso il cinema se l’ho capito meglio”, sottolinea l’attrice di Così lontano così vicino.
“Oggi già è un lusso se abbiamo la chance di lavorare. Tutto è difficile, contiamo i momenti, le possibilità di luce. Viviamo in una realtà diversa da quella di quando ero giovane. Vorrei fare cose magiche, che hanno a che fare con il mondo nel quale ci troviamo adesso. Ho molti sogni”. “L’incontro più importante? Non lo posso dire, non sarebbe giusto. Sono stati tanti. Wim Wenders, Wolfgang Petersen, Roman Polanski. Amavo questo lavoro, questo mondo. Ho fatto film bellissimi, sono stata fortunata”.
Alla domanda sulle scene di nudo che hanno fatto parte di alcuni dei suoi film l’attrice si irrigidisce, forse spaventata dalla deriva che l’incontro poteva prendere. Figlia dell’apocalittico Klaus Kinski, con il quale ha vissuto un rapporto complesso e fortemente conflittuale – dove ha avuto una parte non indifferente la rivelazione della sorella Pola che in un’intervista di dieci anni fa affermò di essere stata ripetutamente violentata dal padre – Nastassja tentenna qualche secondo per poi, rassicurata sulla natura della domanda, rispondere.
“All’epoca non c’era protezione. Ma io ero con persone e registi buoni. Da piccola parlavo con pochi. Se il regista diceva di fare una cosa restavo in silenzio. Oggi avrei detto di no, sarebbe stato diverso. Dobbiamo sapere che abbiamo la forza dentro di noi e il diritto di dire sì o no. Oggi in molte lo fanno. E questo è bello”.
THR Newsletter
Iscriviti per ricevere via email tutti gli aggiornamenti e le notizie di THR Roma