Il viaggio di Seydou e Moussa prosegue. La storia dei due giovani protagonisti di Io Capitano di Matteo Garrone, interpretati da Seydou Sarr e Moustapha Fall, è arrivata fino alla notte più lunga dell’anno, quella degli Oscar. Il film, presentato in concorso alla Mostra di Venezia 2023 – dove ha vinto il Leone d’argento e il premio Marcello Mastroianni per Sarr – è stato candidato come miglior film internazionale insieme a La società della neve di Juan Antonio Bayona, La zona d’interesse di Jonathan Glazer, Perfect Days di Wim Wenders e The Teacher’s Lounge di İlker Çatak.
E se l’Italia è riuscita a rientrare nella cinquina un pizzico di merito, forse, è anche dell’incredibile passo falso commesso dalla Francia quando, lo scorso settembre, ha preferito candidare nella shortlist La Passion de Dodin Bouffant del regista franco-vietnamita Trần Anh Hùng, vincitore a Cannes 76 per la miglior regia, al posto di Anatomia di una caduta di Justine Triet che al festival francese si è portata a casa la Palma d’oro.
Oscar 2024: esce Triet, entra Garrone
Una scelta sulla quale pesa l’ombra della ripicca politica. Il motivo? Il discorso di accettazione della regista, ritenuto scomodo e troppo schierato politicamente, contro il presidente Macron, reo di aver varato la legge sulle pensioni. Lo stesso Macron che, all’indomani della vittoria di Triet ai Globes, aveva scritto su X: “Fiero di vedere il cinema francese ricompensato”.
Con l’uscita di scena di Anatomia di una caduta dalla categoria del miglior film straniero ecco che l’Academy ha fatto posto a Garrone – che se dovesse vincere riporterebbe l’Oscar in Italia a dieci anni di distanza dalla vittoria di Paolo Sorrentino per La grande bellezza – e snobbato, rispetto ai Globes, Foglie al vento di Aki Kaurismäki.
Greta & Margot, le grandi escluse
Per restare nell’area snobbati, impossibile non notare l’elefante nella stanza: Barbie di Greta Gerwig. Un fenomeno sociale da 1,44 miliardi di dollari incassati a livello globale che, dopo i Golden Globes – dove ha ottenuto solo il premio per la migliore canzone originale per What Was I Made For? di Billie Eilish e Finneas O’Connell e il Golden Globes Cinematic and Box-Office Achievement Honor (categoria aggiunta quest’anno per premiare il miglior incasso al botteghino) – ha visto ignorate le sue creatrice.
Da un lato Greta Gerwig, che non ha ricevuto la nomination come miglior regista (anche qui ottenuta da Justine Triet, unica donna della cinquina), e dall’altro Margot Robbie come miglior attrice (“battuta” dalla co-protagonista America Ferrera), che del film sulla bambola Mattel oltre ad essere il volto è anche produttrice con la sua LuckyChap Entertainment. Otto candidature, tra cui miglior film e miglior sceneggiatura non originale, ma il sentore che l’Academy abbia ignorato – a prescindere dai giudizi personali sul film – due delle donne dell’anno dell’industria cinematografica.
La rimonta di Oppenheimer
E se Barbie solo una manciata di mesi fa sembrava il titolo su cui puntare per l’award season ecco che Oppenheimer di Christopher Nolan ha superato a destra il film di Gerwig ed è stato protagonista di una rimonta clamorosa. Tredici candidature per il film sul padre della bomba atomica interpretato da Cillian Murphy – le stesse ottenute ai BAFTA rispetto alle otto dei Globes – ritenuto il super favorito di quest’edizione. Dopo le sconfitte di Memento, Inception e Dunkirk, che sia questo l’anno decisivo per il regista di stringere tra le mani la statuetta più ambita di Hollywood (dopo aver vinto il suo primo Globes)?
Lo scopriremo la notte del 10 marzo quando sul palco del Dolby Theatre di Los Angeles verranno svelati i vincitori. Nolan deve vedersela con un veterano come Martin Scorsese – diventato grazie a Killers of the Flower Moon il regista con più candidature agli Oscar, spodestando dal primo gradino del podio Steven Spielberg – e un altro dei favoriti di questa stagione (con 11 nomination), il greco Yorgos Lanthimos. Il suo Povere creature! è anche il titolo contro cui vedersela ai BAFTA il prossimo 18 febbraio, anticamera degli Academy e ultima grande cerimonia di premiazione prima di sfilare sul red carpet degli Oscar.
Restando in zona BAFTA impossibile non notare l’esclusione di Lily Gladstone dalla rosa delle migliori attrici protagoniste. Una nomination che l’Academy non ha mancato di assegnarle per la sua prova in Killers of the Flower Moon rendendola la prima interprete nativo americana ad ottenere un tale riconoscimento già ottenuto ai Golden Globes.
Gli Oscar 2024 premieranno Bradley Cooper?
Un altro favorito potrebbe essere Bradley Cooper per Maestro, la sua seconda regia dopo A Star is Born, dedicata alla vita professionale e privata del grande compositore e direttore d’orchestra Leonard Bernstein. Un film che avrebbe dovuto dirigere Spielberg con protagonista proprio l’attore e regista. Poi le cose sono andate diversamente e Cooper, con il benestare del papà di E.T. (anche produttore insieme a Scorsese con cui compete come miglior film), ha preso le redini del progetto che potrebbe portarlo a vincere il suo primo Oscar come miglior attore.
Ma accanto a Oppenheimer, Povere creature!, Maestro o Killers of the Flower Moon, è impossibile non notare alcune sorprese. Se è vero che Past Lives è uno dei titoli dell’appena passata stagione cinematografica (incoronato ai Gotham Awards come miglior film) è anche vero che quello di Celine Song è un esordio – e che esordio – al lungometraggio. E vederlo competere con nomi del calibro di Scorsese per la categoria più importante è un grande segnale che riconferma (sempre che ce ne fosse il bisogno) che gli Studios indipendenti – il film è targato A24 che lo scorso anno ha trionfato con Everything Everywhere All At Once – fanno parte del gioco (e possono vincerlo).
Tra opere prime, Studios indipendenti ed emarginati
Altro debutto alla regia capace di competere con titoli Warner Bros., Universal o Disney è American Fiction di Cord Jefferson con protagonista Jeffrey Wright che, dal suo debutto al Toronto International Film Festival, ha proseguito inesorabile la sua corsa agli Oscar.
E chiudiamo con due underdog assoluti. Da un lato Jonathan Glazer che con un’opera difficile come La zona d’interesse, messa in scena della banalità del male nella Germania nazista, ha ottenuto una doppia candidatura come miglior film e miglior film internazionale (sempre con buona pace della Francia che avrebbe potuto ottenere la stessa doppietta se non si fosse fatta lo sgambetto da sola).
Dall’altro The Holdovers – Lezioni di vita di Alexander Payne che, grazie ad un trittico perfetto di interpretazioni, scrittura e regia, si è fatto strada fino a vincere due Golden Globes e altrettanti Critics’ Choice Awards (in attesa dei BAFTA) oltre ad ottenere un National Board of Review come uno dei migliori dieci film dell’anno grazie alla storia di tre personaggi emarginati e del loro incontro. Un film “piccolo” eppure enorme. Perché ha quello che serve alle storie: il cuore.
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