Jeff Koons è un’icona dello stile neo pop. Considerato l’erede di Andy Warhol e di Salvador Dalì, è spesso associato anche a Marcel Duchamp, di cui reinterpreta la tecnica del ready-made (cioè l’arte di scegliere un oggetto di uso comune e senza usare su di esso alcun intervento di carattere estetico, ne determina il valore con l’atto mentale di percepirlo come opera d’arte): nel caso di Koons ovviamente in chiave kitsch. La sua prima collezione infatti fu Celebration, un omaggio ai ricordi dei tanti meravigliosi compleanni festeggiati durante l’infanzia nel grande seminterrato della fattoria di famiglia a York, in Pennsylvania, ricomprata recentemente dall’artista americano, che vanta un patrimonio personale stimato oltre 500 milioni di dollari.
Nel documentario di Pappi Corsicato Jeff Koons – un ritratto privato, presentato alla Festa del Cinema di Roma, viene fuori un lato del protagonista del tutto inaspettato, tutto casa e lavoro. Una banale vita borghese fatta di ufficio durante la settimana e vita di campagna nei weekend con tutta la numerosa famiglia. Gioca a biliardo con i figli, scorrazza nella farm con una splendida carrozza vintage. “È un vecchio modello con interfono per comunicare all’esterno con il cocchiere, si chiama Rockaway ed è appartenuta all’attore Jack Palance”, racconta Koons nel film.
“L’ho conosciuto a Napoli durante una sua mostra al Museo Archeologico e poi l’ho rivisto in occasione del mio documentario su Julian Schnabel, che gli piacque molto. A quel punto gli ho subito chiesto se gli andasse di farne uno simile, e con mia grande sorpresa accettò”, racconta Corsicato in questa video-intervista per THR Roma.
Il film racconta la storia familiare di Jeff Koons, ma anche la genesi delle sue prime opere, che ricreavano sempre oggetti a lui cari, carichi di significato affettivo, come la riproduzione del trenino elettrico con cui giocava spesso sotto Natale assieme al suo adorato papà, da cui ha appreso il senso estetico delle cose. La sua prima vera mostra era composta da una serie di aspirapolveri in scatole di plexiglass trasparenti. Seguirono poi i palloni da basket immersi nell’acqua in dei box che stavano a raffigurare un feto dentro la placenta. E poi la riproduzione di un set di alcolici da viaggio dei genitori per preparare cocktail in vacanza.
Nel documentario di Pappi Corsicato scopriamo anche che decise di trasferirsi a New York dopo aver ascoltato ad una festa l’album Horses di Patti Smith, grazie al quale venne a conoscenza che nella Grande Mela esisteva una folgorante scena new wave. Nella città che non dorme mai iniziò a fare il broker di materie prime a Wall Street per riuscire a finanziarsi le sue opere.
Grazie alla sua relazione con la pornostar ungherese Ilona Staller nacque la collezione Made in Heaven, dove i due piccioncini innamorati fanno sesso senza veli e inibizioni in paesaggio fatato e bucolico, circondati da fiori, piante e farfalle colorate. Le immagini diventeranno poi sculture policrome e vetro. Opere dalle sfumature pornografiche, che avevano come unico scopo quello di ritrarre loro stessi come dei moderni Adamo ed Eva prima della cacciata dal paradiso. Dalla loro unione nacque anche Ludwig (intervistato nel documentario), l’amato figlio di Koons che Cicciolina riportò con sé in Italia quando la relazione con l’artista americano era ormai terminata. Seguirono anni di battaglie legali estenuanti con accuse reciproche.
Forse questo è il motivo per cui, nonostante sia un ritratto privato, l’unica grande assente nel film è l’ingombrante ex moglie, Ilona Staller, famosa in tutto il mondo per essere stata la prima attrice a luci rosse ad essere eletta in un Parlamento nazionale, quello italiano, nelle file dei Radicali. “So che ancora hanno dei problemi, e ho saputo anche che lei non ama essere coinvolta. A me francamente non interessava il lato gossip della vicenda, tra l’altro di lei nel documentario parla il figlio, e a me è bastato quello”.
La video intervista a Pappi Corsicato
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